Covid, la scopritrice del primo caso Omicron in Italia: “Il test era anomalo”

L'intervento di Valeria Micheli, dirigente del laboratorio di Microbiologia dell’ospedale Sacco di Milano

Foto Cecilia Fabiano/ LaPresse

MILANO – “Ero di turno: la macchina ci segnala un test anomalo tra le migliaia che processiamo”: ricorda così, in un’intervista al Corriere della Sera, la scoperta del primo caso di variante Omicron in Italia Valeria Micheli, dirigente del laboratorio di Microbiologia dell’ospedale Sacco di Milano. Qui fu scoperto il paziente 1 e anche il primo caso di variante Delta. “Stiamo facendo – spiega – un lavoro sempre più trasversale. Dalla scoperta del caso di Mattia Maestri è cambiato tutto. Quella volta si analizzava un tampone con le fondate possibilità che ce ne fossero altri intorno. Ora il grande numero di test e la possibilità di analizzarli tutti ci consente di alzare muri intorno al virus”.

“Lavoriamo h24. All’inizio della pandemia – racconta Micheli – il personale non era congruo alla sfida. Oggi la forza non è solo nella qualità della nostra attività ma nel network di sorveglianza con gli altri ospedali. Per questo il nostro sforzo non è frustrante. Siamo consapevoli di essere uno schermo sui movimenti del virus. Per il sequenziamento vero e proprio ci vogliono tre giorni. Ci sono dei tempi tecnici che non si possono bruciare. Nei momenti in cui i casi scendono possiamo affinare la ricerca. Come quest’estate, quando è stato utile per analizzare la tenuta dei vaccini”.

Sulla nuova variante, Micheli sottolinea: “La storia di questo virus ci insegna che lui corre veloce e noi rincorriamo. Ma come nel caso dei farmaci e delle metodologie di cura si sono fatti grossi passi avanti, anche dal nostro punto di vista abbiamo affinato gli strumenti”. Oggi in Italia “gira ancora e quasi esclusivamente la variante Delta. Più un sottobosco di tante simili comunque riconducibili a quella”. Sulla Omicron “trovo controproducente il panico di questi giorni. Ho sentito anche informazioni confuse. Lo stesso caso veniva conteggiato più volte. La realtà è che la scienza ha i suoi tempi. La coltura in vitro ci darà risposte più complete fra un paio di settimane. Se da un lato l’evidenza di tante mutazioni rende necessario attenzionarla è vero anche che la risposta del paziente di Caserta e dei suoi familiari vaccinati ha dato una sintomatologia lieve. Aveva ricevuto la seconda dose a giugno, quindi aveva anche gli anticorpi in calo. Avrebbe voluto fare la terza dose in questi giorni”.

Ora, conclude, “continueremo a mappare tutti i casi. Ma è confortante la risposta collettiva a livello internazionale. L’errore con la Delta fu avere strategie diverse. Ora è importante monitorare i rientri. Come in passato si è fatto da Inghilterra o Brasile. Ma i laboratori si sono messi in rete. E bucare la sorveglianza è più difficile”.

(LaPresse)

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