Crisi Afghanistan: gli stati membri non si fidano dell’Ue e chiudono le frontiere, asse Vienna Budapest

In Europa si teme una nuova emergenza simile a quella verificatasi nel 2015: migliaia le famiglie che fanno pressione alle frontiere chiuse del Pakistan e dell'Iran

ROMA – Gli stati membri non si fidano dell’Ue e chiudono le frontiere per far fronte a una nuova emergenza migratoria simile a quella verificatasi nel 2015. Paesi come Grecia, Austria, Slovenia, Croazia e  Ungheria chiudono alla migrazione di massa dall’Afganistan e così l’asse venutasi a creare tra Vienna e Budapest spacca l’Ue. 

Il fallimento

E così le pressioni di Bruxelles per aprire all’accoglienza appaiono tutt’altro che ascoltate. Ancora fresco l’evidente fallimento della riforma del trattato di Dublino e della solidarietà nella distribuzione dei migranti. La Grecia intanto confida sul muro di 40 chilometri creato ai confini con la Turchia: “il confine rimarrà sicuro e impenetrabile”, la risposta a Bruxelles, e ha poi aggiunto: “Nel caso in cui si aprisse un nuovo corridoio le reti di trafficanti cercheranno di portare altre nazionalità nel nostro paese. Dal 2015 a oggi sono passati da qui 60 mila afghani, 40 mila dei quali vivono in Grecia”.

Paesi off limits

Intanto Recep Tayyip Erdogan presidente turco ha sottolineato che il suo Paese “non sarà il deposito dell’Europa”. Nel suo colloquio con il presidente del consiglio europeo Charles Michel. Erdogan  ha ribadito che “vanno sostenuti gli Stati limitrofi all’Afghanistan”. Per l’Austria il discorso non cambia: il cancelliere Sebastian Kurz ha detto che “il Paese non ospiterà altri afghani oltre ai 44mila già accolti. Non dobbiamo ripetere gli errori del 2015. La gente che esce dal Paese deve essere aiutata dagli Stati vicini. L’Ue deve proteggere le frontiere esterne. Abbiamo ancora grossi problemi con l’integrazione e siamo quindi contrari all’aggiunta di altri profughi”. Sulla stessa lunghezza d’onda il presidente dell’Ungheria Viktor Orban: “Ci proteggeremo dalla crisi dei migranti. Non spetta a noi pagare per tutti quelli che fuggono nel mondo», ha aggiunto il premier Janez Jansa.

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