I bunker in casa, la mitraglietta, la Mira Costruzioni e i suoi legami con il mondo dei fratelli Diana

Casapesenna L’azienda, ora di Antonio Falanga, era stata gestita prima da un conoscente di Peppe ‘o biondo e poi dalla cognata

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Ernesto Adriano Falanga (in carcere per armi) e i fratelli Giuseppe e Raffaele Diana (non indagati in relazione alla società Mira Costruzioni)

CASAPESENNA – Una pistola mitragliatrice nascosta in un secchio di pittura: Ernesto Adriano Falanga, al giudice che ha convalidato il suo arresto, aveva raccontato di essersela procurata per difendersi, per sentirsi al sicuro dopo che il padre, Antonio, venne tragicamente ucciso a Lago Patria nel 1995. Una giustificazione, però, che non ha per nulla convinto i carabinieri. E non li ha persuasi non solo per la tipologia di arma scelta per proteggersi (dato che non si tratta di una comune semiautomatica), ma anche perché all’interno dell’abitazione dove era celata (il civico 12 di via Luigi Einaudi – a circa 400 passi da via Mascagni) c’erano due bunker. Questi elementi, associati al fatto che l’immobile – sede dell’arma, del relativo munizionamento e dei covi – dove Falanga, 56enne di Casapesenna, vive con moglie e figlio, è di proprietà del boss Michele Zagaria Capastorta e dei suoi fratelli, hanno spinto i carabinieri a passare al setaccio non solo i rapporti che avrebbe con soggetti (indirettamente o direttamente) connessi ad ambienti malavitosi, ma anche quelli degli altri componenti del proprio nucleo familiare.

La Mira: da Milano a Casapesenna

E così, mentre ci si dedica a capire l’origine e la finalità dei bunker e della pistola mitragliatrice, è finita sotto la lente dei militari la società Mira Costruzioni.

Costituita nel marzo 2022, ha sede legale a Milano, in via Mauro Macchi, in un bellissimo palazzo (a pochi passi dalla stazione ferroviaria). Ma, legami meneghini a parte, l’impresa ha forti radici nell’Agro aversano. Per quale ragione? Perché il titolare di tutte le sue quote è Antonio Falanga, il figlio 34enne di Ernesto Adriano. A vestire i panni di amministratore unico, invece, è tale Domenico Mastroianni di Piana di Monte Verna.

Come detto, la sede principale della società è a Milano, ma ne ha anche delle secondarie. Dove? A San Cipriano d’Aversa (e torniamo, quindi, nell’Agro aversano) e a Tolentino, in provincia di Macerata.

I fratelli Diana

A legare questa società al territorio di Casapesenna non è solo Falanga. Spulciando tra gli atti della Mira sono saltati fuori altri due soggetti che, in modo diverso, la inseriscono con forza nel contesto dell’Agro aversano e, in particolare, tra il 2022 e il 2023, l’hanno connessa ai fratelli Giuseppe e Raffaele Diana. Chi sono? Entrambi sono stati portati a processo dalla Dda di Firenze con l’accusa di aver messo in piedi un’associazione a delinquere, con base in Toscana, tesa a commettere delitti di natura patrimoniale e tributaria, presunta combriccola che si sarebbe mossa con lo scopo di agevolare, dice l’Antimafia, la fazione Zagaria del clan dei Casalesi.
In primo grado i due sono stati assolti, ma il pm Giulio Monferini, titolare dell’inchiesta (che nel gennaio 2021 portò all’arresto dei Diana – misura cautelare successivamente annullata), ha presentato ricorso in Corte d’appello.

Peppe ‘o biondo

Giuseppe Diana, alias Peppe ‘o biondo, sta affrontando anche un secondo processo con un’accusa più grave. Quale? Quella di associazione mafiosa.

Diana è il marito di Raffaella Zagaria, figlia di Elvira Zagaria (sorella del boss Michele) e di Francesco Zagaria, detto Ciccio ‘a benzina (ritenuto dagli inquirenti – fino alla data della sua scomparsa – il collettore tra clan e politici). Peppe ‘o biondo si sarebbe occupato, dice l’accusa, dal 2009 al 2011 della latitanza di Capastorta e sarebbe stato incaricato anche da Giovanni Garofalo ‘o marmularo (uomo di fiducia del boss) di curare alcune delle entrate finanziarie della cosca connesse al business delle slot. Dopo l’arresto di ‘o marmularo (a cui, attraverso la moglie, è legato da vincoli parentali pure Ernesto Adriano Falanga), Diana si sarebbe catapultato nell’imprenditoria, facendo fortuna tra la Toscana e l’Emilia Romagna, reinvestendo in questi territori, sostiene l’Antimafia, i proventi del clan e, secondo gli inquirenti, mantenendo saldi rapporti con i germani Capaldo, nipoti di Michele Zagaria (in particolare con Filippo, il delfino di Capastorta).

In relazione all’accusa di associazione mafiosa, Peppe ‘o biondo è stato condannato in primo grado e a settembre la Corte d’Appello di Napoli dovrebbe emettere il nuovo verdetto (il Tribunale di Napoli non ha ritenuto provata la parte dell’imputazione connessa agli ipotizzati investimenti illeciti al nord).

L’incontro a Spilambergo

Perché la Mira di Falanga avrebbe avuto, in passato, legami (indiretti) con i Diana? Quando è stata costituita, nel 2022, a ricoprire la carica di amministratore e socio unico era tale Michele Martino. Di lui si è trovata traccia proprio negli atti del Gico di Firenze, delegato dal pm Monferini a far luce sulla presunta organizzazione criminale attivata da Peppe ‘o biondo e dal fratello Raffaele.
In quell’inchiesta, sia chiaro, Martino non è coinvolto, ma i militari della guardia di finanza lo hanno segnalato nelle carte perché venne fermato in compagnia proprio di Giuseppe Diana e con tale Nicola Capaldo (classe 1985). I tre, il primo aprile 2007, erano nel parcheggio de Le Scuderie a Spilambergo (in provincia di Modena). Una frequentazione, chiariamo, che non implica alcun tipo di condotta illecita, ma va ad attestare quanto meno una conoscenza – magari fugace, superficiale – tra Peppe ‘o biondo, Capaldo e tale Martino.

La consorte di Raffaele Diana

La permanenza di Michele Martino nella Mira, però, dura pochissimo: da marzo al 30 settembre, quando al suo posto si fa largo Maria Amato. Chi è? La cognata di Peppe ‘o biondo, ovvero la moglie di Raffaele Diana.
La Mira, dopo l’arresto di Ernesto Adriano Falanga, aveva richiamato l’attenzione dei media locali perché inizialmente designata come ditta esecutrice indicata dal consorzio Grade di Torino per un centro polivalente a Villa Literno, progetto gestito da Agrorinasce (che si occupa della gestione e riqualificazione dei beni confiscati alle mafie). Successivamente la Mira è stata rimossa da questo incarico.
Questo intreccio di soci che si passano quote e cariche di amministratore con, sullo sfondo, Casapesenna, ha richiamato l’attenzione dei carabinieri del Nucleo investigativo di Caserta, principalmente interessati a verificare se ci siano eventuali collegamenti, magari mediati da altri soggetti, tra i Falanga e gli Zagaria. Ma, a scanso di equivoci, si tratta solo di un’ipotesi investigativa su cui sono al lavoro i militari, e proprio questo lavoro potrebbe concludersi con il ritenere tale ipotesi totalmente errata.

Ad ogni modo, ora Ernesto Adriano Falanga è in carcere (dallo scorso 18 febbraio) esclusivamente per la detenzione e la ricettazione della pistola mitragliatrice trovata dai carabinieri nel corso di una perquisizione in via Einaudi: non gli è stata contestata alcuna aggravante mafiosa. E, per quanto ci risulta, Antonio Falanga, Domenico Mastroianni, Maria Amato, Michele Martino, Raffaele e Giuseppe Diana e Capaldo non sono indagati in relazione alla Mira e da ritenere (stesso concetto vale per il 56enne) innocenti fino a un’eventuale sentenza di condanna irrevocabile.

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