Il mondo sottosopra e varia umanità dolente

“L’insuccesso ti ha dato alla testa”. Così, il 23 novembre del 1960, il pittore Mino Maccari cercava ironicamente di consolare l’amico Ennio Flaiano dopo il clamoroso flop dell’opera teatrale “Un marziano a Roma” di cui il grande intellettuale aveva scritto la sceneggiatura. Un aforisma che potrebbe ben attagliarsi, oggi, a molti di quei politici che quotidianamente rilasciano interviste poi riprese e propinate agli spettatori nel corso del solito “pastone giornalistico” che i vari tg ci propinano ogni sera. Tuttavia a questi personaggi manca quel pizzico di ironia che è poi il condimento della bella intelligenza di chi ha l’umiltà di soppesare i propri errori ed accollarsene la responsabilità in un contesto falcidiato dall’ignoranza e dall’improvvisazione, costellato di tesi preconcette e contrarie a quelle del governo in carica. Giuseppe Conte, leader di quello che fu il Movimento Cinque Stelle, col suo mantra eufonico quanto inattuabile, può certamente fare proprio il motto di Flaiano. Il suo, d’altronde, è stato l’unico esempio della storia repubblicana di un primo ministro succeduto a se stesso sostenuto da coalizioni politiche di segno diametralmente opposto (prima con la Lega, poi col Pd). A Palazzo Chigi, l’ex avvocato del popolo ha vissuto un lasso di tempo nel quale, disorientato per mancanza di bagaglio politico ed orientamento valoriale, è riuscito a saccheggiare le casse dello Stato in nome di un assistenzialismo di massa (reddito di cittadinanza) e di un’avventura statalista e dissipatrice (il super bonus). In dote, l’ex premier ha lasciato un bel buco che ha accresciuto la tradizione dell’intervento keynesiano in economia e del relativo ulteriore aumento del debito pubblico. Stiamo parlando di svariate centinaia di milioni di euro di deficit con a corredo un lampante esempio di furbizie ed imbrogli da parte dei beneficiari dei citati provvedimenti. Il che conferma come nel Belpaese il socialismo e la “dissipazione-redistribuzione” della ricchezza siano ancora la teoria socio-economica di riferimento di chi ci governa. Insomma: un pesante fardello deposto sulle spalle dei posteri al quale vanno aggiunti gli ulteriori debiti del Pnrr contratto con l’Ue per finanziare i più disparati progetti. Risultato: il quadro delle ipoteche lasciate al governo oggi in carica si approssima ad una desolante e nerissima realtà. La lunga durata dell’estate ha concesso al popolo dei contribuenti l’illusione che l’autunno fosse lontano e che la stagione dei provvedimenti di Bilancio fosse ancora di là da venire. Purtroppo così non è ed i nodi, a poco a poco, stanno venendo al pettine. Nodi rappresentati dalla scarsità di risorse economiche da destinare alla collettività ed al contrasto della crisi economica, con tutto quello che ne consegue in termini di costo della vita. Un semplice esempio ben rende lo stato delle cose sulla più iniqua delle tasse, ossia l’inflazione che colpisce tutti i ceti sociali. Ogni aumento dell’indice infatti costa alle casse dello Stato la bellezza di 14 miliardi di euro, andando a pesare sulla disponibilità di spesa. Un altro celebre aforisma, questa volta di Flaiano, ci soccorre invece per Elly Schlein: “Non sono comunista perché non me lo posso permettere”. Una frase che testimonia come buona parte dei dirigenti e dei più noti sostenitori di quel partito in Italia proveniva da famiglie agiate economicamente, ma non quanto la Schlein la quale, da buona milionaria svizzera, persegue un ritorno allo statalismo classico ed alla lotta contro la ricchezza per farne, ipoteticamente, una a vantaggio alla povertà. Eppure è passato mezzo secolo dalla definitiva sconfitta storica, politica, economica di queste tipologie di società edificate sui principi ispiratori del segretario del Pd. La giovane “pasionaria” non si raccapezza ancora che i ceti elettorali di riferimento si siano dileguati oppure, peggio ancora, trasformati da proletari in piccolo borghesi con le comodità e gli stili di vita propri di quell’universo di riferimento un tempo duramente osteggiato. Alla fine della fiera quel che se ne trae è una desolante incongruenza, anacronistica e velleitaria, del fronte delle opposizioni. Non c’è da rallegrarsene perché la democrazia funziona se il controllo parlamentare e le proposte alternative che quest’ultimo propone, sono valide e non strumentali. Se invece il debito lo ha incrementato chi oggi protesta, lasciando poche risorse al governo in carica per il varo della legge finanziaria, ecco che le cose si ingarbugliano ulteriormente! L’esecutivo si accinge a tagliare le tasse sul lavoro e le pensioni attraverso la riduzione dell’incidenza del prelievo fiscale (cuneo) eppure da sinistra gli si rinfaccia che poco concede in settori vitali come la Sanità. La stessa sinistra antagonista,per bocca di Fratoianni, chiede di non dare soldi al privato (!ù!) facendo finta di non sapere che il debito in Sanità, fino a prova contraria, lo produce da sempre la gestione statale della sanità! Insomma: il mondo sottosopra e varia umanità dolente…

*già parlamentare

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