WASHINGTON (USA) (LaPresse/AFP) – Ancora Facebook, ancora privacy, ancora accuse di violazioni al social network di Mark Zuckerberg. Il New York Times ha rivelato che la compagnia avrebbe stretti accordi con i produttori di telefoni e altri dispositivi. Ciò perché potessero accedere a una grande quantità di informazioni personali degli utenti. “Ovviamente”, senza il loro consenso. Intese, secondo il quotidiano, raggiunte negli ultimi dieci anni con almeno 60 produttori di smartphone, tablet e dispositivi mobili tra cui Amazon, Apple, Blackberry, Microsoft e Samsung.
Gli accordi sarebbero tuttora in vigore anche se Facebook avrebbe iniziato a ridurli a partire da aprile scorso.
In questo modo, la piattaforma avrebbe potuto estendere enormemente il suo raggio d’azione. Lasciando i produttori di dispositivi liberi di offrire e diffondere ai propri utenti alcuni dei servizi più popolari del colosso social. In cambio, Facebook avrebbe permesso a gruppi come Apple e Samsung di accedere alle informazioni personali dei propri utenti e dei loro ‘amici’. Anche nei casi in cui questi ultimi erano convinti di aver negato ogni condivisione dei propri dati.
Facebook ha risposto affermando di non essere “al corrente” di un eventuale accesso fraudolento ai dati personali degli utenti e dei loro amici da parte dei produttori di telefoni.
Il social network ha affermato di aver dato accesso ai dati a quei produttori. Soltanto, però, per consentire che il social network potesse essere usato su vari dispositivi. Visto che ancora non esistevano gli “app store”.
“Non c’erano app stores. Quindi le compagnie come Facebook, Google, Twitter e YouTube dovevano lavorare direttamente con i produttori di sistemi operativi e dispositivi. Questo “per far sì che i loro prodotti arrivassero nelle mani delle persone”.
E la compagnia ha anche detto di “essere in disaccordo” con il NYT sul fatto che i produttori abbiano avuto accesso ai dati personali senza ottenere il consenso degli utenti e installando un’interfaccia Facebook sugli smartphone.
Il tutto sarebbe successo dopo l’accordo del 2011 tra il social media e la commissione federale del commercio americana, destinato a proteggere meglio i dati degli utenti. Le nuove accuse si sommano allo scandalo Cambridge Analytica. Società britannica accusata d’aver raccolto e sfruttato senza consenso i dati personali di 87 milioni di utenti a fini politici. Tra cui a favore dell’uscita del Regno Unito dall’Unione europea e Donald Trump nelle presidenziali degli Stati Uniti.
In una nota, Facebook ha ricordato che prima della creazione di una app standard una sessantina di produttori aveva collaborato per adattare un’interfaccia di piattaforma sui rispettivi dispositivi.
“Li abbiamo controllati dall’inizio”, ha dichiarato Ime Archibong, vice presidente di Facebook, sottolineando che “i partner non potevano integrare i dati senza il permesso degli utenti”. Ha aggiunto che “le informazioni sugli amici, come le foto, erano accessibili sui dispositivi solo se le persone decidevano di condividerle con gli amici”.
Tuttavia, per il NYT questi permessi non erano sempre espliciti.
Inoltre, le ricerche fatte dal quotidiano hanno rivelato che alcuni produttori “potevano recuperare informazioni personali, anche provenienti da amici di utilizzatori che pensavano di aver bloccato le condivisioni”. Facebook ha anche ricordato di aver annunciato ad aprile la fine delle collaborazioni sulle interfacce, a causa della sopraggiunta popolarità dei “negozi di app”.