Il Pd prova a cambiare. Ma sulla divisione segretario-leader è già tutti contro tutti

Anche da Base riformista arrivano i primi niet

ROMA – Il Pd vuole cambiare, sul come però è già tutti contro tutti. È Maurizio Martina, incaricato da Nicola Zingaretti di presiedere la commissione di revisione dello statuto Dem, ad aprire il dibattito immaginando un partito che “dovrà essere sempre più un movimento che coinvolge gli elettori con referendum in rete sui singoli temi, e sempre meno un partito di notabili che gestiscono tessere e consenso interno”. Un partito, soprattutto, in cui “il segretario non sarà automaticamente il candidato premier”. L’ex segretario anticipa di fatto le proposte che annuncerà all’assemblea del Pd di sabato prossimo, ma le sue parole scatenano subito le polemiche della minoranza interna.

Le perplessità di Giachetti

“Nella mia ingenuità pensavo che la commissione statuto fosse una cosa seria nella quale confrontarsi e decidere. Invece leggendo Martina questa mattina capisco che hanno già deciso tutto. Come si faceva ai tempi del centralismo democratico. Però fianco a fianco…”, scrive su Twitter Roberto Giachetti, leader della mozione ‘Sempre avanti’.

Il dissenso della base riformista del Pd

Anche da Base riformista arrivano i primi niet: “Vorrei capire: ma è già stato deciso tutto? La maggioranza del partito è per il superamento della vocazione maggioritaria che sta nella coincidenza segretario-candidato premier? 1- Come lo scegliamo il candidato premier? 2- Con primarie o chiusi in una stanza in quattro persone?”, si domanda Alessia Morani. Lorenzo Guerini, leader della corrente insieme a Luca Lotti, già nella convention d’area a Montecatini aveva espresso la propria contrarietà alla separazione delle cariche tra candidato premier e segretario. “Se poi la maggioranza porterà questa proposta – spiega – per noi il candidato premier va scelto con le primarie”.

La linea di Martina

Il clima si surriscalda e Martina è costretto a precisare. “Ho esposto alcune mie idee sui temi della riforma del partito. Si può essere d’accordo o meno, ciascuna opinione va rispettata, se ne parlerà e la Commissione serve esattamente a questo. Poi l’assemblea nazionale Pd sarà sovrana, anche perché è il solo luogo deputato alle decisioni finali su questi temi. Vorrei dire a tutti che possiamo confrontarci serenamente, senza polemiche, e cambiare insieme il Pd”, assicura. E a dimostrazione del fatto che la commissione farà sul serio, il presidente proporrà all’assemblea di ‘arruolare’, quali consulenti esterni, i politologi Mauro Calise e Michele Sorice, e la presidente dell’Arci Francesca Chiavacci.

I possibili leader

La divisione dei due incarichi, comunque, non ha solo dei nemici. Sono tanti i possibili ‘leader’, da Gentiloni a Sala, da Calenda allo stesso Renzi, che potrebbero decidere di scaldare i motori. E non tutti per forza da dentro il Pd.

(LaPresse/di Nadia Pietrafitta)

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