GLASGOW – L’accordo sul clima alla Cop26 è stato raggiunto, ma il testo adottato dai 197 Paesi è stato annacquato all’ultimo minuto a proposito del carbone, a seguito di una richiesta da parte di India e Cina, modificando l’invito a un graduale abbandono dei combustibili fossili con quello a una graduale riduzione. Il presidente della Cop26, Alok Sharma, dopo l’approvazione del ‘Patto sul clima di Glasgow’ (questo il nome dell’intesa) si è scusato dicendosi “profondamente dispiaciuto”. L’intesa fa però anche pressioni per tagli più consistenti alle emissioni e promette più soldi per i Paesi in via di sviluppo, per aiutarli a gestire l’impatto del cambiamento climatico.
“È un passo importante, ma non basta. È ora di entrare in modalità di emergenza”, è stato il commento del segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres. Mentre fra i negoziatori ricorre la parola “progresso”, ma viene raramente usata la parola “successo”. Nonostante l’annacquamento del testo, tuttavia, alcuni considerano una vittoria il fatto che è comunque la prima volta che il carbone venga esplicitamente citato in un documento Onu di questo tipo. “Nonostante la disputa dell’ultimo minuto” sul carbone “sarà vista come un indebolimento dell’accordo, il patto di Glasgow resta un tentativo ambizioso di frenare l’aumento delle temperature”, sottolinea un’analisi della Bbc, ponendo l’accento sul fatto che “il testo finale è progressivo, spingendo i Paesi a riunirsi di nuovo l’anno prossimo con piani più consistenti” e che “c’è anche un significativo raddoppio dei soldi per aiutare i Paesi poveri a gestire l’impatto del cambiamento climatico”.
Delusione per il carbone da parte dei Paesi europei e degli Stati insulari, come pure dell’Australia. Svizzera e Messico hanno definito le modifiche contro le regole, perché arrivate molto tardi, ma hanno sottolineato di non avere avuto altra scelta se non quella di accettare. “Capisco la profonda delusione, ma è vitale che proteggiamo questo pacchetto”, ha detto quasi singhiozzando Sharma, che aprendo la plenaria aveva dichiarato che era arrivato “il momento della verità per il pianeta”. “È la nostra opportunità di scrivere la storia”, aveva detto successivamente la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen.
Il documento, secondo i negoziatori, intende raggiungere, seppur a fatica, l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi entro fine secolo rispetto ai livelli pre-industriali e afferma che per evitare l’impatto peggiore bisognerà tagliare le emissioni, raggiungendo anche l’obiettivo di ‘net zero’ entro il 2050. Ma la Svizzera afferma che con l’annacquamento relativo al carbone questo obiettivo sarà più difficilmente raggiungibile. L’accordo prevede poi che i Paesi debbano ritrovarsi e presentare promesse di taglio di emissioni più forti entro il 2022.
Prima del summit di Glasgow, l’Onu aveva fissato tre criteri per stabilirne il successo: promesse di dimezzamento delle emissioni di CO2 entro il 2030, aiuti finanziari per 100 miliardi di dollari dai Paesi ricchi a quelli poveri e garantire che metà di quei soldi potessero aiutare i Paesi in via di sviluppo ad affrontare gli effetti peggiori del cambiamento del clima. Diversi Paesi in via di sviluppo sono insoddisfatti sulla mancanza di progressi su quello che viene definito “loss and damage”, cioè il fatto che i Paesi più ricchi debbano risarcire quelli più poveri per gli effetti del climate change che affrontano già.
“Adesso che la Cop26 sta arrivando alla fine, state attenti allo tsunami di greenwashing e volteggi dei media per definire il risultato ‘buono’, un ‘progresso’, ‘pieno di fiducia’ o ‘un passo nella giusta direzione’”, aveva avvertito sui social Greta Thunberg poco prima del termine del summit. Poi, ad accordo raggiunto, ha twittato: “La Cop26 è finita. Ecco un breve riassunto: Bla, bla, bla. Ma il vero lavoro continua fuori da queste sale. E non ci arrenderemo mai, mai”. I colloqui del prossimo anno sono in programma a Sharm el-Sheik, in Egitto, mentre Dubai ospiterà il summit nel 2023.
(LaPresse)