Napoli, faida di Pianura: il boss Antonio Carillo è in fuga

NAPOLI – Un fantasma, un introvabile, un fuggitivo. Un latitante. Il boss Antonio Carillo è ancora a piede libero. Il capoclan classe 1991 è riuscito a sfuggire alla cattura e a eludere le manette che di rumore ne hanno fatto, giovedì scorso, quando la Squadra Mobile ha fatto irruzione a Pianura per eseguire un’ordinanza a carico di elementi apicali, affiliati e gregari delle cosche della periferia occidentale, quella periferia dilaniata da una lunga faida che ha terrorizzato il quartiere.

Carillo, vertice della consorteria criminale di via Evangelista Torricelli alleata ai Perfetto, non figura nell’elenco delle persone finite in manette. Un colpo di scena emerso nelle ultime ore. In realtà non è l’unico irreperibile dei 34 destinatari del provvedimento. All’appello mancano, infatti, anche Anthony Manuel Lopes (ritenuto organico ai rivali dei Calone-Esposito-Marsicano) e altri due uomini, questi ultimi profili sui quali gli investigatori mantengono il massimo riserbo.

Dopo il blitz di giovedì scorso, il giovedì nero della camorra napoletana, gli uomini in divisa non hanno mai lasciato il quartiere. Le persone del posto pensavano che la presenza costante delle forze dell’ordine fosse una conseguenza delle indagini sul brutale omicidio di Andrea Covelli, il giovane rapito, ammazzato e seppellito nella zona della ‘Selva’, ritrovato sotto un metro di terra dopo interminabili giorni di ricerche. E invece no: se la polizia continua a blindare il quartiere, se gli abitanti continuano a sentire sirene e vedere lampeggianti, è anche perché gli irreperibili sono ben quattro. Quattro uomini che sono scappati giusto in tempo, che forse avevano fiutato l’odore della polizia e che si sono date alla macchia in extremis. Trenta, dunque, le persone arrestate sei giorni fa, e non trentaquattro, come avevano spiegato le forze dell’ordine.

Nessun dubbio, invece, sul ruolo giocato da Carillo nello schema criminale del posto. Figlio del ras Lorenzo Carillo e nipote del boss, oggi pentito, Pasquale Pesce, il gip Federica De Bellis lo descrive come capo e organizzatore del gruppo, colui che impartisce direttive agli associati in ordine alla diretta gestione della piazza di spaccio e relativa alla vendita di cocaina, hashish, crack e altre droghe, sia attraverso il costante rifornimento della stessa, sia attraverso il controllo dei titolari delle altre piazze di spaccio, esistenti a Pianura, tramite il rifornimento delle stesse nonché tramite la imposizione del versamento di una quota dei proventi illeciti nonché curando il coordinamento e l’impiego delle strutture e delle risorse associative, nonché reperendo i mezzi, anche finanziari, per l’acquisto delle sostanze stupefacenti e comunque necessari alla realizzazione del programma criminoso.

Dalle indagini è emersa l’esistenza di una piazza di spaccio al civico 460 di via Evangelista Torricelli gestita proprio da Antonio Carillo. Una realtà affiorata anche grazie alle intercettazioni ambientali. In una di queste si sente il capoclan parlare ai propri sodali, con orgoglio, dei proventi della ‘base’: “Perché… ’o frat… con noi spartiamo una media di quattro, cinquemila euro al mese qua sopra per uno, mo’ gli dissi, ‘ua .. ma come fai non campare. o frat’.. al di fuori di qualche altra cosa che ti sei creato prima che ti mettevi con me, normale qua abbuschiamo tra i quattro e i cinque mensili ’o frat. Questa è una piazza da ventimila euro di guadagno al mese”.

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