CASAL DI PRINCIPE – Lo stavano aspettando: erano in attesa che tornasse a casa. E una volta arrivato nei pressi della sua abitazione, a Grazzanise, i carabinieri lo hanno bloccato. Si tratta di Vitaliano Raimondo, 37enne, cognato di Gaetano Diana, figlio di Elio, esponente di spicco del clan dei Casalesi.
Identificato, i militari dell’Arma, venerdì sera, hanno proceduto a perquisire l’appartamento dove vive. E lì hanno trovato droga e proiettili. Nel dettaglio, i carabinieri della stazione di Grazzanise, diretti dal comandante Luigi De Santis, supportati dai militari del Nucleo operativo di S. Maria C.V., hanno rinvenuto e sequestrato 7,51 grammi di cocaina e 11,98 di hashish, confezionati in diversi involucri in cellophane, 5 panetti di hashish, per un peso complessivo di 503,06 grammi, e 0,55 di marijuana. Erano presenti pure 220 euro in contanti, un bilancino di precisione, materiale per il confezionamento dello stupefacente e un biglietto manoscritto con annotati nomi e somme di denaro, verosimilmente connesso all’attività di spaccio svolta.
Come detto, non solo droga: in casa aveva 26 cartucce calibro 9×21, altre 11 a salve e anche un giubbotto antiproiettile, con matricola abrasa e completo di due piastre di protezione. Nell’appartamento c’erano pure diversi carnet di assegni.
Il 37enne, da considerare innocente fino a un’eventuale sentenza di condanna irrevocabile, è stato sottoposto ai domiciliari in attesa dell’udienza di convalida che si celebrerà nelle prossime ore dinanzi al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere. Ad assisterlo è l’avvocato Paolo Raimondo.
L’attività che ha portato all’arresto di Vitaliano Raimondo potrebbe inserirsi in un’azione investigativa più ampia, tesa a contrastare il business dello spaccio di droga in provincia di Caserta potenzialmente connesso alle storiche organizzazioni criminali presenti sul territorio.
Il lavoro dei militari, adesso, sarà volto a verificare se l’ipotizzato ruolo di pusher di Raimondo sia da collegare a una struttura con legami nell’Agro Aversano o, in alternativa, se si tratti di un battitore libero. La presenza di cartucce e del giubbotto antiproiettile fa propendere gli investigatori più per la prima opzione. Ma, al momento, si tratta di ipotesi da vagliare.
La speranza è che non emerga alcun tipo di connessione (diretta o indiretta) con la malavita organizzata: la famiglia di Raimondo ha già pagato a caro prezzo il legame con i Casalesi. Il padre, Pasquale, venne assassinato ad aprile del 1995 in un bar a Grazzanise da sicari del clan.
Focus su Diana
I carabinieri, nel proseguimento dell’inchiesta anti-droga, probabilmente si dedicheranno anche ad analizzare i rapporti tra Vitaliano Raimondo e Gaetano Diana. Quest’ultimo è comparso nell’indagine che ha portato, lo scorso agosto, all’arresto di Emanuele Libero Schiavone. Il figlio del capoclan Francesco Schiavone Sandokan, tornato in libertà ad aprile 2024, dopo aver trascorso in cella circa 12 anni, aveva deciso, stando alla tesi degli investigatori, di riorganizzare la cosca, tuffandosi in business illeciti, per fare cassa, come quello della droga (scelta che lo ha portato a scontrarsi con l’ala bidognettiana).
Nella fase di riorganizzazione, Schiavone convocò presso la sua abitazione di via Bologna proprio Gaetano Diana, suo amico, chiedendogli se potesse ancora contare su di lui, dato che aveva iniziato a nutrire dubbi. In risposta a questa richiesta, come Cronache riportò ancor prima dell’arresto di Sandokan jr., Gaetano Diana pubblicò sui social una foto che lo ritraeva abbracciato a Emanuele Libero, un chiaro segnale per comunicare la sua vicinanza al figlio del capoclan (in quel periodo era ancora in piedi il percorso di collaborazione con la giustizia intrapreso da Francesco Schiavone).
A saldare il legame tra Sandokan jr e Diana c’è anche un reato commesso nel 2012. Dopo aver perso molti soldi giocando con una slot-machine installata nel Roxy Bar, decisero di riappropriarsi di quei quattrini. Come? Sfondando la macchinetta con un flex e con un palo di ferro. Una volta aperta, presero tutto il denaro che c’era al suo interno. E per tale condotta vennero ammanettati nell’aprile di 12 anni fa dagli agenti della Squadra mobile di Caserta.
L’indagine su Mezzero
Tornando ai giorni nostri, la figura di Gaetano Diana è emersa anche nell’inchiesta dei carabinieri del Nucleo investigativo di Caserta che ha riportato in carcere il boss Antonio Mezzero, riferimento (e killer) del clan dei Casalesi nel Basso Volturno. Mezzero, anche lui desideroso di rituffarsi nel crimine dopo aver scontato oltre 24 anni in carcere, aveva scelto come sua nuova base Santa Maria Capua Vetere. E lì, nella Città del Foro, ha accertato l’indagine, per strutturare le dinamiche mafiose, convocava Elio Diana. Come? Il nipote, Michele Mezzero (anche lui in cella) si rivolgeva a una persona di Grazzanise che contattava proprio Gaetano Diana per dirgli che il boss di Brezza doveva parlargli. E Gaetano, raccolto il messaggio, avrebbe poi portato l’imbasciata al padre.
Ad oggi, sia in relazione all’indagine su Sandokan jr. che a quella riguardante Mezzero, Gaetano Diana, assistito dall’avvocato Alfredo Santacroce, non risulta indagato. Affronterà però, a breve, un processo in Appello, perché accusato di associazione a delinquere finalizzata allo smercio di narcotici (con l’aggravante mafiosa). In primo grado, nel 2022, è stato assolto, ma contro quel verdetto la Procura di Napoli ha presentato ricorso.
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