De Luca jr vuole una poltrona, i democrat pronti a dire di no

Piero De Luca e il padre Vincenzo in pressing sui democrat per la presidenza di una commissione alla Camera: nel Pd, però, il clima è incandescente

CASERTA (Diego Semola) – Il figlio del governatore è alla ricerca di un posto. Fallito il tentativo di entrare nel governo, sia quello presieduto da Giuseppe Conte sia quello di Mario Draghi, Piero De Luca non si dà per vinto. Anzi. Il deputato del Pd ha messo nel mirino la presidenza della commissioni parlamentare di cui fa parte dal 2018, quella agli Affari Europei, di cui è già capogruppo per il suo partito. Punta ora alla promozione. Dal 2018 ad oggi la commissione è stata presieduta da Sergio Battelli, deputato del M5S di Roma tra i più accaniti sostenitori di Conte e della necessità del patto giallorosso.

In ogni caso, con la nuova maggioranza di governo e i tanti cambi di casacca di queste settimane, non è esclusa una revisione un po’ di tutte le presidenze. A quanto pare, anche questa volta, De Luca jr dovrà rinunciare alle sue pretese. Altre logiche governano la politica romana, e big importanti come Dario Franceschini non vogliono incrinare i rapporti con i grillini con ‘dispetti’ di questo genere.

Soprattutto se ci sarà bisogno di rinnovare, in ottobre, la presidenza della Camera, che potrebbe essere lasciata da Roberto Fico in caso di candidatura a sindaco di Napoli. Ma è l’azione del nuovo segretario Enrico Letta ad aver fermato sul nascere tutte le pretese di parlamentari e senatori. Ieri il leader democrat ha di fatto ‘dimesso’ i capigruppo Andrea Marcucci e Graziano Delrio, lanciando due donne (al Senato è in pole Roberta Pinotti, già ministro della Difesa e fedelissima proprio di Franceschini). L’estromissione di Marcucci, turborenziano restato nel partito e stratega del passaggio di due senatori di Italia Viva nelle fila del Pd proprio ieri, è un avvertimento lanciato da Letta a tutto il partito democratico d’Italia: niente sabotaggi, decido io. Che il rapporto tra il governatore e il nuovo segretario non sia dei migliori è noto a tutti.

Bisognerà capire, adesso, se lo Sceriffo sceglierà la strada del confronto e del dialogo o proseguire nella ormai eterna battaglia contro il Nazareno, aperta durante l’era di Nicola Zingaretti e finora mai terminata. Tornando al primogenito del Presidente della Regione, su di lui pesa dunque il doppio veto di Pd e M5S. Fonti romane, poi, riferiscono che potrebbe addirittura perdere la carica di capogruppo in commissione Affari Costituzionali.

Il cambio ai vertici di tutto il gruppo in aula, secondo la grammatica politica parlamentare, impone una revisione di tutte le sottocariche nelle commissioni e sottocommissioni. Ad esempio Brando Benifei, capodelegazioni del Pd all’Europaralmento, si è formalmente dimesso (è stato poi riconfermato il giorno stesso alla presenza dello stesso Letta). E’ una prassi che per ora non si è riprodotta alla Camera e al Senato, dove i gruppi sono a trazione ex renziana. Con l’insediamento delle due nuove capigruppo, però, nulla è più dato per scontato. Anche perché De Luca jr, a Roma, non può contare sull’appoggio di nessun campano. Il deputato Lello Topo non è certo un alleato del governatore, anzi. Paolo Siani è lontano dalle logiche partitiche, è una figura tecnica. Gli altri eletti in Campania sono nomi nazionali, Marco Minniti e Valeria Fedeli. Il deputato Piero dovrà farcela con le sue forze.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome