Condannati a 30 anni i sequestratori di Gelsomina Verde, vittima innocente della camorra

590
Gelsomina Verde, Luigi De Lucia e Pasquale Rinaldi

NAPOLI – Omicidio di Gelsomina Verde: condannati a trenta anni di carcere i presunti fiancheggiatori dei killer del clan Di Lauro. Ieri è stata emessa la sentenza per Luigi De Lucia e Pasquale Rinaldi, accusati di aver scortato l’auto in cui fu uccisa la ragazza innocente, estranea agli ambienti criminali. La sentenza di primo grado è stata emessa dal gup del tribunale di Napoli Valentina Giovanniello, accogliendo le richieste dei pubblici ministeri Maurizio De Marco e Stefania Di Dona. La ventunenne fu coinvolta nella sanguinosa faida di di Scampia e uccisa il 21 novembre 2004, durante lo scontro tra il clan Di Lauro e gli scissionisti degli Amato-Pagano.

De Lucia e Rinaldi, soprannominato ’o vichingo, erano accusati di aver accompagnato con la loro auto quella di Gelsomina, a bordo della quale sedeva, lato passeggero, un terzo uomo armato. La giovane fu sequestrata, interrogata per ore e infine uccisa dai sicari del clan Di Lauro, perché non rivelò l’identità del boss rivale Gennaro Notturno, detto ’o sarracino, che lei non era in grado di riconoscere. Secondo la ricostruzione della Procura, Gelsomina Verde fu attirata con l’inganno da Ugo De Lucia, cugino di Luigi. Ugo De Lucia la portò in un luogo appartato per interrogarla sul volto di Notturno. Poco dopo, con la complicità di altri, diede alle fiamme l’auto con il corpo della ragazza per cancellare ogni traccia.

Gelsomina Verde frequentava la casa della famiglia Notturno per motivi di lavoro e, secondo i suoi assassini, era l’unica a conoscere il vero volto del boss, scarcerato dopo una lunga detenzione e finito nel mirino dei Di Lauro. In realtà, la giovane non conosceva l’aspetto del boss, ma non fu creduta e venne uccisa. La ricostruzione degli investigatori è stata possibile grazie alle rivelazioni dei collaboratori di giustizia, tra cui Pietro Esposito, Gennaro Puzella, Rosario Guarino, Carlo Capasso e Salvatore Tamburrino. In aula erano presenti il fratello Francesco Verde e la madre Anna Lucarelli, assistiti dall’avvocato Liana Nesta. Si sono costituiti parte civile anche la Fondazione Polis (rappresentata dall’avvocato Gianmario Siani) e il Comune di Napoli. Alla vigilia della prima udienza di questo processo nel giugno scorso, un familiare di De Lucia avrebbe rivolto minacce all’indirizzo della madre della ragazza.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome