NAPOLI (Francesco Foco)– Cracovia è il cuore dell’accoglienza Europea. Accoglie i rifugiati e ‘accoglie’ i volontari che, da ogni latitudine del mondo, partono per dare una mano. Nella capitale della Polonia lavora da qualche anno Domenico Colantuono, giovane di Torre del Greco che in questi giorni di guerra prova a dare una mano come può. E racconta a Cronache l’orrore di un popolo in fuga e la grande umanità di chi invece aiuta, c’è.
Domenico, che succede a Cracovia, a pochi chilometri dal confine con l’Ucraina?
A Cracovia la vita trascorre. La presenza dei cittadini ucraini si vede, si sente e si tocca con mano. Senti i bambini piangere nelle stazioni, vedi i tendoni militari per strada. C’è una maggiore presenza di forze armate. Ci sono i marines statunitensi per strada: interi battaglioni, mai visti in questi anni. Onestamente fa impressione.
I giorni di guerra ora sono tanti. La situazione sta precipitando anche in Polonia?
I polacchi hanno aperto davvero il cuore ai fratelli ucraini. Li aiutano in un modo che non pensavo, non credevo possibile. Dovete pensare che Cracovia arriva ad un milione di abitanti. Il numero di rifugiati ucraini arrivati in meno di 15 giorni è di oltre 400mila. La città è al collasso, gli alberghi e le strutture di accoglienza sono pieni di profughi. Si regge l’onda d’urto grazie al volontariato, che è tantissimo e fortissimo.
Che attività di volontariato svolgete?
Noi andiamo nei supermercati e in farmacia a comprare il necessario. Ci sono urgenze che non ti aspetti: ci chiedono in dono giochini per i bambini. Ci chiedono calzini, shampoo. Non solo cibo, vestiti e farmaci.
Lei finora come ha provato a dare una mano?
Io di solito vado al punto di raccolta della stazione. Che è il punto principale di ingresso. Arrivano ogni giorno decine di treni da Kiev e Leopoli: quasi 1000 persone all’ora. Questo week-end andrò con i palloncini manipolabili per i bimbi che arrivano.
Gli Italiani in Polonia stanno aiutando molto?
Gli italiani che vengono qui a Cracovia per lavoro o turismo sono preoccupati. Ma deriva più dalla non conoscenza della posizione geografica o dall’eccessiva preoccupazione. La comunità italiana è stata tra le prime ad attivarsi per il sostegno agli ucraini. Si è organizzata in micro-gruppi e fanno davvero tanto.
C’è il rischio di ‘russofobia’ anche lì?
Rispetto ad altri paesi come l’Ungheria, che uscita dal blocco sovietico ha intrattenuto rapporti con la Russia, la Polonia ha tagliato completamente i ponti. Per ragioni storiche e per la distruzione russa di Varsavia sia per ciò che è accaduto a Cracovia, la russofobia non nasce oggi. Non si traduce nell’odio nei confronti del popolo russo, ma contro l’ideologia dell’imperialismo russo. Da anni Putin è visto come un dittatore e criminale. Dall’Italia tendiamo a vedere i paesi di Visegrad come un blocco unito, non è vero. Quando parliamo di nazionalismi, pensiamo che Le Pen e Salvini vadano a braccetto con il governo di destra polacco. Non è vero, per esempio la figura di Salvini qui è vista come troppo vicina a Putin.