Abbiamo già lanciato, da queste stesse colonne, un invito alle forze politiche a ritrovare le ragioni prime e vere della deriva populista nella quale sembra essere precipitata, perché sopraffatta e soggiogata, la nostra politica. L’invito era rivolto a tutti coloro i quali tentano, semplicisticamente, di spiegare il rovinoso assalto alla sede nazionale della Cgil di sabato scorso imboccando la strada anacronistica della dicotomia fascismo-anti fascismo. La puntuale riprova della bontà di questo invito, e dell’analisi che l’ha preceduto, è venuta da Milano allorquando le contestazioni di piazza sono state corroborate dalla posizione assunta dai sindacati autonomi, come il Cobas, nonché dalla posizione pubblica assunta dai rappresentanti di alcuni partiti della sinistra antagonista. Al grido “i fascisti siete voi” i militanti di Rifondazione comunista, quelli del Partito comunista italiano e di altri gruppi minori, hanno puntualizzato che le loro contestazioni non potevano essere etichettate e commentate solo attraverso lo sdegno e la condanna dell’assalto alla sede del sindacato rosso, come espressione di un atto di “squadrismo fascista”. Le manifestazioni insomma, dovevano essere intese come il coagulo di una protesta sociale che invocava libertà e pieno godimento dei diritti costituzionali denegati dai divieti imposti a quanti non vogliono piegarsi al diktat governativo sul Green Pass. In soldoni: i facinorosi di Forza Nuova sono da considerarsi degli infiltrati che non rappresentano affatto le diverse ragioni di fondo dei protestatari. E le decine di migliaia di manifestanti scesi in piazza, non possono essere sbrigativamente catalogati come fascisti né tantomeno come attentatori delle libertà altrui, tantomeno delle forze sindacali che rappresentano i legittimi interessi dei lavoratori, nel libero e democratico confronto tra datori di lavoro e dipendenti. In parole povere, come avemmo già a scrivere, dietro la protesta montante si nascondono varie motivazioni che si accordano con il malessere dell’aumento dei beni di prima necessità che incidono non poco sul ceto medio e su quelli meno abbienti. Un combinato disposto che fa da spinta propulsiva e che consente ai mestatori di mestiere, come le frange neo fasciste e quelle anti sistema, di sfruttare la situazione per i loro precipui scopi. Un altro elemento che incide non poco è l’estrema debolezza del sistema politico e dei partiti, ridotti a megafono per leader ciarlieri ed a volte ciarlatani che remano come la corrente indica, privi di una visione d’insieme e di un progetto organico di riforme, nel futuro, di risposte concrete nell’immediato. Il governo fa la sua parte ma senza lo stimolo dei partiti, ridotti ad espressione leaderistica, privi di un luogo e di strumenti per il dibattito ed il confronto interno sulle cose da fare, mancano infatti le indicazioni vincolanti e chiare sulla rotta da seguire. In parole povere: un vero e proprio corto circuito viene a realizzarsi ed a legare la piazza direttamente all’esecutivo, creando le premesse per una nuova stagione di assemblearismo permanente che sfocerà nel moralismo d’accatto, nella lotta al sistema parlamentare e nella quotidiana esecrazione dei politici e della politica. Una follia già vissuta con i seguaci di Grillo, assurti a farlocchi depositari dell’unico bene e dell’unica verità: quella maturata e sacramentata sui social o nelle piazze del “Vaffa Day”. Se in questo calderone ribollente si aggiungono le strampalate e risibili dichiarazioni del vice segretario del Pd, Giuseppe Provenzano, che rispolvera “l’arco costituzionale” per tentare di estendere a Fratelli d’Italia la gogna fascista, siamo in piena bagarre. Se i partiti sono latitanti ed al loro vertice regna incontrastato il leader per il mezzo del quale essi vengono identificati, la cooptazione è il sistema per selezionare le altre cariche dirigenti, è chiaro che le cose strampalate vengono a galla. Aggiungendo la miseria culturale e la cancellazione dei valori fondanti che una volta identificavano i partiti medesimi, tutto si trasforma in estemporaneità ed in propaganda di circostanza. Tutta questa improvvisazione al centro genera qualunquismo diffuso in periferia, provoca la disgregazione del tessuto politico, l’apoteosi delle liste civiche e delle più bizzarre alchimie. In questo spazio cresce la mala pianta dell’anti-politica, si fanno spazio gli avventurieri e la piazza trova il “Masaniello” di turno al quale affidarsi. Per quanto ormai povero di contenuto l’agire politico e forte la possibilità, attraverso l’uso sapiente dei social network, di creare protesta, nel Belpaese le garanzie costituzionali, le libertà e le prerogative civiche in capo ai singoli cittadini, non sono facilmente conculcabili. I padri costituenti seppero organizzare le istituzioni rendendole autonome e protette sia dal ritorno delle mezze calzette in stivaloni ed orbace, sia da quella faziosa doppia morale e dall’allarmismo di convenienza ed a senso unico che la sinistra italiana mantiene vivo e professa. Non manca la libertà, manca la serietà.