E’ stata ministro del Lavoro nell’ora più buia, quella in cui l’Italia ha rischiato, alle fine del 2011, di finire in bancarotta. Il nome di Elsa Fornero viene quotidianamente citato nei discorsi di Matteo Salvini e Luigi Di Maio, per la discussa riforma del sistema pensionistico che mise a punto insieme all’esecutivo allora guidato da Mario Monti. L’accademica piemontese, a ‘Cronache’, racconta la sua sofferenza per le tante critiche (molto spesso persino offese) ricevute, elenca puntualmente gli errori del governo pentaleghista e spiega il suo punto di vista su quello che potrebbe nascere nei prossimi giorni, sostenuto da Movimento 5 Stelle e Partito democratico.
Professoressa, la fine del governo gialloverde è una buona o una cattiva notizia per l’economia italiana?
Di per sé sarebbe una buona notizia. Il momento in cui arriva la fine di questo governo, però, la rende molto meno positiva. L’instabilità pesa sempre sull’economia e la fine dell’esecutivo l’ha acuita in un momento di difficoltà internazionale al quale siamo esposti, anche perché la nostra economia dà segnali di stasi, se non di recessione. Dipenderà, poi, dall’evoluzione della crisi stessa, dallo scenario che prevarrà dopo le prime giornate di trattative.
Il voto immediato è una soluzione o un pericolo per il futuro dell’Italia?
In questa fase ritengo sia giusto verificare all’interno del Parlamento, visto che la legislatura è cominciata da appena un anno, se ci sono delle maggioranze possibili da costruire su un programma credibile. Sarebbe, per ora, la soluzione migliore viste anche le scadenze legate alla legge di bilancio, che sembra una questione lontana dalla vita dei cittadini, ma non lo è per niente. Non credo sia il momento delle elezioni, per quanto il ricorso al voto sia sempre positivo per la democrazia.
Come giudica la scelta di introdurre il reddito di cittadinanza?
In teoria è un’idea buona, ma credo che in pratica sia stata realizzata in modo sbagliato. La versione italiana di questa misura mescola la lotta alla povertà al contrasto alla disoccupazione, che sono obiettivi giusti ma non sempre sovrapponibili e che hanno bisogno di risposte specifiche. Il reddito di cittadinanza per i 5 Stelle è stato un grande slogan, che certamente ha fatto presa sul pubblico. I grillini sono, però, sempre stati piuttosto ambigui nella fase di applicazione. C’era già, per altro, una sperimentazione per il contrasto alla povertà come il Reddito di inclusione. Forse sarebbe stato meglio continuare su quella strada, aumentando le risorse, invece di insistere su un progetto molto oneroso che ha incontrato gravi difficoltà dal punto di vista operativo. Nella politica dei pentastellati c’è una forte discrasia tra ciò che dichiarano, in modo roboante, e quello che realizzano. E’ un comportamento che denota una certa ingenuità: a loro sembra che enunciare un progetto sia la soluzione del problema, quando invece è in Parlamento e nell’applicazione dei provvedimenti che si misurano le reali difficoltà e l’eventuale efficacia delle misure.
E che idea ha dell’applicazione di quota 100?
Salvini ha impostato la sua campagna elettorale sull’abolizione della legge Fornero. E’ stato un vero e proprio martellamento. Giocando su una comunicazione, se non proprio non veritiera, di sicuro fortemente distorta, oggi può sostenere di averlo fatto, ma in realtà questo superamento dura appena 3 anni. Poi ci sarebbe da domandarsi se le persone alle quali è stato concesso il pensionamento anticipato siano quelle che lo meritano di più. Ho sempre detto che dopo alcuni anni dalla mia riforma sarebbe servita un po’ più di flessibilità. Ma il modo in cui l’ha fatto Salvini è strumentale, è un regalo a classi di età e sociali forse neppure meritevoli. Elettoralmente paga, certo. Ha fatto ciò che gli conveniva di più. Mi auguro di non vederlo più al governo.
Lei ha scritto un libro che si chiama “Chi ha paura delle riforme”? A chi si riferisce?
Hanno paura delle riforme tutti coloro che rischiano di perdere privilegi piccoli o grandi che siano. I politici ne hanno paura, perché le riforme hanno il compito di migliorare le istituzioni, il mercato o un sistema come quello previdenziale, o quello bancario, ma agiscono nel medio periodo, avendo sempre un costo immediato. Bisogna avere il coraggio di spiegarlo ai cittadini. Le riforme a costo zero sono un’illusione che si racconta per indorare la pillola. E poi devono avere sempre carattere di equità. Non come la flat tax che è a favore dei ricchi e non è socialmente accettabile. Ha costi enormi e benefici molto limitati. La riforma previdenziale costa sacrifici alle persone, costringe a lavorare più a lungo, ma garantisce la sostenibilità del sistema. Quando si hanno delle crepe in casa, rifare l’intonaco non basta. Servono lavori strutturali che diano solidità alle fondamenta della casa.
Le dà fastidio essere continuamente tirata in ballo da Salvini e Di Maio?
Guardi, ho imparato a distaccarmi da tutto questo. Innanzitutto perché la pochezza delle persone mi induce a pensare che tutto sommato non mi resti che sopportare. Ho letto che Maria Elena Boschi si è detta felice di essere un bersaglio delle critiche di Salvini. Per me non è lo stesso. Ci sono stati momenti molto amari, in cui ho sofferto, nonostante il grande sostegno della mia famiglia, in particolare di mio marito e dei miei figli. Col tempo sono riuscita a non curarmene più. Come dicono i cinesi è solo questione di mettersi sulla sponda del fiume ad aspettare: prima o poi passa qualcosa.
Ed è quello che sta succedendo?
Direi proprio di sì. Per molto tempo abbiamo visto Salvini crescere in continuazione, forse anche questo l’ha intossicato. Ho sempre pensato che avesse una scarsa conoscenza dei meccanismi delle nostre istituzioni. Il nostro Paese ha tanti limiti, ma abbiamo una Costituzione solida e delle istituzioni che comunque sorreggono la vita collettiva in maniera efficace. Lui tutto questo l’ha trascurato. Mi aspettavo che, prima o poi, potesse fare degli errori gravi, proprio per questa trascuratezza, per questo riferimento costante a se stesso, fino al momento culminante in cui ha chiesto pieni poteri. Spero che il tracollo sia solo cominciato. E questo dal punto di vista politico, sia chiaro, non da quello umano. Non ho la cattiveria che lui ha dimostrato nei confronti di altri. Però quello che è successo mi fa sentire sollevata, non c’è dubbio.
L’esecutivo Conte ha potuto investire molto nell’ultimo anno. Questo è dipeso anche dal lavoro fatto dal governo del quale è stata ministro?
Sicuramente. Quel lavoro non è stato raccontato nel modo giusto, anche per colpa nostra. Negli ultimi due anni ho avuto molti più incontri con i cittadini di quanti ne abbia mai avuti quando ero ministro. In quel periodo lavoravamo tantissimo, non eravamo negli stabilimenti balneari, come recentemente ha denunciato il presidente Conte, che forse si è accorto troppo tardi delle assenze di Salvini. Per noi incontrare le persone era difficile. Oggi ho questa opportunità. Il dialogo civile è fondamentale. Mi sto impegnando molto a confrontarmi con la gente, senza alcun tipo di ambizione politica, ma con la fortuna di potermi spiegare e di ascoltare il parere degli altri.
In Italia ci sono vertenze gravissime aperte come quella relativa alla Whirlpool. Quali errori politici le hanno innescate?
Il nostro Paese ha, giustamente, una legislazione che tutela notevolmente il lavoratore. Il problema è che gli imprenditori ritengono che produrre in Italia costi molto di più rispetto ad altri Paesi. Se ne sta parlando in questi giorni a proposito della possibile riduzione del cuneo fiscale contributivo sul lavoro. Poi ci sono gli aspetti legati ai livelli di investimenti che sono ancora al di sotto di quelli pre crisi e alle nuove tecnologie che riducono l’esigenza di manodopera. C’è bisogno di strumenti legislativi che possano aiutare a sostenere le trasformazioni del mondo del lavoro senza che i dipendenti, che hanno già un salario basso, ne paghino da soli il prezzo. E’ un’operazione non facile, non bastano le riforme del mercato del lavoro. Serve un’economia più forte, capace di creare sviluppo. Tutto questo genera vertenze molto complesse. Vanno affrontate con serietà, senza il carico di propaganda e le inutili contrapposizioni che spesso vediamo.
Ha rimpianti?
Quello più grande è stato non essere stata compresa, di essere stata rappresentata in un modo che non corrisponde alla mia persona. Però è qualcosa che sta cambiando. Ci sono molte più persone che mi scrivono, molti giovani, che dicono di avere compreso lo sforzo che il nostro governo ha fatto. Posso aprire una parentesi?
Certo.
Il nostro governo fece alcune scelte drammatiche, in un momento di emergenza del Paese. In virtù di quelle decisioni fu chiusa, nel maggio 2013, la procedura di infrazione contro l’Italia. Se si fosse andati avanti, negli anni successivi, con iniziative di legge che non comportassero l’aumento del debito pubblico, ci sarebbe stata una svolta vera. Ho capito col tempo che le riforme non possono venire da governi tecnici. Servono responsabilità politiche, con strutture anche partitiche capaci di dialogare con il popolo. Noi siamo stati costretti, in quel momento, a varare i provvedimenti, senza avere un canale di comunicazione con la gente. Ne ho sofferto, non lo nascondo, ma credo di aver fatto dei passi che mi hanno portata a superare questa incomprensione.
A Roma vanno avanti le trattative per un governo definito giallorosso. Ritiene si arriverà all’accordo?
Alcuni lo chiamano rossogiallo. D’altronde in quello precedente il verde dominava nettamente sul giallo. Entrambi i contraenti di questa unione sperano di dare ai propri obiettivi un peso maggiore rispetto a quelli dell’altro. Credo che difficilmente questo governo possa fornire soluzioni ai problemi del Paese. Il nuovo esecutivo sarà descritto come un governo di legislatura. Ma ritengo non possa durare a lungo. Le differenze tra 5 Stelle e democrat sono profonde e gli insulti che si sono scambiati negli ultimi anni rendono tutto più difficile. In queste condizioni è complicato lavorare per il Paese. Probabilmente si rivelerà un governo che prepara nuove elezioni, anche senza dichiararlo apertamente, che prende tempo e magari riesce ad approvare una legge di bilancio credibile e sostenibile.
Di quale ricetta economica e sociale avrebbe bisogno adesso il Paese?
Spero che nella manovra non venga prodotto nuovo indebitamento e che si riesca a scongiurare l’aumento dell’Iva. Auspico anche qualche taglio alla spesa pubblica, anche se per motivi di consenso politico è molto difficile che possa avvenire. Sarebbe necessario un aggiustamento della spesa a favore dell’istruzione, della ricerca, della sanità. Andrebbe naturalmente rivista quota 100, abbandonando la pretesa di farne una misura permanente o di riportare in auge, come nelle intenzioni di Salvini, la pensione di anzianità a 62 anni. I nostri anziani hanno bisogno di cure a lungo termine che nel nostro Paese sono completamente assenti.