MILANO – Roberto Formigoni è entrato in carcere a Bollate. L’ex governatore della Regione Lombardia dovrà scontare una condanna a cinque anni e dieci mesi. Condannato ieri in via definitiva dalla Cassazione, Formigoni sconterà la pena decisa per il caso Mauger-San Raffaele. L’ex Secondo quanto stabilito dai magistrati l’ex presidente della Lombardia sarebbe l’autore di una vera e propria ‘rete di corruzione’, fatta di cene, viaggi e gite in barca. Formigoni avrebbe anche acquistato in maniera agevolata una villa in Sardegna. Il tutto utilizzando i soldi sottratti alle casse dell’istituto Maugeri di Pavia e dell’ospedale San Raffaele di Milano.
L’arresto del governatore alle 9 del mattino, l’ordine di carcerazione del procuratore Lamanna
Sono all’incirca le nove del mattino quando i carabinieri bussano alla porta dell’ex governatore Formigoni. I militari dell’Arma si sono diretti al quarto piano di via Ruggiero di Lauria 3. Con loro l’ordine di esecuzione della pena firmato dal sostituto procuratore generale di Milano Antonio Lamanna. Arrivato nel penitenziario nel nord del milanese, è stato soltanto in quel momento che il governatore si è costituito. I legali di Formigoni hanno presentato un’istanza di sospensione dell’ordine di esecuzione. l’ex governatore avrebbe diritto a scontare la pena ai domiciliari in quanto 72enne.
L’indagine delle fiamme gialle: oltre 70 milioni di euro sottratti al Maugeri e al San raffaele
Oltre 70 milioni di euro in un caso e circa 9 milioni in un altro: è quanto sottratto tra il 2001 e il 2011 alle casse della fondazione Maugeri e dell’azienda ospedaliera San Raffaele. Denaro che viaggiava verso società estere ‘schermate’. I soldi tornavano poi nelle disponibilità dell’imprenditore e faccendiere Pierangelo Daccò e dell’ex assessore regionale Antonio Simone. Questi venivano poi ‘indirizzati’ a Formigoni e dei vertici del Pirellone. Vacanze ai Caraibi, yatch in Costa Azzurra e ville in Sardegna, intere casse di champagne e cene in ristoranti stellati. Un mare di lusso paragonato, come si legge nella requisitoria, a un “imponente baratto corruttivo, tenuto conto del suo ruolo e con riferimento all’entità e alla mole della corruzione, che fanno ritenere difficile ipotizzare una vicenda di pari gravità”.