MILANO – “Sono state settimane di continui colloqui. Il fatto però che il Consiglio dei ministri abbia approvato il progetto all’unanimità è stato un traguardo importante. Raggiunto nell’ultimo miglio, anche grazie alla determinata guida del premier che lo ha sostenuto con convinzione. Molti si erano detti increduli o scettici sulla possibilità che questo governo potesse farcela laddove altri erano caduti, compreso l’ultimo. La giustizia da anni è il tema più divisivo in Italia, e le forze politiche dell’attuale maggioranza hanno sensibilità opposte e molto infiammate. Che si sia riusciti ad approdare ad un testo condiviso e comunque incisivo rende il traguardo ancora più significativo”. Così in un’intervista al Corriere della sera la ministra Marta Cartabia.
Il passaggio più complicato della trattativa è stato “indubbiamente la prescrizione, com’era facile prevedere. Gradualmente, in questi mesi le diffidenze e le distanze tra cosiddetti giustizialisti e garantisti si sono accorciate. E questo testo riflette l’apporto di tutti. Le resistenze residue emerse nel Consiglio dei ministri sono nate da esigenze politiche, e non da considerazioni sul merito”, aggiunge Cartabia, che sulla possibilità che in Parlamento i partiti rispetteranno l’impegno di non darsi battaglia sottolinea: “Ripartiamo dai fatti. Il primo giorno di questo governo tutte, dico tutte le forze politiche di maggioranza, compreso il M5S, hanno sottoscritto un ordine del giorno impegnandosi a modificare la riforma del 2019 che peraltro era animata dal giusto obiettivo di limitare la prescrizione dei reati e dei processi, troppo frequente in Italia.
Ma lo ha fatto con un intervento a detta di molti, e anche mio, sbilanciato: trascurando il diritto degli imputati alla ragionevole durata del processo, che è un principio costituzionale e di civiltà giuridica. È vero che il Greco, organo anticorruzione del Consiglio d’Europa, ha richiamato l’Italia per l’alto numero di prescrizioni, ma l’Italia è anche, e di gran lunga, il Paese col più alto numero di condanne della Corte europea dei diritti dell’uomo per violazione della ragionevole durata del processo: 1.202 dal 1959 ad oggi; al secondo posto c’è la Turchia, doppiata, con 608. Su temi così importanti e complessi, bisogna avere l’onestà intellettuale di leggere i dati nell’insieme. Quanto alla lealtà futura, le forze politiche conoscono bene gli impegni presi con l’Europa e le scadenze. Mi auguro che il senso di responsabilità dimostrato da tutti i ministri prevalga su ogni altra considerazione, nell’interesse del Paese”.
(LaPresse)