Non voglio parlarvi dello scontro tra politica e magistratura, delle devastanti lotte di potere all’interno della magistratura, della superfetazione di leggi e apparati di eccezione, del rapporto malato tra procure e media, della trasformazione dell’imputato in nemico, del populismo politico e giudiziario, del sovraffollamento delle carceri, della salute mentale in carcere, dei suicidi, dei problemi della sanità in carcere. Voglio raccontarvi, in sintesi, cosa ho detto al Minstro della Giustizia Marta Cartabia nell’incontro che lei ha avuto, a Roma, con noi garanti regionali e territoriali dei detenuti.
Signor Ministro la ringrazio perché nella sua introduzione ha detto che noi Garanti dei detenuti siamo i suoi sismografi, che è qui per ascoltare e capire.
Quando si parla di carcere tutto risulta molto prevedibile. Io ringrazio lei e il Presidente Draghi per la visita al carcere di Santa Maria Capua Vetere, dopo quindici mesi di colpevole ritardo nel prendere i provvedimenti contro gli autori dei pestaggi di stato. Certo ci sono responsabilità individuali, ma che collettive, perché non può esserci giustizia e reinserimento dove c’è abuso, violenza e tortura.
Dai filmati della ‘mattanza’ sappiamo ora due cose. Dei 283 agenti di polizia penitenziaria uno solo ha cercato di frapporsi e limitare violenze e soprusi. Una percentuale che dovrebbe preoccupare seriamente noi tutti e tutti i cittadini. E poi che si consumano reati e non si può arrivare a chi li ha commessi perché mascherati o con il casco. E allora perché non inserire un numero identificativo sui caschi o sulle divise? Questo vale anche per tutte le forze dell’ordine. Io che mi occupo da più di trent’anni di carcere voglio ribadire però che sarebbe sbagliato prendere spunto da questa drammatica vicenda casertana per formulare giudizi di generalizzata censura nei confronti dell’intero corpo della polizia penitenziaria che con dedizione al lavoro, spirito di sacrificio, turni stressanti e disagi psicologici è in prima linea nelle carceri. Qui abbiamo bisogno di più educatori, figure sociali di riferimento, più progetti di inclusione sociale e più attenzione per alcune categorie di detenuti: penso ai tossicodipendenti, agli immigrati e ai malati di mente. Abbiamo bisogno di più agenti di polizia penitenziaria, di più direttori. Ma un carcere per non riempirsi ha bisogno di depenalizzazione, di mettere dentro solo le persone per reati gravi e di far uscire tanti in misure alternative al carcere. Le magistrature di sorveglianza sono carenti di personale, cancellieri e magistrati. I loro tempi sono spesso lunghi, i loro interventi a macchia di leopardo. Eppure sono loro, secondo me, i veri garanti dei detenuti. In questo lungo periodo di pandemia i detenuti sono stati lasciati fuori dai ristori. Amnistia e indulto non hanno la maggioranza parlamentare, ma lei può impegnarsi per mettere in campo qualche provvedimento di ristoro per tutti i detenuti. Io considero lei, signor Ministro, rappresenta l’ultima speranza per questo mondo, rispetto ad una politica pavida e cinica. Lei, Cavaliere della speranza e fedele attuatrice del dettato Costituzionale, valorizzi i paradigmi della rieducazione e della riparazione, metta in campo una prospettiva di avvicinamento, perché tra il dire e il fare non c’è di mezzo il mare, ma il coraggio. Coraggio.