“Volevo prendere tre piccioni con una fava: omaggiare l’ex comandante Mario Palombo, gigliese, il maitre Antonello Tievoli, che era a bordo, e l’isola stessa”. Per questo Francesco Schettino, nella serata del 13 gennaio 2012, stando a quanto da lui stesso dichiarato durante il processo, decise di cambiare la rotta della Costa Concordia che stava salpando da Civitavecchia. Errori, superficialità, omissioni. Trentadue persone morte per un ‘inchino’. Trentadue persone morte per niente. Dieci anni dopo l’isola del Giglio ricorda, lo fa l’Italia intera. Il comandante Schettino è in carcere, a Rebibbia, dove sta scontando una condanna definitiva a 16 anni di reclusione. Altri hanno patteggiato: 23 mesi di reclusione per Ciro Ambrosio, 18 per Silvia Coronica, ufficiali di plancia, 20 mesi per Jacob Rusli Bin, timoniere, tutti accusati di naufragio colposo, omicidi colposi e lesioni colpose; 30 mesi a Manrico Giampedroni, hotel director della Concordia, 34 mesi a Roberto Ferrarini, capo dell’unità di crisi di Costa Crociere, per omicidio plurimo e lesioni plurime. La compagnia genovese, confluita 12 anni prima nel gruppo Carnival Corporation, è ritenuta responsabile civile della tragedia e ha già pagato risarcimenti per circa 85 milioni di euro, l’ultimo dei quali di 77mila euro per lo stress post traumatico patito da un passeggero. Le sentenze del processo a Schettino, l’ultima della Cassazione nel 2017, hanno ricostruito quanto avvenuto 10 anni fa. Il folle ‘inchino’ a poche miglia dal Giglio, l’impatto terribile con lo scoglio delle Scole alle 21,45, i ritardi nella comunicazione dell’emergenza ai passeggeri e alla Capitaneria di Porto e poi la nave che si inclina inesorabilmente intorno a mezzanotte. E da quel momento in avanti uomini dell’equipaggio e passeggeri cominciano a morire. Francis Servel, Jean Pierre Micheaud, Tomas Alberto Costilla Mendoza, Giovanni Masia, Guillermo Bual Guades, Egor Hor, Sandor Feher, Jean Yvonne Gnnard, Pierre Andrè Emile Gregoire, Josef Werp, Horst Galle, Luisa Antonia Virzì, Maria D’Introno, Gabriele Maria Grube, Inge Schall, Siglinde Stumpf, Erika Fani Soria Molina, Mylene Lisian Litzler, Michael Blemand, Elisabeth Bauer, Margrit Schroeter, Margarethe Neth, Giuseppe Girolamo (deceduto nel tentativo di salvare altre persone), Barbara Ann Heil, Norbert Josef Ganz, Gerald Frank Heil, Christina Mathilde Ganz, Maria Grazia Trecarichi, Russel Terence Rebello, William Arlotti e sua figlia Dayane. Otto anni, aveva quest’ultima. Questi i nomi delle vittime, di coloro che in quella notte erano a bordo per divertirsi, in vacanza, per lavorare, per suonare, per servire cocktail, per trovare felicità, e che all’alba avevano perso la vita, lasciando nel dolore più sordo i loro familiari, molti dei quali erano a bordo e si erano salvati. L’Isola del Giglio, che ha ospitato il relitto della Concordia (poi demolita a Genova), fino al luglio del 2014, nella notte della tragedia mostrò coraggio, voglia di accoglienza e determinazione nel salvare vite. E oggi ricorda con una celebrazione religiosa, con una fiaccolata fino alla lapide commemorativa sul molo di levante. Alle 21,45 e 7 secondi, il momento dello schianto con lo scoglio, le imbarcazioni suoneranno. Per non dimenticare che si può morire per un inchino. Che si può morire per niente. Perché non accada mai più.
Dieci anni fa la tragedia della Costa Concordia, in 32 morirono per niente
L’inchino, gli errori della compagnia, le vittime e gli eroi. Commemorazioni all’Isola del Giglio: il gigante del mare finì contro lo scoglio delle Scole