Diventa sempre più difficile farsi strada nel mondo della pittura, non solo perché gli emergenti fanno fatica a ottenere visibilità ma anche perché quello dell’arte è diventato un mercato altamente competitivo. Il pittore 26enne Angelo Guaglione, originario di Napoli, mi ha ospitata nel suo laboratorio a Villa Literno: quadri appesi ai muri, pennelli, colori ad olio, acquerelli, una tavolozza imbrattata, delle sedie e una scrivania dedicata alle firme dei suoi ospiti. Questo è lo scenario nel quale il giovane artista ha deciso di raccontarmi la sua storia.
Cosa ti ha spinto verso la pittura? Hai sempre avuto una passione per l’arte o è stata una scoperta più recente?
«Credo che la passione per l’arte sia nata quando ero bambino. Mia madre, anche lei pittrice, da piccolo mi intratteneva facendomi giocare con i suoi colori, quindi ho a che fare con questo mondo da che ho memoria. Crescendo, frequentando il liceo artistico, mi sono avvicinato di più alla pittura, prediligendola per la sua capacità comunicativa. Poi per un po’ di tempo, a causa di problemi personali, ho accantonato tutto vivendo un periodo abbastanza buio. Nel 2019, saturo di questa situazione, ho riscoperto il colore. Era l’unica cosa che mi faceva stare bene. Da allora ho deciso di approcciarmi seriamente a questo mondo».
Quali sono le principali influenze artistiche che hanno plasmato il tuo stile e la tua tecnica?
«Probabilmente un po’ tutte quelle in cui mi sono imbattuto. Credo che ogni artista sia il frutto di tutte le sue esperienze. Le mie principali influenze, però, sono sicuramente le avanguardie del Novecento. Picasso è tra i miei artisti preferiti, insieme a De Chirico e Renato Guttuso, a cui ho dedicato un quadro. Non so dire, da un punto di vista tecnico, quale sia la mia fonte di ispirazione».
Come descriveresti il tuo stile artistico e quali sono i temi principali che affronti nei tuoi quadri?
«Non amo descrivere il mio stile, anche perché non credo sia ancora definito, la mia è una costante ricerca. Alterno fasi in cui scelgo precisamente come realizzare un quadro, con uno studio della composizione eccetera, ad altri in cui prevale l’estemporaneità. Questo porta anche a definire i temi, che sono principalmente di carattere biografico, come l’espressione dei miei stati d’animo e dei miei pensieri. Credo sia una pittura molto personale e psicologica, ma allo stesso tempo che rimanda a caratteri universali e alla condizione umana».
Puoi condividere con noi alcune delle mostre o delle esposizioni a cui hai partecipato finora? C’è stata una mostra che ti ha fornito un’esperienza significativa?
«Ho avuto la possibilità di partecipare ad alcune mostre tra cui la biennale internazionale d’arte contemporanea “BeneBiennale” di Benevento nel 2016, grazie al liceo. Nel 2020 ho partecipato alla mostra collettiva “I Nuovi Anni 20” presso il palazzo Ducale di Genova. Nel 2022 ho partecipato alla collettiva “Stanze Pittoriche” presso la galleria d’arte contemporanea “Spazio Vitale” di Aversa. Quasi tutte le esperienze hanno contribuito, e contribuiscono, alla mia crescita come artista, in particolare grazie al confronto che generano con altri artisti e personalità del mondo della critica».
Quali sfide o difficoltà ritieni che gli artisti, in particolare i pittori, affrontino nel contesto attuale dell’industria artistica? Cosa pensi possa essere fatto per supportare la crescita e il riconoscimento degli artisti emergenti?
«Sono tante le difficoltà. Emergere è difficile a causa della competizione, della capacità di ottenere visibilità e dei costi di cui questa può necessitare. In generale è difficile fare esperienze tra gallerie e mostre, soprattutto se si hanno poche conoscenze nel settore che possono indirizzarti. I social aiutano molto, ma è un’arma a doppio taglio in quanto molto spesso, su queste piattaforme, si predilige la pura estetica sorvolando sul profondo significato di una singola opera. Non so ben dire cosa potrebbe essere fatto per supportare la crescita di artisti emergenti. Sicuramente offrire più opportunità di visibilità gratuite».
Quali sono i tuoi sogni e obiettivi a lungo termine come artista? C’è qualcosa di specifico che desideri raggiungere o un messaggio che speri di comunicare ?
«Spero di lasciare un ricordo, che le mie opere continuino a vivere una volta che non ci sarò più e che siano in grado di suscitare emozioni. Ho sempre detto che, a prescindere dal fatto che i miei quadri vengano apprezzati o meno, nel momento in cui riesco a far riflettere qualcuno su quello che sta osservando per me è una vittoria. Perché significa aver mosso qualcosa, aver catturato l’attenzione, essere stato capace di porre un interrogativo. Poi, indubbiamente, spero di poter fare della mia pittura il mio lavoro, la mia fonte di vita e di poter ricevere riconoscimento a livello internazionale».