Cosa sta succedendo in Tunisia e perché non è un paese sicuro

Il presidente Saied cerca di raggiungere accordi con l'Ue sul problema migrazioni, l'Italia è favorevole. Intanto le proteste infiammano le piazze

Tunisian President Kais Saied (photo credit: tunisienumerique.com)
Tunisian President Kais Saied (photo credit: tunisienumerique.com)

Kaïs Saïed è presidente della Repubblica dal 2019. Inizialmente ha ottenuto molto consenso, voleva combattere il terrorismo e supportare le conquiste delle donne tunisine. Nel 2021 però crebbero le proteste cittadine in tutto il paese, che manifestavano contro il governo: non sopportavano più le difficoltà socio-economiche che si erano intensificate con l’emergenza Covid. Ci furono scontri accesi con le forze dell’ordine e vennero arrestati molti giovani, anche minorenni. La tensione non c’era solo nelle strade ma anche in parlamento, che si trovava frammentato. Il governo perdeva consensi e fiducia da parte dei deputati.

Il colpo di stato

Il 25 luglio 2021 Saied ha revocato i membri del governo e ha sciolto il parlamento. Insomma, ha ottenuto pieni poteri costituzionali. Questo gesto è stato interpretato dagli oppositori come un colpo di stato. Continuarono le proteste, che accusavano il presidente di portare avanti una restaurazione autoritaria. La paura scaturiva anche dal ricordo dei regimi che c’erano stati in passato. Il 15 ottobre migliaia di persone riempirono il centro di Tunisi intonando le canzoni della rivoluzione del 2011, quando il popolo cacciò l’ultimo dittatore Ben Ali. Il 25 luglio 2022 si è tenuto un referendum per abrogare una nuova costituzione che avrebbe legittimato l’estensione dei poteri presidenziali. Ci fu un’astensione del 72,6% ma venne comunque approvata ed entrò in vigore il 16 agosto 2022. La costituzione democratica del 2014, quella “del popolo”, venne sostituita da una che definisce il paese una “umma islamica”. Secondo Heba Morayef, direttrice per il Medio Oriente e l’Africa del Nord di Amnesty International, la nuova costituzione basata sull’Islam compromette i diritti umani e mette in pericolo i progressi fatti nel 2011: “Il nuovo testo costituzionale smantella molte garanzie sull’indipendenza del potere giudiziario, cessa di tutelare i civili dai processi in corte marziale e garantisce alle autorità il potere di limitare l’esercizio dei diritti umani o di rinnegare gli obblighi internazionali in nome della religione”. Aumentò la repressione di organizzazioni sindacali e giornalisti, tra cui la femminista e attivista Arroi Baraket, che il 18 gennaio 2023 è stata dichiarata colpevole di violenza estrema contro un pubblico ufficiale. Le condizioni economiche del paese peggiorarono e continuarono le manifestazioni, accompagnate da esplosioni e fuochi nelle strade. Nel mese di aprile un calciatore tunisino, Nizar Issaoui, si diede fuoco davanti a un distretto di polizia come segno di protesta. Il video del suicidio fece il giro del web e i suoi funerali si trasformarono in uno scontro tra manifestanti e polizia.

Saied e la migrazione

La rabbia e la fame si accompagnavano a un altro problema: quello della migrazione. La Tunisia veniva inizialmente utilizzata come zona di passaggio, ma poi il paese ha visto aumentare progressivamente il numero di subsahariani a causa dei conflitti in Libia: sono circa 21.000 tra migranti, richiedenti asilo e rifugiati. Nel mese di febbraio Saied affermò che gli africani subsahariani minacciano l’identità del paese. Questo ha scatenato un’ondata xenofoba che ha reso la vita quasi impossibile alla maggior parte dei migranti. Alcuni sono tornati nei loro paesi volontariamente, altri sono fuggiti verso l’Europa. Gli esperti dicono che quanto sta accadendo in Tunisia sta incidendo sul numero di tragedie nel Mar Mediterraneo. Anche alcuni tunisini sono fuggiti in Europa a causa dell’instabilità politica, la disoccupazione, l’inflazione altissima, i prezzi troppo alti. Dal primo gennaio 2023 al 13 giugno sono sbarcate sulle coste italiane 55.160 persone, più del doppio del 2022. Più della metà partono dalle coste tunisine, ma sono quasi tutti subsahariani.

Accordi con l’Europa

Il 6 giugno Giorgia Meloni si è recata a Tunisi, invitata da Saied, per discutere sulle relazioni tra Italia e Tunisia e sull’idea di organizzare una conferenza tra i paesi interessati dalle migrazioni. L’8 giugno il Consiglio di Affari Interni, dopo 12 ore, ha raggiunto un accordo per riformare il diritto d’asilo e l’accoglienza dei migranti. La discussione si era fatta particolarmente accesa in merito alla definizione dei paesi sicuri dove inviare i migranti che non possono ricevere asilo: l’Italia, riguardo la possibilità di rimpatriare i migranti irregolari in paesi di transito sicuri, ha votato a favore. L’11 giugno Saied, il presidente della commissione europea Ursula von der Leyen, Giorgia Meloni e il primo ministro olandese Mark Rutte si sono incontrati promettendo ulteriori aiuti economici per rafforzare il controllo dei confini tunisini e ridurre i flussi migratori in Europa. Secondo alcuni, questo potrebbe rendere il traffico clandestino di esseri umani ancor più pericoloso. Le associazioni tunisine parlano di “accordo di cooperazione Tunisia-Ue, in cambio di un massiccio rimpatrio di migranti irregolari tunisini e subsahariani in Tunisia”. Secondo loro le relazioni diplomatiche sono mirate solo a stabilizzare una nuova frontiera esternalizzata e temono che l’Ue voglia spingere l’insediamento dei migranti verso la Tunisia. L’Eurodeputato per l’Alleanza progressista dei Socialisti e Democratici Pietro Bartolo ha riferito a Il fatto quotidiano che “il voto dell’Italia è un voto favorevole alla possibilità di trovare paesi detti sicuri, ma che sicuri non sono, dove portare persone considerate senza diritti” e che l’espulsione di persone verso paesi terzi “è qualcosa che somiglia alle deportazioni“. Il Memorandum, risultato dell’accordo per controllare le frontiere, già non ha funzionato in precedenza. Meloni e Der Leyen parlano di vantaggi reciproci in merito all’accordo con la Tunisia, ma intanto il paese è in preda al caos.

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