C’è stato un periodo, otto-dieci anni fa, in cui a Ferragosto nelle carceri c’era folla. Folla di politici di ogni livello, intendo dire, dall’attivista comunale al parlamentare al ministro, che ritenevano doveroso informare la stampa della loro visita istituzionale nelle patrie galere. Poi, piano piano, l’interesse della nostra classe dirigente nei confronti delle condizioni dei detenuti ha cominciato a scemare, tant’è che oggi, esattamente come prima che scoppiasse la ‘moda’, sono rimasti solo i Radicali a mantenere la tradizione. E pensare che nel 2009, per la prima edizione di ‘Ferragosto in carcere’, ben 150 politici risposero all’appello di Rita Bernardini allo scopo di effettuare “una ricognizione approfondita della difficilissima situazione delle carceri italiane”. Oggi, 12 anni dopo, giusto Roberto Giachetti sarà a Roma, a Regina Coeli; tutti gli altri sono rimasti in spiaggia, a casa o al ristorante con le loro famiglie, alla faccia della ‘giustizia giusta’ che continua a restare un miraggio. Sarà che nel frattempo le carceri italiane sono diventate come quelle della Svezia? Ma neanche per sogno. I dati, e i fatti, dicono il contrario, e il caso Santa Maria Capua Vetere (il pestaggio di massa dei detenuti per il quale sono sotto inchiesta una 90ina tra dirigenti e agenti penitenziari), l’ultimo in ordine di tempo, è solo la punta dell’iceberg di un sistema assolutamente da riformare. Nonostante i continui appelli, i nostri istituti di pena devono fare i conti con situazioni a dir poco complicate: dal dramma del sovraffollamento passando per la cronica carenza di organico della polizia penitenziaria, fino allo stato di fatiscenza di molte strutture. Il lavoro che stanno svolgendo i Garanti è senza precedenti: un’opera meritoria che è l’anello di congiunzione tra le realtà di privazione della libertà e l’esterno, che assicura che non venga mai meno la dignità della persona né il rispetto del dettato costituzionale. Ma il tema è troppo complesso per poter essere lasciato a un solo uomo per regione, tutt’al più per struttura penitenziaria. Serve il sostegno della Politica, nella sua accezione più ampia, serve una riforma seria, serve un’attenzione capillare. Servono le visite ispettive – e non le passerelle di Ferragosto, certo – perché è fondamentale sapere cosa accade realmente dietro le sbarre. Il carcere non è un mondo a sè. E’ una parte del nostro mondo. E se è vero come è vero che “Il grado di civilizzazione di una società si misura dalle sue prigioni”, come scriveva Dostoevskij, sarebbe il caso di dedicarci più di una mattinata a favore di flash.