LUSCIANO – I collaboratori di giustizia: è stata a loro dedicata l’udienza di ieri nel processo a carico degli imprenditori Raffaele Pezzella, 60enne di Casal di Principe, Tullio Iorio, 51enne di San Cipriano, e Vincenzo Ferri, detto ’o Califfo, 45enne di Frignano, accusati di concorso esterno nel clan dei Casalesi. Gli avvocati dei tre imputati hanno controesaminato Giacomo Cassandra, Massimiliano Caterino, detto ’o Mastrone, entrambi ex esponenti del gruppo Zagaria, e Antonio Iovine, ’o Ninno, boss pentito di San Cipriano d’Aversa.
In merito alla posizione di Cassandra, la difesa ha cercato di minarne la credibilità agli occhi dei giudici, ricordando una recente sentenza della Corte d’appello di Napoli che gli ha negato l’attenuante della collaborazione, ritenendolo in parte non attendibile, e una sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere che ha disposto la confisca di molti suoi beni. Cassandra era stato chiamato a riferire su un presunto suo interessamento a uno scarico di cemento effettuato da Iorio a Trentola Ducenta, scarico che sarebbe stato bloccato dal clan Zagaria tramite Massimiliano Caterino. In tale circostanza, secondo l’accusa, l’imprenditore si sarebbe rivolto agli Schiavone per superare l’impasse. Secondo i legali, però, Cassandra avrebbe fornito un racconto impreciso rispetto a quanto dichiarato in sede di interrogatorio per la redazione dei verbali.
Caterino, invece, ha parlato di un incontro avvenuto in una casa di San Cipriano riguardante il tentativo di Iorio di fornire cemento per opere
da realizzare a Trentola. Iovine si è invece concentrato principalmente su Pezzella, associando la sua figura anche a quella di Biagio Lusini,
ex sindaco di Teverola (estraneo a questo processo). ’O Ninno ha raccontato di un appalto che Pezzella si sarebbe aggiudicato proprio insieme a Lusini. In relazione a quell’intervento, esponenti del clan avrebbero richiesto ai due una quota del 10 percento. Stabilire se tale cifra sia stata versata come estorsione o come ‘stecca’ per un patto illecito con il clan sarà fondamentale per l’esito del processo.
Per quanto risulta, Lusini non è indagato per mafia, ma sta affrontando procedimenti giudiziari per presunte vicende corruttive, secondo la Procura di Napoli Nord, legate a episodi accaduti a Teverola. Sarebbe stato, secondo l’accusa, il tramite tra imprenditori ed esponenti dell’area tecnica del Municipio affinché venissero agevolati nel rilascio di licenze edilizie in cambio di tangenti. Tornando al processo a carico di Iorio, Pezzella e Ferri, la prossima udienza si terrà a ottobre per l’interrogatorio di Nicola Schiavone. Le indagini che hanno portato al processo furono condotte dai carabinieri del Ros con il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia di Napoli, e rappresentano un approfondimento dell’inchiesta ‘Medea’ sulle infiltrazioni del clan dei Casalesi negli appalti pubblici.
Secondo l’accusa, Pezzella e Iorio sarebbero stati referenti delle famiglie Russo e Schiavone, riuscendo – grazie all’appoggio dei clan – a
ottenere l’affidamento di gare per lavori pubblici, sia di realizzazione che di manutenzione, appaltati dall’amministrazione provinciale
di Caserta. Fondamentale in questo contesto sarebbe stato il ruolo di Alessandro Diana (già condannato in primo grado con rito abbreviato), prima come dirigente della Provincia e poi come tecnico di fiducia del clan, incaricato di gestire i rapporti con i funzionari pubblici. Ferri, invece, secondo l’accusa, avrebbe messo a disposi- zione un sistema di false fatturazioni per consentire alle cosche di riciclare denaro.
Gli imputati sono da considerarsi innocenti fino a un’eventuale sentenza definitiva di condanna. Nel collegio difensivo figurano gli avvocati Giuseppe Stellato, Ferdinando Letizia, Domenico Cesaro e Alfonso Quarto.