Istat, deficit in calo a fine 2021: sale la pressione del fisco, ma ora rischi da Ucraina

Una fotografia precocemente invecchiata quella scattata dall'Istat e che fissa l'andamento di alcuni indicatori dei conti pubblici a fine 2021 ma che non tiene necessariamente conto degli sviluppi legati alla crisi Ucraina, con il suo impatto su crescita, inflazione e di riflesso sugli altri componenti della finanza pubblica.

ROMA – Una fotografia precocemente invecchiata quella scattata dall’Istat e che fissa l’andamento di alcuni indicatori dei conti pubblici a fine 2021 ma che non tiene necessariamente conto degli sviluppi legati alla crisi Ucraina, con il suo impatto su crescita, inflazione e di riflesso sugli altri componenti della finanza pubblica. Nel quarto trimestre dello scorso anno l’Istat segnalava infatti una forte riduzione del deficit delle pubbliche amministrazioni sceso al 3% anche grazie alla corsa delle entrate fiscali che hanno ampiamente compensato le uscite. Ma in questo quadro il potere d’acquisto delle famiglie resta fermo malgrado un lieve miglioramento del reddito disponibile.

E sul fronte delle entrate il trend resta in decisa crescita come confermano i dati diffusi oggi dal Mef e relativi ai primi due mesi del 2022. A gennaio-febbraio le entrate tributarie ammontano infatti a circa 79 miliardi, con un incremento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente del 16,8%. Nel solo mese di febbraio le entrate sono cresciute del 21,3%.

Tornando ai dati Istat nel quarto trimestre 2021 il deficit in rapporto al Pil è stato pari al 3,0% (5,8% nello stesso trimestre del 2020) mentre il saldo primario (che rappresenta l’indebitamento al netto degli interessi passivi) è risultato positivo, con un’incidenza sul Pil dello 0,5% (-2,6% nel quarto trimestre del 2020). Il saldo corrente è stato anch’esso positivo, con un’incidenza sul Pil del 3,1% (+0,7% nel quarto trimestre del 2020). In aumento nel quarto trimestre anche la pressione fiscale salita al 51,8%, in crescita di 0,7 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Luci e ombre invece sull’economia delle famiglie. Il reddito disponibile è aumentato dell’1,3% rispetto al trimestre precedente, mentre i consumi sono cresciuti dell’1,2%. Di conseguenza, la propensione al risparmio delle famiglie è stata pari all’11,3%, in lieve aumento rispetto al trimestre precedente (+0,2 punti percentuali). Ma a fronte di ciò l’Istat segnala una sostanziale stabilità del potere d’acquisto, cresciuto rispetto al trimestre precedente solo dello 0,1%.

La fotografia dell’Istat non convince le associazioni dei consumatori. Osserva il Codacons “I dati sulla crescita dei consumi e del reddito delle famiglie sono obsoleti e purtroppo già superati, e dovranno scontrarsi con un quadro economico oggi profondamente modificato rispetto allo scorso anno. I fortissimi aumenti delle bollette di luce e gas scattati a gennaio, il caro-benzina che prosegue da mesi e i rincari dei prezzi al dettaglio schizzati alle stelle nel corso del 2022, intaccheranno fortemente il potere d’acquisto dei cittadini con effetti diretti sulla spesa”. Analoghi toni da Unc: “Sono dati di un mondo che non c’è più, sia per lo scoppio della guerra sia per i rialzi stratosferici dei prezzi di luce e gas scattati dal primo gennaio di quest’anno e che stanno avendo effetti devastanti sia sui costi di produzione delle imprese sia sul potere d’acquisto delle famiglie” afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori.

LaPresse

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