Alla Casa della Musica il tributo al cantautore con i “Musicanti ensamble”
Il ricordo dell’amico produttore Nicolucci: “Ha reinventato l’anima di Napoli”
Ci sono date scolpite nella memoria collettiva: il mondiale dell’ 1982, quella volta che Mennea sbalordì tutti, il terremoto dell’ ’80, i mondiali del 2006, quando Armstrong mise il suo piede sulla luna. Per i napoletani, ci sono almeno altre tre date indimenticabili: Il primo scudetto vinto con Maradona in campo, la scomparsa di Massimo Troisi, e quel giorno subito dopo il Natale di dieci anni fa, quando apprendemmo che Pino Daniele se n’era andato via.. il 4 Gennaio come oggi.
Parlare di Pino Daniele significa raccontare una vera e propria “piccola” rivoluzione musicale avvenuta nella cultura italiana. Daniele mescolò i linguaggi, fuse insieme più anime musicali, quella napoletana, quella del mediterraneo e quella della musica americana (blues, jazz) in una formula nuova e inimitabile.
Il suo contributo linguistico alla storia e all’ evoluzione della canzone napoletana è stato importante al pari di quello dei grandi autori del passato (Di Giacomo, Bovio, E.A.Mario). I suoi testi hanno indagato nuove esigenze, raccontato la società in un modo nuovo, introducendo tematiche e vocaboli non utilizzati prima nella poesia e nei testi scritti per le canzoni.
Daniele ha operato anche nell’ internazionalizzazione lessicale, introducendo all’ interno dei suoi testi frasi in altre lingue, inglese soprattutto, indicando in questo modo e prima di tutti, una via di dialogo e di fusione culturale.
Alla sua corte sono cresciuti molti musicisti, l’elemento strumentale di derivazione jazzistica, ha trovato spazio nella sua forma canzone, esprimendosi attraverso gli assoli, o attraverso le diverse componenti timbriche fornita dai suoi compagni di viaggio.
Tra questi vanno almeno menzionati: Tullio De Piscopo, uno dei migliori batteristi europei, che ha saputo dare profondità ritmica alle canzoni di Daniele, Rino Zurzolo, un contrabbassista classico di primo livello, coinvolto sin dalle prime sperimentazioni, James Senese, mentore e, vero e proprio scopritore del talento di Pino, Joe Amoruso, pianista innamorato di Joe Zawinul, che sin dall’ inizio ha impreziosito la tela armonica, Ernesto Vitolo, un musicista istintivo e geniale, il “Thelonius Monk del Mediterraneo”, Gigi De Rienzo, un bassista e arrangiatore dal talento incredibile, una sorta di re Mida, capace di trasformare, impreziosire e plasmare il materiale sonoro come pochi, e Tony Esposito, che portò nella formazione iniziale le sue esperienze mutuate sia da solista, che quelle avute dalle sue collaborazioni, a cominciare da quelle con “Perigeo”, una delle formazioni più importanti del rock progressivo italiano, nella quale ebbe la possibilità di confrontarsi con musicisti come: Giovanni Tommaso, Franco D’Andrea, Claudio Fasoli, Bruno Biriaco e Tony Sidney.
Citare tutte le collaborazioni di Pino Daniele, in questa sede è impossibile, e mi scuso per le assenze, ma c’è di fatto che Pino, ha fatto propria la lezione di Duke Ellington, e come “il duca del jazz”, ha scelto i suoi musicisti con attenzione, cogliendo in ognuno di loro le componenti utili allo sviluppo delle sue idee musicali.
Per la prima volta, con lui, e attraverso le sue canzoni. il pubblico ha cominciato a parlare e a rendersi conto dell’ importanza fornita dai musicisti nell’ accompagnamento in una song, con lui anche il pubblico meno abituato, ha cominciato a citare i nomi degli strumentisti, come un valore aggiunto, insostituibile e necessario allo sviluppo della canzone.
Con Daniele quindi è maturata nello scenario italiano, la figura del cantante/strumentista, cambiando le regole di ingaggio della musica pop del nostro paese. Non meno importante è stata la sua cura per l’elemento ritmico, tra i più trascurati nella nostra nazione, per il quale ha avuto una cura quasi maniacale, scegliendo e collaborando, nel corso della sua storia, con batteristi, contrabbassisti e bassisti di primissimo livello. (Manu Katché, Steve Gadd, Peter Erskine, Alfredo Golino, Rosario Jermano, Roberto Gatto, Vinnie Colaiuta, Jerry Marotta, Omar Hakim, Gary Chaffee, Clive Mayuyu, Mariano Barba, Mauro Spina, Fabrizio Milano, Gennaro Tesone, Lele Melotti, Roberto Spizzichino, Tony Levin, Alphonso Johnson, Matthew Garrison, Eberhard Weber.
Daniele è stato il primo tra i cantautori italiani a stendere un ponte internazionale, attraverso il quale la sua arte è stata apprezzata e condivisa da artisti di tutto il mondo. Le sue collaborazioni con gente del calibro di: Eric Clapton, Pat Metheny, Chick Corea, Robert Randolph, Bob Berg e Joe Bonamassa rappresentano la punta più alta, in questo ambito.
Vorrei infine citare tre sassofonisti straordinari spesso dimenticati, che hanno fornito sprazzi della loro arte anche con Pino Daniele, a cominciare da Carmelo “Larry” Nocella, uno dei più incredibili talenti musicali europei, un sassofonista prodigioso, nato a Battipaglia in provincia di Salerno, uno strumentista degno del migliore Sonny Rollins, Elia Rosa, un sassofonista andato via troppo presto, un musicista dal suono elegante e dal fraseggio mai banale, e il mitico Bob Fix, mago del sax soprano, che nel corso degli anni si è ritagliato un ruolo di primo piano nel lavoro di missaggio e della masterizzazione.
Raramente e solo per sporadici casi, nella nostra nazione, abbiamo assistito a una produzione di canzoni, che offrisse tanto spazio e importanza alla parte musicale. La lezione di Daniele pero, è rimasta purtroppo, quasi un caso unico in Italia. Nel corso degli anni, tranne rare eccezioni, si è continuato a produrre nella vecchia maniera, privilegiando la melensa canzone melodica di stampo radiofonico/sanremese.
In ultimo, e non per ultimo vorrei porre l’attenzione sull’elemento melodico presente nelle composizioni di Pino Daniele, una componente potente, e quasi sempre ispirata, che ha dotato le sue canzoni di una cantabilità mai scontata.
In questi giorni, in occasione dei 10 anni della sua scomparsa, come è normale che sia, in Italia e a Napoli, è tutto un fiorire di omaggi e ricordi, tra questi anche “Senza ‘e te”, un omaggio al cantautore napoletano che vedrà in scena il 10 Gennaio, alla Casa della Musica di Napoli “Musicanti Ensamble”, una band nata da una costola del musical “Musicanti”, composta da musicisti che hanno collaborato con Daniele, a cominciare dal chitarrista Fabio Massimo Colasanti, la pianista Elisabetta Serio, e il sassofonista Simone Salza, con ospite il percussionista Tony Esposito, che ha fornito a Pino un supporto ritmico unico, nel corso della loro lunga collaborazione.
Abbiamo approfittato di questo evento per contattare telefonicamente Ennio Nicolucci, amico storico di Pino Daniele e produttore dello spettacolo.
Come e quando nasce il tuo rapporto con Pino Daniele?
Pinotto, come lo chiamavano gli amici, abitava nel mio stesso palazzo in Via Santa Maria La Nova, a casa delle sue due zie che l’avevano adottato, e molto spesso, soprattutto nel periodo in cui, con l’insegnamento di un altro nostro amico, aveva iniziato a studiare la chitarra, veniva a casa mia, e sul letto/divano della mia stanzetta, iniziava a suonare. E solo per la cronaca, ci tengo a dire che, per il brano “Bella ‘Mbriana” si ispirò ad una frase benaugurante che mia nonna ogni sera diceva quando tornava a casa.Poi iniziò la mia avventura con Pino, diventai il suo personal manager, e facevo spola tra Napoli e lo studio di Formia.Sono molti i ricordi che mi legano a lui, ho vissuto l’esperienza di San Siro, quando Pino suonò prima di Bob Marley, quella del magico evento a piazza plebiscito del 19 settembre 1981, con 200.000 presenze di pubblico, che lo consacrò definitivamente a nuova voce e guida della città.
Ho vissuto al suo fianco esperienze uniche: Il festival del Jazz di Montreux, l’incredibile concerto alla Mostra d’Oltremare, nel corso del quale furono realizzate le riprese di “Blues Metropolitano”, un film del 1985 diretto da Salvatore Piscicelli, con Marina Suma, e Ida Di Benedetto, che ebbe un grande successo, la data che fece all’ Olympia di Parigi, e altri numerosissimi concerti in giro per l’Italia.
Come era Pino nel periodo in cui lo hai incontrato
Pino era un ragazzo introverso, ma nello stesso tempo molto attento al mondo che lo circondava: era un Artista. Aveva la necessità di esprimere il suo disaggio, con la musica e la sua poesia, attraverso le quali riusciva a entrare in simbiosi con le difficoltà di moltissimi giovani di quel periodo.
A un certo punto vi siete entrambe trasferiti a Roma, come credi sia cambiata la sua produzione quando ha vissuto lontano da Napoli
Nel 1988 le nostre strade si sono divise; Pino si era trasferito a Roma e nella sua produzione artistica si nota il suo leggero distacco da Napoli; Lo si evince anche nei suoi testi a mio avviso. In quel periodo, ero rimasto a Napoli ed ho iniziato a collaborare con Enzo Avitabile.
In questo periodo come è normale che sia, è tutto un fiorire di attività e tributi dedicati a Pino Daniele, cosa ne pensi?
Ovviamente nei 10 anni dalla scomparsa di un Artista di questo livello, vi è un fiorire di iniziative, documentari, libri , interviste, eventi, tributi anche da parte di persone che hanno visto Pino due o tre volte nella loro vita, o lo hanno conosciuto solo attraverso i suoi brani o i suoi concerti. Ma è la vita che è così. L’importante è che il pensiero di Pino Daniele resti vivo.
Un tuo commento sui risvolti dell’ arte di Pino Daniele
Pino ha saputo, con le canzoni, che hanno emozionato migliaia di persone, restituire le molteplici identità di una città difficile, densa di culture e ricca di contraddizioni. Ha dato vita al movimento musicale “Neapolitan Power”, ha reinventato l’anima di Napoli insieme a Diego Maradona e Massimo Troisi. In realtà ciascuno sente le canzoni di pino a modo suo, a legarle in un sentimento collettivo, è il filo della poesia, che non ha né confini né età.