Inchiesta sul clan dei Casalesi, in tredici rischiano il processo

Rispondono a vario titolo di associazione mafiosa, estorsione, armi, droga e trasferimento fraudolento di beni

TRENTOLA DUCENTA – La mafia dei Casalesi, il pizzo, la droga e i centri scommesse: sono i temi dell’inchiesta che il 22 ottobre 2019 ha portato all’arresto 17 persone, tirandone in ballo, complessivamente 49. Un’indagine complessa, condotta dai carabinieri di Caserta, che ha già partorito 12 condanne in primo grado. Per altri 13, invece, la Dda di Napoli ha concluso l’attività investigativa solo poche settimane fa. Si tratta Gaetano De Biase, detto Burzone, 54enne di Aversa, Arcangelo D’Alessio, 40enne, Oreste Diana, 29enne, figlio del boss Peppe cuolle ‘e pinto, Salvatore Marino, 26enne, Pietro Falcone, 40enne, tutti di Trentola Ducenta, Alessandro Marino, 35enne, Renata Marino, 29enne, entrambi di Bacoli, Shkelzen Mazari, 51enne, latitante di origini albanesi, i collaboratori di giustizia Salvatore Orabona, 49enne, e Giosuè Palmiero, 29enne, Ivanhoe Schiavone, 32enne di Casal di Principe, figlio del capoclan Francesco Sandokan, e Antimo Scuotto, 44enne di Aversa. Nel collegio difensivo gli avvocati Gabriele Piatto, Gaetano Laiso, Luigi Monaco, Pasquale Diana, Mauro Iodice, Guglielmo Iorio, Nicola Artese e Antonio Di Micco. Ultimate le indagini preliminari, la Dda lavora alla richiesta di rinvio a giudizio.

Orabona risponde di associazione mafiosa, estorsione e armi. Secondo la Procura distrettuale, ha detenuto con altri soggetti, al momento non identificati, 5 kalashnikov, 3 pistole semiautomatiche e svariate cartucce. De Biase, Scuotto, Falcone e ancora Orabona sono accusati d estorsione ai danni di un bar pasticceria di Aversa: avrebbero costretto il titolare del locale al versagli 100 euro a settimana da febbraio a giugno 2009. Tentato pizzo il reato contesto a Palmiero. D’Alessio, in concorso con Orabona, avrebbero spillato 3mila euro ad un meccanico.

Ivanhoe Schiavone, Diana e Pellegrino, invece, per la Dda sono colpevoli di trasferimento fraudolento di beni. La Direzione distrettuale antimafia sostiene che tra il 2013 all’aprile 2017 hanno intestato fittiziamente ai Marino la titolarità dell’agenzia di scommesse Euro Bet, diventata poi dal novembre 2016 Gold Bet, attiva a Trentola, per scongiurare eventuali misure di prevenzione patrimoniali a loro carico. I reati contestati sono aggravati dalla finalità mafiosa. Nel commetterli avrebbero agevolato le attività della cosca. Mazari è accusato di aver fatto parte di un’organizzazione criminale specializzata nell’importare droga dall’Albania

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