L’intervista. Scalfarotto: “Carceri e diritti civili, Iv lontana da sovranisti e populisti”

La visita al penitenziario di Poggioreale: “Sovraffollato, vetusto e con poco personale”. Sul terzo mandato per De Luca: “Un grande potere non va esercitato per troppo tempo”

Ivan Scalfarotto (Foto Fabio Cimaglia / LaPresse)

NAPOLI – Distante dal sovranismo della destra e dal populismo in salsa grillina, con gli occhi puntati sul rispetto della democrazia e della Costituzione. Ivan Scalfarotto (nella foto), ex sottosegretario di Stato al Ministero degli Interni, agli Esteri e a quello dello Sviluppo economico, ieri ha visitato il penitenziario di Poggioreale, nel cuore di Napoli, dopo aver partecipato alla presentazione del Pride, per raccogliere informazioni, per mettere a punto proposte per migliorare la vita dei detenuti, per fare in modo che i diritti delle persone, dentro e fuori dalle mura del carcere, vengano rispettati. Il senatore di Italia Viva ha raccontato a ‘Cronache’ la sua visione.

Senatore, ha visitato il carcere di Poggioreale. Cosa ha trovato all’interno e quali sono le principali necessità che ha individuato?

Ho trovato un carcere antico, vetusto, che necessita di interventi di ristrutturazione così come molti altri penitenziari italiani. Non bastano le riparazioni. Servono ammodernamenti e una pianificazione seria. Il direttore mi ha assicurato che presto ci sarà la ristrutturazione di 4 padiglioni, ma è necessario stringere i tempi e programmare il futuro. A Poggioreale preoccupa molto il sovraffollamento: in carcere ci sono oltre 2000 persone in una struttura che potrebbe ospitarne al massimo 1700. Dovrebbero esserci 900 agenti della polizia penitenziaria e in servizio ce ne sono 200 in meno. Sono problemi simili ad altre carceri italiane, certo, ma con l’aggravante che quello di Napoli è molto grande e non è raro vedere sei o sette detenuti in una stanza.

E’ necessario intervenire sul potenziamento delle strutture e del personale o sarebbe meglio puntare sulla differenziazione delle pene?

Su questo tema, con me, sfonda una porta aperta. Non bisognerebbe ricorrere soltanto alla reclusione come pena, ma essere molto più illuminati e utilizzare sanzioni ugualmente afflittive e anche più effettive, che però offrono maggiori possibilità di riabilitazione alla persona. Il delinquente che cambia vita è un vantaggio per l’intera società. Questo governo, però, al di là delle parole del ministro Nordio, tende ad avere un approccio cosiddetto panpenalistico rispetto ai problemi della società. Se non si vuole utilizzare di meno la reclusione, è indispensabile almeno investire sul potenziamento delle strutture. Perseguire entrambe le strade sarebbe l’ideale, magari investendo anche sul personale e la sanità. Mi lasci spendere qualche parola su questo.

Prego.

Anni fa tra le competenze del Ministero della Giustizia c’era quella di occuparsi della sanità nelle carceri. Successivamente il compito è stato trasferito alle Asl, per il principio che le persone non sono diverse in carcere e fuori. Vero, ma la medicina penitenziaria ha le sue specificità e spesso al personale non viene messa a disposizione una formazione adeguata. E’ un aspetto, questo, che non sempre viene preso in considerazione. A Poggioreale, per fortuna, ho trovato una sorta di ambulatorio e il clima tra il personale carcerario e quello sanitario è di buona collaborazione.

A Santa Maria Capua Vetere, invece, il problema principale è quello della carenza di personale della polizia penitenziaria, anche a causa dell’inchiesta sulle violenze da parte degli agenti che ha, per ora, notevolmente ridotto l’organico.

Ahimè, sì. Quello è un grosso problema. La tutela delle persone detenute è una cartina di tornasole delle garanzie di uno Stato democratico. Il principio dell’habeas corpus è quello fondamentale delle democrazie occidentali e risale al dodicesimo secolo. Se lo Stato non riesce a utilizzare l’arbitrio sulle persone detenute, deve trattarle in modo che lo scontro non sfoci mai in un trattamento inumano e degradante. Così non può esistere, chiaramente, alcuna riabilitazione della persona.

Domani Napoli ospiterà il Pride: oggi i temi dei diritti civili sono più o meno centrali rispetto a ieri?

Sono sempre centrali, ma in questa fase ci sono questioni aperte molto dolorose per il nostro Paese. Penso a quella che riguarda i bambini e la registrazione dei figli delle coppie dello stesso sesso. Sembravamo avere archiviato la barbarie dei figli di serie B, avendo eliminato la categoria dei figli illegittimi, e invece siamo tornati a una sorta di bambini che hanno meno diritti di altri e che vengono trattati peggio dallo Stato perché nati in un modo invece che in un altro. Se andiamo a chiedere a un bambino come è nato, facciamo una operazione inaccettabile dal punto di vista etico e democratico. I bambini sono tutti uguali e non ci può essere alcuna autorità che possa dire a un bambino che la figura che riconosce come padre o madre, da un giorno all’altro non è più suo padre o sua madre. Questo tradisce qualsiasi spirito non solo di civiltà ma anche di umanità.

In piazza ci sarà anche il Pd targato Schlein. Il dialogo con Italia Viva è possibile dal punto di vista del percorso politico?

Siamo partiti diversi perché su molte questioni la pensiamo diversamente. Sulla difesa dell’Ucraina, il termovalorizzatore di Roma, le politiche energetiche siamo su posizioni molto distanti. Possono esserci certamente dei punti di contatto. Con Elly Schlein condivido molte idee, a titolo personale ho presentato una proposta di legge sulla Gpa solidale e so che lei a titolo personale è favorevole, ma su molte altre siamo lontani. Ed è per questo che siamo in due partiti diversi.

In queste ultime settimane sono continui gli appelli dei moderati a unire le forze. Forza Italia, Azione e Italia Viva si osservano con interesse ma nessuno tende la mano. Chi potrebbe guidare un processo unitario?

Fin a quando una forza del Partito popolare europeo come Forza Italia sarà alleata con la Lega, che va a braccetto con Marine Le Pen, o con Fratelli d’Italia, che dialoga con Orban, Kaczyński e Morawiecki, con tutto il rispetto, non ci sarà molto da dirsi. Diverso è, invece, parlare a un mondo di elettori pragmatici, europeisti, che non si riconoscono nelle politiche sovraniste della destra o in quelle populiste della sinistra, come quelle proposte da Giuseppe Conte. In questo caso non è una questione di ceto politico, ma di proporre un progetto a un pezzo d’Italia europeista, pragmatica e non assistenzialista, che pensa che prima di distribuire la ricchezza bisogna crearla. C’è una sana competizione tra forze politiche che vogliono parlare a quel pezzo di Paese che oggi non sembra avere una rappresentanza degna di questo nome.

Ritiene giusto un terzo mandato per il governatore campano Vincenzo De Luca?

Non ne faccio una questione personale. Quando c’è l’elezione diretta di un sindaco o di un presidente di Regione, il vincitore viene investito direttamente dai cittadini di una grande autorevolezza e di un grande potere. Quando una legge elettorale lo attribuisce a una carica monocratica, questo potere non può essere esercitato per un tempo infinito. E’ possibile avere poco potere per tanto tempo o molto potere per poco tempo. In una democrazia dovrebbe funzionare così. Vale per i presidenti di Regione, per i sindaci dei grandi comuni e anche per il Presidente degli Stati Uniti, che è un incarico quasi monarchico e infatti la Costituzione pone il limite dei due mandati. Per me è preferibile che questi incarichi non si prolunghino troppo.

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