Un fondo del professor Ernesto Galli della Loggia sull’eredità di Forza Italia, ha suscitato un dibattito di grande levatura culturale. Al famoso accademico ha infatti risposto per “rime contrarie” un altro grande intellettuale di casa nostra: Giuliano Ferrara. Di cosa hanno dibattuto i due? E’ presto detto: della fine dell’esperienza politica del movimento azzurro e con essa dell’idea stessa del partito liberale di massa propugnata, a suo tempo, dal Cavaliere. Smarrita questa strada, con la “risacca” della bocciatura della riforma costituzionale ed il ritorno dello Statalismo, il governo ha praticamente riadottato l’antica modalità di gestione della cosa pubblica attraverso l’uso della leva della spesa statale a debito crescente. Le istituzioni sono rimaste ferme al pari di molte riforme (Costituzione, partiti politici, giustizia, fisco e stato sociale). Altre, invece, sono state semplicemente congelate (come scuola e previdenza sociale).
Un quadro arcinoto, soprattutto dopo la constatazione del fallimento della farlocca rivoluzione grillina, durata lo spazio di un biennio. Ed è a questo punto che Galli della Loggia ha assegnato a Matteo Salvini l’eredità e quindi il compito di incarnare le politiche liberali nel Belpaese, abbandonando i toni esacerbati da capo del partito populista. La risposta polemica del fondatore del “Foglio”, non si è fatta attendere. L’Elefantino ha infatti contestato alla radice la possibilità che il leader del Carroccio possa interpretare un ruolo di moderazione ed essere, al contempo, erede di progetti e programmi di stampo liberale rimasti inevasi. Secondo Giuliano Ferrara, quell’insieme di valori merita e necessita un’altra tipologia di leader politico con un retroterra culturale più solido. Il liberalismo, secondo Ferrara, è scienza dello Stato e dell’economia e mal si concilia col partito che lancia la sfiducia al governo direttamente dalla spiaggia del Papete.
Personalmente, sono tra quelli che credono che il primo passo da fare sia la riforma dei partiti in enti di diritto pubblico finanziari e controllati dallo Stato solo per talune funzioni organizzative, tuttavia concordo sul fatto che il populismo ed il qualunquismo di stampo salviniano, siano ben distanti da quello che fu Forza Italia nel 1994. Tuttavia, la disputa tra i due intellettuali, “rinfacci” a parte sulla coerenza dei rispettivi percorsi politici, mette a nudo una chiara esigenza sul versante del centrodestra: quella di ricollocare valori, idee e prospettive politiche in ambiti meno facinorosi e lontani da scontri all’ultimo sangue con chiunque non sia d’accordo con la politica migratoria ed euroscettica della Lega. Ferrara sa bene che i leader carismatici non si trovano a portata di mano, e che senza il rilancio dei partiti, della militanza e della consapevolezza dei propri obiettivi, l’elettorato più condizionabile dal bisogno e dagli aiuti statali, continuerà con effimera ed alterna fortuna, a prendere il sopravvento.
L’idea di dare vita all’Assemblea Costituente sarebbe di per se stessa rivoluzionaria per evitare che quel che resta della politica seria ed avveduta affoghi nella palude delle eterne buone intenzioni mai realizzate. Insomma, mentre nel centrosinistra, pur tra “Sardine” e capriole, si comincia a costruire il un nuovo percorso, sull’altro versante della barricata tutto si lega all’attivismo verboso della Meloni ed alle citofonate di Salvini. Certo finora le spoglie politiche di Berlusconi hanno fatto comodo sia a FdI che al partito di via Bellerio facendone incrementare le percentuali e aumentandone la voce in capitolo. Però, una volta esaurito il flusso di voti e la transumanza politica si dovrà pure ragionare su quale possa essere l’idea dello Stato, della Società e dell’Economia da contrapporre al modello pauperistico statale ed al cripto socialismo che perdura continuativamente da decenni.
Molti sono stati quelli che hanno confuso, spesso ad arte, il retaggio di valori politici e statuali della destra liberale e democratica, con altre destre spesso confondendo lo Stato autoritario ed accentratore come sinonimo della destra stessa. La destra di cui milioni di elettori hanno bisogno è invece ben altro: diritti e libertà garantite ai cittadini ed indisponibili per lo Stato, economia di mercato, per quanto temperata e controllata, che introduca nelle flaccide membra della burocrazia statale concetti di concorrenza, efficienza, merito ed economicità. Servizi Statali la cui sopravvivenza sia decretata dai cittadini fruitori per la qualità del servizio stesso; liberalizzazione di ambiti in monopolio. E ancora: detassazione, riforma dei poteri e loro separazione, riforme della giustizia, della scuola, del fisco e della macchina amministrativa. Sono principi che si possono ritrovare nella destra di Prezzolini non in quella di Mussolini. Se mancheranno questi valori la destra non sarà né vera né utile per le coscienze e gli interessi liberali.