NAPOLI – Una svolta clamorosa nel processo riguardante l’omicidio di Antonio Bottone, il 28enne ucciso per errore durante un agguato ai Colli Aminei nel novembre 2016. Ieri la Corte di Assise di Appello di Napoli ha ribaltato la sentenza di assoluzione emessa lo scorso luglio e condannato all’ergastolo Enrico La Salvia, ritenuto membro del clan Sequino del Rione Sanità, colpevole dell’omicidio.
La Salvia era stato assolto dal gup di Napoli Anna Tirone per non avere commesso il fatto. Tuttavia, i giudici di secondo grado hanno ritenuto che La Salvia sia pienamente colpevole dell’omicidio di Bottone, ribaltando la sentenza del 16 luglio 2021.
Il giovane Antonio, che non aveva alcun legame con il mondo della criminalità organizzata, fu colpito mortalmente da un proiettile calibro 7,65 alla testa mentre teneva in braccio una bambina con cui stava giocando. L’agguato era diretto in realtà a Daniele Pandolfi, amico di Bottone e ritenuto legato alla famiglia malavitosa dei Vastarella, che è rimasto ferito nel raid. Pandolfi, poi, passò a collaborare con la giustizia. Nel processo sull’omicidio di Bottone, Pandolfi – assistito dall’avvocato Mimmo Esposito – si è costituito parte civile.
Lo stesso Pandolfi, divenuto collaboratore di giustizia, ha fornito dichiarazioni ritenute inaffidabili dal giudice nel corso del processo di primo grado. L’agguato, avvenuto ai Colli Aminei, rientrava nella faida tra i due clan e venne perpetrato nonostante la presenza di bambini davanti alla cornetteria. Era il 6 novembre del 2016. Una domenica sera come tante ai Colli Aminei, quartiere dell’élite, lontano dalle logiche malavitose di altri contesti del capoluogo. Antonio fu colpito alla testa. Da allora i parenti si sono battuti per ottenere giustizia e verità. La decisione di ieri della Corte di Assise di Appello di Napoli ha riportato un certo senso di giustizia per la famiglia di Antonio.
Era il 18 febbraio del 2020 quando i carabinieri del nucleo investigativo di Napoli diedero esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip del Tribunale partenopeo su richiesta della Dda nei confronti di Enrico La Salvia, alias Ze Pequeno, per l’omicidio di Bottone e il tentato omicidio di Pandolfi. Determinanti furono i verbali delle dichiarazioni rilasciate dal collaboratore di giustizia Pandolfi e da altre gole profonde della criminalità organizzata napoletana.
La sorella della vittima: “Il perdono lo lascio a Dio”
Lo hanno scandito sin da subito: Antonio non c’entrava nulla con la camorra. Lo hanno detto quando i carabinieri hanno avviato le indagini, nell’autunno di sette anni fa, quando la vittima fu associata alla criminalità organizzata, un mondo che la famiglia Bottone ha sempre ripudiato. E quando nel luglio del 2021 fu pronunciata la sentenza di assoluzione nei confronti di Enrico La Salvia, per loro fu come se Antonio fosse stato ucciso per la seconda volta. Ieri, però, i familiari del 28enne ucciso per errore nel novembre del 2016, hanno finalmente conosciuto il concetto di giustizia. “La mia sofferenza è stata e continua ad essere immensa. Sono passati sei anni da quando questa ferita si è aperta e nessuna sentenza potrà mai restituirci Antonio”, ha commentato Luigi Bottone, padre della vittima, esprimendo un sentimento misto di sollievo e dolore. La madre Patrizia Polito ha dichiarato di aver perdonato l’uomo che ha sparato ed espresso il desiderio di abbracciare la madre di quest’ultimo, comprendendo il dolore che entrambe le famiglie stanno affrontando. La condanna all’ergastolo di Enrico La Salvia rappresenta una tappa significativa nella ricerca di giustizia per l’omicidio di Antonio Bottone. Tuttavia, resta il fatto che nessuna sentenza potrà mai colmare il vuoto lasciato dalla prematura scomparsa del giovane. L’episodio tragico rimane un monito sulla necessità di contrastare e debellare la violenza legata alla criminalità organizzata, che continua a colpire vite innocenti e distruggere famiglie. “Qualsiasi cosa io dica, nulla mi darà mio fratello indietro – ci ha detto la sorella Barbara – ma sono grata alla giustizia e all’avvocato Sergio Pisani per aver privato della libertà un assassino, non soltanto per mio fratello, ma per l’intera comunità. Non si uccide in questo modo un figlio, un fratello, un amico, senza pietà e senza connessione alla sua di vita. Mi basta sapere che un individuo così senza scrupoli e senza cuore sia in carcere per il resto dei suoi giorni. Il perdono? Lo lascio a Dio”.
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