Se non andasse in scena, il teatrino tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini, dovremmo iniziarci a preoccupare. Perché fin quando ‘discutono’ a distanza, fin quando si trovano in disaccordo, è normale. Il governo penta-leghista, del resto, si tiene sullo scontro tra i due leader e i gruppi politici che rappresentano. Lo hanno fatto anche sulla ‘Via della Seta’, l’accordo firmato ieri dalla Cina con l’esecutivo italiano
“Sono contento che il presidente cinese venga in Italia, bene il memorandum, ma questo deve essere a parità di condizioni“, ha commentato Matteo Salvini: “Non è una competizione normale, non mi si venga a dire che in Cina vige il mercato libero“.
Ha indossato i panni del guastafeste, il leader del Carroccio. E subito è arrivata la replica di Luigi Di Maio, capo degi grillini. “Salvini ha il diritto di parlare, io come ministro del Mise ho il dovere di fare i fatti e i fatti sono la firma di accordi per 2,5 miliardi. Con questi accordi ci aspettiamo un riequilibrio della nostra bilancia commerciale con la Cina. C’è troppo Made in Cina in Italia e poco Made in Italy in Cina”.
Il patto è stato commentato positivamente anche dal premier Giuseppe Conte: le due nazioni, ha spiegato il presidente del Consiglio, devono “impostare relazioni più efficaci e costruire meglio rapporti che sono già molto buoni”.
Equilibrio instabile nella creatura giallo-verde. E sembra che l’esecutivo abbia trovato la forza di andare avanti proprio nell’esplicitare il dissenso al suo interno. Chi ne subirà le conseguenze? I cittadini, che attendevano l’ondata di riforme che avrebbe dovuto farli stare meglio. Perché gli scontri, i bracci di ferro, possono pur tenere in piedi il governo, ma lo bloccano.
Le elezioni in Basilicata saranno l’ennesimo banco di prova per attestare gli attuali rapporti di forza tra Movimento 5 Stelle e Lega, relazioni che al momento si sono invertite.
