Daverio: “Chiedere le motivazioni per l’impiego a termine è un errore”

"Il Dl dignità è la via sbagliata per la lotta al precariato", dichiara l'avvocato

Foto LaPresse - Vince Paolo Gerace
Di Laura Carcano

MILANO (LaPresse)“Chiedere alle aziende di tornare a fornire le motivazioni per l’impiego di lavoratori a termine a cui si vuole rinnovare il contratto crea complicazioni e disagi a livello organizzativo”. E’ l’avvocato giuslavorista Fabrizio Daverio a commentare il decreto dignità del ministro del Lavoro Di Maio. Toni critici i suoi, ma non catastrofisti.

Cosa pensa di questo primo provvedimento del governo Lega-M5S in tema di lavoro?

“Come esordio questo esecutivo colpisce il contratto a termine. Lo fa sotto la bandiera della lotta al precariato, che di per sé è condivisibile. Ma lascia perplessi il fatto che si colpisca il lavoro a termine. Il decreto dignità di fatto reintroduce la ‘causale’ usata in passato ed eliminata dalla riforma Renzi/Poletti del 2014. E’ un grave errore, perché il lavoro a termine non è precario, è l’anticamera della stabile occupazione. L’obiettivo di ridurre il precariato è di per sé lodevole, ma la strada scelta è sbagliata. L’esperienza storica ha dimostrato che le causali sono un grande ostacolo per le aziende e una fonte di contenziosi e di grovigli inestricabili, oltre a essere un’opzione obsoleta”.

Avvocato, lei cosa teme da questo intervento sul Jobs act? E’ una contro riforma, quella di Di Maio?

“Controriforma è un termine troppo forte. E’ in realtà un lieve arretramento. La normativa finora vigente dava ampia libertà sul lavoro a termine in un arco di 36 mesi. La riforma di Di Maio non toglie la libertà di lavoro a termine e non intacca questo strumento, ma la circoscrive al primo anno, con una riduzione consistente. Il nuovo governo auspica che con la riduzione dei tempi ci sia un passaggio accelerato al rapporto di lavoro a tempo indeterminato e stabile. Ma questo è difficile da prevedere, perché saranno scelte delle aziende”.

Che effetti prevedete?

“Lo strumento del contratto a termine resta ancora, con questa riforma, e quindi ci si augura che i contraccolpi sull’occupazione siano minimi”.

I governi Renzi e Gentiloni hanno commesso errori nella attuazione del Jobs act?

“Può darsi, ma la gente in Italia vuole lo sviluppo. E i tecnicismi delle norme – ripeto – producono effetti secondari sullo sviluppo”.

Secondo lei per ridurre il precariato che strada va scelta?

“Gli spazi legislativi sono molto ridotti. L’unica ricetta per la stabilizzazione dei rapporti di lavoro è lo sviluppo economico e la diminuzione dei carichi fiscali e contributivi. Questo vale per qualsiasi governo, di qualsiasi colore. Sono le aziende in crescita che assumono”.

Le aziende sue clienti l’hanno chiamata in queste ore? Sono preoccupate?

“No. Nel Paese l’attesa per un governo inedito per più versi è diffusa. La prudenza, poi, impone di vedere il provvedimento legislativo nella sua interezza, il decreto dovrà essere convertito in Parlamento. Non è il caso di drammatizzare. Non è un cambiamento epocale”.

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