Stefania Craxi: “Torni la politica seria. Qui non servono i novelli Masaniello”

Foto Roberto Monaldo / LaPresse

NAPOLI – La continua evoluzione del quadro politico nazionale, in cui i confini del centrodestra e del centrosinistra si intrecciano e confondono nella propaganda dei leader di partito sui grandi temi, continua a creare confusione e perfino antipatia nei cittadini. Che da decenni aspettano un miglioramento delle proprie condizioni di vita invano, invece che chiacchiere continue. La rivoluzione in salsa grillina si è ben presto rivelata un bluff, il Partito Democratico è diventato un ‘personaggio in cerca d’autore’, la Lega è il primo partito del centrodestra con Fratelli d’Italia in crescita e Forza Italia in fase calante. Tutto intorno, partitini satellite che aspirano ad essere l’ago della bilancia. In un quadro così confusionario quello che manca è l’ideologia. Almeno, così la pensa la senatrice Stefania Craxi, figlia di quel Bettino che è stato protagonista assoluto della Prima Repubblica.

Il suo nome è inevitabilmente legato a quello di suo padre e a un simbolo, il garofano rosso. Ha ancora un senso essere socialisti oggi?

Nella sua lunga e importante storia il socialismo è stato tante cose diverse. Il socialismo liberale e riformista di Craxi, una cultura e non una ideologia, è un pensiero che ha superato il confronto con la storia. Molte intuizioni di mio padre rappresentano ancora oggi un’agenda per il buon governo del Paese, una bussola anche per i problemi internazionali come l’immigrazione, il terrorismo fino alla realizzazione dell’incompiuta Europa. I fatti dimostrano che si può parlare di un’attualità del pensiero craxiano.

Per la politica nazionale questa è una fase di riorganizzazione. L’alleanza tra M5S e Pd scricchiola, il centrodestra a trazione leghista ha vinto anche nelle Regioni del Sud eppure i cittadini sembrano aver bisogno di nuovi rappresentanti. Tant’è che movimenti come quello delle ‘Sardine’ riescono ad entusiasmare più dei partiti classici. Perché?

Al di là delle singole criticità dobbiamo guardare il quadro d’insieme. Siamo dinanzi ad una crisi lunga e profonda del sistema, che si protrae da un quarto di secolo. Si gioca come apprendisti stregoni con i meccanismi elettorali, li modifichiamo di volta in volta, pur senza raggiungere risultati di sorta e non ne traiamo le conseguenze. La verità è che la soluzione sta altrove. Il passo decisivo è la “grande riforma”. Una riforma in senso semipresidenziale, una intuizione che Craxi ebbe quarant’anni fa. Poi c’è un altro elemento.

Quale?

C’è una differenza abissale tra la politica di oggi e quella del passato. La riflessione è confinata nella lunghezza di un tweet. E poi la politica non è più il campo di confronto tra i migliori e da tempo è un ‘non potere’ soggiogato dal prevalere dell’economia e dalla finanza. La politica è innanzitutto scelta. Invece qui si teorizza che ci sono solo strade obbligate che non si possono mettere in discussione. Così nasce il conflitto popolo-élite.

Eletta con Forza Italia, lei orbita nel centrodestra e ha un rapporto di non belligeranza con la Lega. Crede che possano esserci punti di contatto tra il sovranismo di Salvini e quello di Craxi?

Con la Lega ho un rapporto di rispetto reciproco. Per il resto, bisogna essere prudenti quando si raffrontano personalità e contesti storici diversi. Diciamo che Craxi ha sempre difeso l’interesse nazionale. La sua forza è stata abbinare questa politica a una visione internazionale di largo respiro, rendendo l’Italia protagonista. Oggi, cosa che Bettino intuì già ad inizio anni ‘90, c’è un tema di democraticità delle Istituzioni sovranazionali. Da qui deriva il problema che le agende nazionali, sempre più spesso, sono in conflitto con quelle internazionali. Eludere questo tema non risolverà il problema ma lo acuirà.

Tra gli argomenti di dibattito in questo momento in parlamento c’è la riforma della giustizia. In particolare, sulla prescrizione si stanno consumando non pochi screzi… Qual è la sua posizione su un tema così importante?

La posizione è sempre la stessa. Non servono riforme “un tanto al chilo” che saranno ancor più dannose che utili. Serve una complessiva riforma della giustizia, che, proprio perché radicale, deve realizzarsi anche all’interno di un disegno di riforma costituzionale.

In Campania il centrodestra si appresta a ratificare la candidatura di Stefano Caldoro a governatore, già ufficializzata da Forza Italia. Quale sarà il ruolo e l’impegno dell’area riformista socialista?

Finalmente una candidatura che ci riporta alla politica della responsabilità, della competenza, della correttezza e dell’amore per la gente. Mi auguro che, passata la sbornia del “nuovismo” senza novità e senza qualità, della ricerca di novelli Masaniello, ritorni una politica che è fatta di serietà e visione, qualità di cui Stefano è fornito. Lo conosco da molto tempo e rappresenta una risorsa. Sa amministrare, ha una visione e ha in mente un ruolo della Campania e del Mezzogiorno. Il centrodestra, come da input di Berlusconi, farebbe bene a non perdere tempo e a investire su di lui.

So che a breve sarà in Campania proprio per il ventennale della morte di suo padre. Quante e quali iniziative per ricordarlo?

La Fondazione Craxi, che promuove e organizza, ha dato vita al Comitato d’onore “Craxi 2020” composto da imprenditori, artisti, politici, giornalisti e metterà in campo oltre cinquanta iniziative di vario genere nel corso dell’anno, alcune delle quali interesseranno Napoli e la Campania. Ma il tutto, ovviamente, inizia con gli eventi di Hammamet il 17-19 gennaio dove sarà anche presentato in anteprima un docufilm.

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