NAPOLI – Siti di stoccaggio, impianti, plastica, fumo, fiamme. La storia della nostra terra è costellata di storie che si somigliano tutte. Non si contano gli incendi e non si contano i danni ambientali così come quelli alla salute dei cittadini. L’ultimo rogo in ordine di tempo è quello divampato a metà ottobre nello stabilimento Sapa nella zona industriale di Airola. La scorsa estate è toccato all’impianto Gm Ecoservice di Pontelatone, piccolo centro in provincia di Caserta. In quell’angolo verde della provincia un evento così inquinante non si era mai visto. Tanti alberi, aziende agricole a conduzione familiare, un turismo che si fonda sulle ricchezze della terra. Il fumo ha coperto e divorato tutto, anche la speranza di vedere quell’area per sempre incontaminata. Del dramma vissuto dalla popolazione si è fatta carico Maria Teresa Sabino, presidente del circolo Legambiente di Castel di Sasso, comune che si affaccia proprio sulla zona industriale di Pontelatone. Si è rivolta al comitato scientifico dell’associazione ambientalista cercando risposte per i cittadini, rimasti spiazzati da quell’evento devastante e senza precedenti. Con Giancarlo Chiavazzo, responsabile scientifico di Legambiente Campania, abbiamo parlato dei danni, ma anche delle possibili soluzioni.
Plastica in fiamme ed aria irrespirabile. A fine luglio è stato divorato dal fuoco l’impianto Gm Ecoservice di Pontelatone. Ma non è un caso isolato, siamo continuamente alle prese con episodi di questo tipo, solo poche giorni fa è toccato ad Airola, nel Sannio. Cosa deve fare la Campania per difendersi da questo fenomeno che assume tratti sconcertanti sul nostro territorio?
Si deve operare soprattutto sulla prevenzione. Gli impianti potenzialmente critici nel caso di incendi sono in larga parte noti, occorre dunque verificare sistematicamente che rispettino le norme antincendio, soprattutto in termini sostanziali, oltre che formali. Significa che devono essere dotati dei presidi antincendio e che gli stessi oltre ad essere funzionanti sono anche funzionali, cioè nel caso di insorgenza di un principio di incendio sono in grado di bloccare in esordio le fiamme. E’ di estrema importanza, infatti, che le azioni di spegnimento si avviino nelle prime fasi di un incendio in quanto, soprattutto laddove presenti materiali particolarmente infiammabili, una volta che l’incendio si è sviluppato oltre a richiedere un imponente schieramento di mezzi e personale diviene impresa ardua lo spegnimento.
Quali sono i danni all’agricoltura? Possiamo mangiare frutta e verdura o occorre fare attenzione?
Innanzitutto occorre evidenziare che la combustione incompleta di materiali, evenienza che si realizza in condizioni non controllate e regolate come nel caso di un incendio, determina la formazione di inquinanti che diffondono nell’atmosfera. Si pensi che anche la semplice combustione della legna può dare origine a sostanze inquinanti. Riguardo ai possibili danni all’agricoltura, fermo restando che si dovrebbe approfondire sulla base delle dinamiche del vento la diffusione e distribuzione al suolo degli inquinanti, occorre evidenziare che le colture ortofrutticole sono in generale “poco capaci” di assorbire gli inquinanti eventualmente depositati, per cui un approfondito lavaggio prima del consumo può essere sufficiente a scongiurarne l’assunzione. Sempre qualora fossero ricaduti e depositati inquinanti al suolo e sulle colture, diverso ad esempio il discorso per i pascoli. In tal caso, fintanto che le piogge non “lavano” le piante, si può determinare l’assunzione e il bioaccumulo negli animali che pascolano e negli eventuali prodotti da loro derivati (carni, latte, ecc). Ciò detto, qualora venga rilevata la presenza significativa di inquinanti è comunque opportuno adottare il divieto di consumo cautelativamente.
E l’acqua che arriva nei rubinetti? Potrebbe essere inquinata?
L’acqua di rubinetto proviene generalmente da reti acquedottistiche che attingono da fonti protette e lontane dai luoghi di utilizzo. Inoltre, è sottoposta a due livelli di controllo, uno da parte del gestore del servizio e l’altro da parte dell’Asl. Comunque, anche qualora la fonte idrica si trovasse in prossimità dell’incendio, sarebbe sicuramente di falda profonda, per cui risulterebbe relativamente protetta dalla contaminazione.
Quando le fiamme sono domate e il fumo scompare ci sentiamo più tranquilli. E’ davvero così? Per quanto tempo potremmo subirne i danni?
Il rischio durante l’incendio è legato soprattutto alla eventualità di inalazione dei fumi e quindi di sostanze nocive. Una volta spento il rischio può essere associato alla deposizione delle sostanze inquinanti ed alla eventuale assunzione soprattutto per via alimentare. In tal caso il dilavamento per le piogge e per talune sostanze la degradazione per l’azione del sole o di organismi tende in breve a ridurre il rischio.
Legambiente si muove da sempre in difesa del nostro pianeta. Quali sono le iniziative in campo su questo tema? L’azione associativa si articola su più fronti, da quello vertenziale con esposti e denunce, che si avvale del supporto degli avvocati del centro di azione giuridica, a quello della mobilitazione e coinvolgimento con la campagna “liberi dai veleni”, flashmob itineranti nel corso dei quali si accendono i riflettori su specifici casi, a quello strategico con la produzione di studi e ricerche volti a stimolare e supportare le pubbliche amministrazioni e informare e sensibilizzare i cittadini.