CASTELVOLTURNO – Mozzarella Dop, ma fino ad un certo punto. Perché a volte chi avrebbe dovuto controllare la qualità del prodotto, sostiene la procura di S. Maria Capua Vetere, lo ha fatto volutamente male e senza improvvisazione. Era tutto organizzato: ispezioni ‘annunciate’ nelle aziende agricole, con buona pace dell’effetto sorpresa, e dati taroccati per far risultare le ‘carte a posto’. E così i protocolli che allevatori e caseari avrebbero dovuto seguire per fregiarsi del marchio ‘Denominazione di origine protetta’ andava a farsi benedire.
A muovere le fila di questo meccanismo, secondo gli inquirenti, è stata una cricca di 8 persone. Per i magistrati si tratta di una vera e propria associazione a delinquere, attiva dal marzo 2012, finalizzata a commettere abusi di ufficio, falsi, rivelazioni di segreti d’ufficio e truffe. Al centro del presunto sistema, spiegano i pm, c’è la Csqa, l’ente che rilascia certificati di qualità relativi ai prodotti alimentari proprio come la mozzarella di bufala campana. E le azioni del presunto gruppo criminale sarebbero state tese a manipolare il rilascio di quegli attestati. Darli anche quando non c’erano le premesse per farlo. Promotori e organizzatori dell’associazione, sostiene l’accusa, sono Michele Zema, dirigente della sede di Bari del Csqa, e Marisa Laura La Torre, funzionario del ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali, con ruolo di direttore generale del dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressioni frodi dei prodotti agroalimentari. Sarebbero ‘semplici’ partecipi all’associazione, invece, Patrizia Montone, dipendente del dicastero delle Politiche agricole, Pasquale Pignalosa, Giancarlo Pierri, Gianluca Iovine, Francesco Di Lorenzo e Matteo Potenza, tutti tecnici valutatori del Csqa.
In alcune occasioni, quando venivano eseguiti i controlli nelle aziende a marchio Dop, veniva attestato, ha ricostruito la procura, che la verifiche ispettiva aveva avuto la durata di otto ore (lasso di tempo ritenuto necessario dal Csqa per seguire interamente la procedura), mentre in realtà avveniva con una durata inferiore.
Tra i criteri da rispettare per avere il marchio c’è l’obbligo dell’uso da parte delle strutture casearie di usare latte appartenente alla filiera Dop: ma quando non avveniva, quando per fare la mozzarella veniva adoperato ‘l’oro bianco’ di caseifici esterni alla filiera, i controllori non lo segnalavano.
Ma l’ipotizzata pratica ‘illecita’ più diffusa accertata dagli investigatori era la ‘soffiata’: ai titolari delle ditte veniva detto quando avrebbero ricevuto la visita dei valutatori del Csqa. Gli imprenditori agricoli sapevano che ‘il giorno x’ arrivavano gli ispettori per eseguire il prelievo del latte così da farsi trovare pronti all’esame (e far filare tutto liscio). Le aziende agricole che avrebbero beneficiato di queste ‘spiate’ si trovano a Cancello Arnone, Villa Literno, Apricena, Manfredonia, Falciano del Massico, Carinola, Capua, Vitulazio, Agropoli, Altavilla Silentana, Capaccio, Casal di Principe, Castelvolturno, San Cipriano d’Aversa, Grazzanise, Santa Maria la Fossa, Alife, Baia e Latina, Galluccio, Pietravairano, Pratella, Sant’Angelo d’Alife, Latina, Pontinia, Sabaudia, Fondi, Terracina, Roccadaspide, Eboli, Santi Cosma e Damiano, Serre, Giffoni Valle Piana, Caiazzo e Alvignano.
L’ELENCO DEGLI IMPUTATI
L’indagine, complessivamente, ha coinvolto 27 imputati, tutti rinviati a giudizio dinanzi al tribunale sammaritano. Sono accusati a vario titolo di falsità commesse da pubblici impiegati, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, rivelazione di segreti d’ufficio e falsità ideologica in certificati commessa da persone esercenti un servizio di pubblica necessità.
Parte dell’attività investigativa ha riguardato anche l’utilizzo da parte di allevatori del vaccino antibrucellosi Rb51, proveniente da nazioni extra Ue: tali condotte hanno indotto i pm a contestare a vario titolo ad alcuni degli imputati i reati di ricettazione del farmaco, adulterazione o contraffazione di sostanze alimentari, commercio di sostanze alimentari nocive e diffusione di una malattia delle piante o degli animali, contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari, frode nell’esercizio di commercio e vendita di sostanze non genuine.
A valutare le posizioni dei 27 sarà la il collegio A della prima sezione penale presieduto dal giudice Giovanni Caparco. A spedirli a processo su richiesta della procura sammaritana, diretta dalla dottoressa Maria Antonietta Troncone, invece, è stata il gup Ivana Salvatore.
Truffa da 72mila euro all’Agea
Sono tre gli imputati che ad ottobre, trascinati a processo dall’inchiesta sulla mozzarella Dop, dovranno rispondere anche di truffa: si tratta di Michele Zama, Massimiliano Oro e Matteo Potenza. “Con artifici e raggiri”, ha messo nero su bianco la procura di Santa Maria Capua Vetere, nel rapporto di verifica del 27 marzo del 2013 presso un’azienda di Molfetta, hanno attestato falsamente che possedeva il certificato ‘Uni En Iso 9001.2008 (una norma che attesta la qualità dell’organizzazione dell’azienda e dei prodotti). Sostenere la presenza di quella valutazione, quando invece non c’era, ha affermato l’accusa, ha indotto in errore l’Agencontrol spa (che effettua controlli sui contribuiti erogati) e l’Agea “circa la sussistenza dei requisiti per accedere al finanziamento di 178mila 481 euro”. Grazie al presunto ‘falso’ commesso da Zama, Oro e Potenza, l’azienda agricola pugliese sarebbe riuscita ad intascare un contributo (la prima tranche) di circa 72mila dall’Agea, denaro che invece non le sarebbe spettato.
L’inchiesta non ha riguardato soltanto i controlli sulla mozzarella Dop, ma anche l’uso del vaccino antibrucella Rb51. In relazione al farmaco sono finiti sotto processo Rosa Carano, Alessandro Marrandino, Gaetano Marrandino, Andrea Russo, Rosita Bonifazi, Massimo Marotta, Arturo Noviello, Francesco Cioffi, Armando Roberto Capezzuto e Giovanni Capezzuto. Dallo stesso filone di inchiesta negli anni scorsi aveva già preso il via un processo conclusosi (in primo grado) nel 2018 dinanzi al tribunale di Santa Maria Capua Vetere. Nel collegio difensivo gli avvocati Luca Deantoni, Sergio Genovesi, Vincenzo Tondini, Andrea Ruggiero, Gaetano Alaia, Giuseppe Petrosino, Carlo Guidotti, Giampaolo Galloro, Giuseppe Stellato, Sergio Naturale, Domenico Russo, Paolo Stravino, Francesco Aversano, Ferdinando Letizia, Francesco Mennillo, Mario d’Alessandro, Filomena Girardi, Raffaele Mascia, Mauro Iodice e Michele Alfano. L’udienza preliminare che ha spedito i 27 a processo si è celebrata lo scorso 30 maggio.
Il presidente: dal 2013 sostituita la società sotto inchiesta che certificava i prodotti
Fiducia nella magistratura, ma entrare nel merito delle accuse ora, prima di una sentenza, con un processo ancora da avviare, è prematuro: su questi schemi si muove Domenico Raimondo, presidente del Consorzio di tutela ‘Mozzarella di Bufala Campana Dop’. La procura di S. Maria Capua Vetere ha trascinato in tribunale 27 persone, tra funzionari del ministero delle Politiche agricoli, dipendenti del Csqa, l’ente che certifica la qualità dei prodotti alimentari, allevatori e imprenditori del settore caseario. Al centro di quel lavoro gli ipotizzati controlli farsa proprio del Csqa sulle procedure che diverse aziende avrebbero dovuto rispettare per ottenere il marchio Dop. Il Consorzio è estraneo all’inchiesta. I pm, infatti, hanno acceso i riflettori sul Csqa: “Già nell’ormai lontano 2013 – ha dichiarato a Cronache Raimondo – abbiamo interrotto ogni rapporto con quell’Ente, perché non si sentiva più garantito nelle attività di controllo”. Il suo posto è stato preso dal Dqa (Dipartimento qualità agroalimentare di Roma), che è nell’elenco degli enti accreditati dal ministero delle Politiche agricole. E il cambio metterebbe al sicuro la genuinità del prodotto e del marchio.
“Ringraziamo la procura di S. Maria C. V. per il lavoro che svolge a favore del nostro comparto, un settore chiave dell’economia del territorio, che produce ricchezza ed è un simbolo della Campania nel mondo. Un settore – ha concluso Raimondo – che va tutelato da ogni tentativo di inquinamento, contro cui il Consorzio sarà sempre in prima fila”. Il processo a carico dei 27 imputati prenderà il via ad ottobre: otto rispondono di associazione a delinquere. La cricca, questa la tesi degli inquirenti, avrebbe messo in piedi un sistema teso a manipolare le certificazioni Dop. Parte dell’inchiesta riguarda anche l’uso non autorizzato dal vaccino anti-brucellosi.