ROMA – A poche ore dal Consiglio dei ministri sulla revoca di Armando Siri, il clima tra Lega e 5stelle si fa rovente. Lo scontro è senza esclusioni di colpi e anche quelli bassi sembrano essere ammessi. La linea dei due vicepremier è tracciata, Salvini conferma la presenza dei ministri del Carroccio alla riunione di palazzo Chigi e “se sul caso Siri si va al voto noi votiamo contro e loro se ne prendono la responsabilità”. Una minaccia che dà la dimensione di quello che potrebbe succedere già giovedì. Il leader leghista lo ripete come un disco rotto: “L’ultima delle cose di cui hanno bisogno gli italiani è una crisi di governo. Proseguiamo fino a fine mandato”.
Sono però parole dal retrogusto amaro, come dire che se salta Siri il Carroccio non si piegherà a compressi e questo vale per Tav, Autonomia e immigrazione. Il titolare dell’Interno ormai non ha dubbi: “Mi sembra evidente che con il M5s ci sia una spaccatura e non solo” sul caso del sottosegretario. E’ per questo che lo stesso Salvini domani in Cdm ha promesso battaglia sul sottosegretario. Ma ‘sbatterà’ sul tavolo tutti i dossier a lui più cari: dalle Autonomie alle flat tax. Una mossa che i pentastellati hanno derubricano come “becera propaganda” l’ennesima “farsa”, soprattutto sulla tassa piatta. Visto che il Colle non è stato neanche avvertito e soprattutto “non ci sono le coperture”.
La tensione è evidentemente alle stelle. Con Di Maio che non molla, anzi, lancia l’ultimatum all’alleato di governo “far dimettere Armando Siri prima del Cdm per non arrivare alla conta. Trovo assurdo che ci siano spaccature e spaccarsi su una battaglia che ci dovrebbe vedere uniti alla Lega è un messaggio sbagliato dato al Paese” attacca ricordando che se si deve votare, si vota e si sa bene come finirà. La lotta alla corruzione è un cavallo di battaglia dei grillini. E quello che voglio far passare è che Salvini sarebbe pronto a far saltare il banco su un uomo che si è macchiato di una ‘peccato gravissimo’. Una piaga, una vera e propria emergenza, ha tenuto a sottolineare lo stesso guardasigilli Bonafede. Su cui il governo “continuerà a battersi, mai come nessuno ha fatto in passato”.
Il Movimento 5Stelle in Cdm conta otto ministri e la Lega sei, quindi la così tanto declamata conta è già nota da tempo, da quando si è aperto il caso Siri nel governo. Non è detto però che si arrivi al voto o comunque che quel voto venga verbalizzato. Il premier Conte presenterà la revoca di Siri ed è tenuto a ‘sentire il consiglio dei ministri’, da cui uscirà un parere, non vincolante. A questo punto il decreto passerà sul tavolo del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che come atto formale, lo controfirmerà. Il Colle ha già fatto trapelare che la nomina, così come la revoca di un sottosegretario, è una questione tutta politica, su cui il capo dello Stato non deve esprimersi.
E mentre dal via Bellerio si fa quadrato intorno all’uomo della flat tax e si fa sapere che non ci saranno dimissioni “volontarie o forzate”, nel Movimento si spera ancora in un passo indietro dell’ultimo minuto. Questo risolverebbe il rebus, eviterebbe lo scontro a viso aperto a palazzo Chigi e non metterebbe in pericolo lo stesso Conte. Il premier non ha dubbi: “Il mio è stato un percorso lineare, una decisione che non ho preso a cuor leggero. Vedrete che domani ci sarà un Consiglio dei ministri che si scioglierà molto serenamente”.
Resta il fatto che le conseguenze di un Cdm sciolto con una spaccatura. Con sei ministri pronti ad esprimere il parere contrario alla proposta del presidente del Consiglio, di cui poi si prenderà la responsabilità politica, aprirebbe sicuramente una frattura pronta a riproporsi nell’immediato. Conte si troverebbe senza la collegialità richiesta all’interno del governo. Praticamente, a detta di noti costituzionalisti l’anticamera della crisi.
(LaPresse)