MOSCA – Vent’anni fa, il 9 agosto 1999, Vladimir Putin veniva nominato primo ministro della Russia dal presidente Boris Yeltsin. Relativamente poco noto e non molto esperto di politica, il 37enne ex funzionario del Kgb sarebbe rimasto al potere per almeno vent’anni. Eletto quattro volte presidente, inserito nella lista delle persone più potenti del mondo e protagonista dei più scottanti scenari politici internazionali.
I 20 anni dell’era Putin
Il 20esimo anniversario arriva però in un periodo di incertezza: la sua popolarità resta invidiabile per molti leader ‘occidentali’. Ma è in calo a causa di economia in difficoltà e peggioramento degli standard di vita. E il dissenso è forte, con massicce proteste a Mosca segnate da migliaia di arresti, sotto la repressione più pesante da quando Putin è tornato presidente nel 2012. Dopo un periodo da premier.
Il dilemma della successione
Il 66enne affronta anche il dilemma della successione. La Costituzione prevede che questo mandato alla presidenza sia l’ultimo. Ma, mentre i rivali sono stati messi fuori gioco e i media sono sotto il suo controllo, non c’è un nome che paia destinato a raccoglierne l’eredità. Per gli analisti neppure questa volta Putin cederà completamente le redini, quando il mandato finirà nel 2024.
Il potere dello zar
Oggi lo scenario è molto diverso dal 2000, quando Putin vinse le prime presidenziali dopo le dimissioni rassegnate a capodanno da Yeltsin. “Nonostante povertà e criminalità, la Russia era ancora una democrazia, un Paese liberale”, dice il giornalista Nikolai Svanidze, che più volte intervistò il giovane leader.
“Dopo 20 anni al potere, non ha limiti: è praticamente uno zar”, prosegue. Per l’analista politico Konstantin Kalachev, Putin partì come liberale pronto a lavorare con ‘l’occidente’, per poi diventare conservatore e ostile. “Sino alla metà degli anni Duemila c’era una vita politica, le elezioni erano competitive”, ha affermato. Dopo la rivoluzione arancione in Ucraina, per il Cremlino sostenuta da governi stranieri in funzione anti-russa, e dopo gli interventi in Iraq, Libia e altrove, Putin è cambiato, dice Kalachev.
Il passato nel Kgb e la repressione cecena
Molti russi progressisti erano preoccupati sin dai primi anni del suo potere, tuttavia, non solo per il passato nei servizi Kgb. Ma anche per la dura repressione dei separatisti in Cecenia quando era premier. Una postura che invece rafforzò la sua popolarità per molti altri, portandolo alla presidenza con il 53% dei voti. Oggi resta popolare in ampi settori, che credono abbia restituito dignità alla Russia dopo il crollo dell’Unione sovietica e garantisca stabilità.
Un difficile passaggio di consegne
Intanto, lui cerca un modo per uscire dal Cremlino senza perdere la propria influenza, dice l’analista Gregory Bovt. Potrà accadere con un breve ritorno al ruolo di premier per aggirare l’ostacolo del limite di mandati come presidente, come già fece nel 2008 (lasciò alla fine del secondo mandato, consegnò il potere a Dmitry Medvedev e divenne premier; fu rieletto nel 2012), dice l’esperto. Oppure potrebbe creare “un organo collettivo per guidare il Paese e restare il capo”, dice ancora Bovt. Facendo il paragone con il Kazakistan, dove Nursultan Nazarbayev si è dimesso ma continua a comandare.
(LaPresse/AFP)