ROMA – Sul taccuino del nuovo governo spuntano i riders, quei lavoratori impegnati nelle piattaforme digitali per la consegna di cibo e pacchi con ipotesi di lavoro subordinato, per i quali, a breve, potrebbe arrivare l’inquadramento in un contratto di lavoro subordinato. Un discorso che rientra nel decreto dignità e potrebbe arrivare già nel Consiglio dei ministri di fine del mese. Oltre alla revisione delle regole sui contratti a termine in generale, infatti, il ministro del Lavoro, Luigi Di Maio ha ribadito la necessità di dare maggiori tutele ai lavoratori impegnati nelle piattaforme digitali per la consegna di cibo e pacchi, ipotizzando l’estensione a queste persone delle regole del lavoro subordinato
Chi sono i riders in Italia
Sono circa 10mila, di solito hanno meno di 30 anni e lo fanno per pochi mesi prima di passare ad altro. È la fotografia dei lavoratori della ‘gig economy’ che si occupano della consegna a domicilio.
Sono soprattutto giovani o giovanissimi, che in genere portano cibo a domicilio come “lavoretto” per arrotondare, magari durante il percorso di studi, prendendo in media circa 12,5/12,8 euro lordi l’ora e che lo fanno per pochi mesi per poi passare ad altro. È la fotografia dei “rider”, i lavoratori della gig economy che si occupano delle consegne a domicilio e che Luig Di Maio ha voluto incontrare come primo atto da ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico. I dati sono stati illustrati al Festival dell’Economia di Trento da due dei maggiori player del settore del food delivery, Deliveroo e Foodora, nel corso di un confronto proprio sui nuovi lavori della Gig Economy.
La retribuzione minima
L’ipotesi è quella di una paga oraria minima alla quale aggiungere un compenso legato ad altri parametri come numero di consegne e disponibilità oraria. Questo sistema dovrebbe garantire gli istituti previsti per il lavoro dipendente (contributi previdenziali, contributi Inail, malattia, ferie, tredicesima, Tfr) su una retribuzione minima lasciando flessibilità sul compenso aggiuntivo. Quest’ultimo sarebbe legato alla produttività del lavoro, numero di consegne, e via dicendo.
Stretta sui contratti a termine
Nel provvedimento dovrebbero esserci norme anche per rendere più conveniente il lavoro a tempo indeterminato attraverso una stretta sui contratti a termine; accordi che nell’ultimo anno hanno avuto una crescita sostenuta. Oltre all’introduzione delle causali (eliminate con il decreto Poletti nel 2014) dovrebbe arrivare una stretta sul numero dei rinnovi (ora sono al massimo cinque); mentre resterebbe il limite complessivo fissato a 36 mesi. E’ possibile che un ulteriore deterrente alla firma di contratti a termine arrivi sul fronte dei costi. Al momento il contratto a tempo determinato ha un’aliquota contributiva aggiuntiva pari all’1,4% (per il finanziamento della Naspi); che viene restituita al datore di lavoro in caso di trasformazione del contratto a tempo indeterminato ma potrebbe essere introdotto un costo ulteriore a favore del dipendente. La somma aggiuntiva potrebbe essere una sorta di buonuscita (legata alla durata del contratto) o un bonus formazione.