“La cassaforte di Schiavone affidata ad Alfonso Scalzone”

La ricostruzione della Direzione Investigativa Antimafia: gli ha affidato il suo denaro per evitare che venisse confiscato.

Nicola Schiavone e Sebastiano Ferraro
Nicola Schiavone e Sebastiano Ferraro

Ad anni di mafia corrispondono, spesso, migliaia e migliaia di euro guadagnati illegalmente. E le indagini della Dda, sebbene riescano ad assicurare alla giustizia chi ha fatto parte dell’organizzazione malavitosa, non sempre sono in grado di stanare e confiscare pure tutti i soldi che quel determinato soggetto è riuscito ad accumulare. Che fine fanno? Vengono affidati dal mafioso a degli insospettabili, a chi è già ricco per motivi che nulla hanno a che fare con la criminalità, a cittadini su cui difficilmente si accendono i riflettori degli inquirenti. Ed è proprio questo il tema a cui negli ultimi tempi si sta dedicando l’Antimafia. Individuare chi ha custodito i tesori dei mafiosi. Identificare le casseforti degli affiliati.

A fornire agli investigatori alcune tracce per stanarli è stato Nicola Schiavone ‘o russ. Grazie al trojan che gli agenti della Dia erano riusciti ad installargli nel suo cellulare, la Procura ha appreso che uscito da galera verso la fine del 2019 (dopo aver scontato la condanna per mafia ottenuta nell’ambito del processo Normandia), ‘o russ si era ingegnato, dice l’accusa, per rituffarsi proprio in nome del clan nel mondo degli appalti pubblici. Come? Recuperando i soldi da imprenditori che, prima di essere arrestato, aveva aiutato ad aggiudicarsi lavori, costituendo una nuova società intestandola ad un prestanome e rispolverando i vecchi agganci (o cercandone di nuovi) nelle amministrazioni pubbliche.

La Dia, monitorando Schiavone nel suo riorganizzarsi per tornare a fare business, ha ascoltato conversazioni in cui ha indicato alcuni dei fidati a cui aveva consegnato parte dei propri guadagni. E tra questi emergono, hanno ricostruito gli investigatori, Alfonso Mario Scalzone, deceduto nel dicembre 2021, ex rappresentante della Pokal Costruzioni, e Amedeo (il figlio). Rilevante, ritiene l’accusa, la conversazione intercettata in cui ‘o russ, il 19 ottobre 2019, sollecitava Sebastiano Ferraro, ritenuto storico esponente del clan, ad attivarsi per recuperare il denaro da chi aveva fatto affari con lui, indicando proprio Scalzone.

Di quest’ultimo Schiavone ne parla anche il 28 novembre 2019 con il papà Luigi, inserendolo tra gli imprenditori che aveva detenuto per suo conto somme di denaro di cui una ora che era libero ne richiedeva la restituzione. Il giorno successivo gli agenti registrano una conversazione in cui a giustificare la presunta consegna di denaro a Scalzone è la mamma, Giovanna Caterino: “Dove li dovevamo mettere (i soldi, ndr). Meglio di quello non ci stavano… Noi tenevamo i carabinieri a fare le perquisizioni a casa. Dove li dovevamo mettere. […] Sorpippo disse: basta, non me ne posso prendere più che noi li stavamo dando tutti quanti a quello… Zio Tonino li ha presi e te li ha dati. La zia Anna è sicuro li tiene nascosti dentro. Te li prende e te li da. […] Tu di che porti ragione, che dici che noi abbiamo fatto niente. Tutti i soldi che tieni da Alfonso Scalzone… per farti dare 1200 euro da Mangiacapra. Ce ne siamo fatti dare 40mila noi e dici che non abbiamo fatto niente”.

Nell’aprile 2020 è sempre la Caterino che parla del denaro che avrebbero custodito gli Scalzone. E lo fa dando la notizia che il figlio aspettava, ovvero che Alfonso aveva consegnato altri quattrini, portandoli presso la loro abitazione di Casale, ma senza essere in grado di indicare l’ammontare. E a distanza di un mese il credito che avrebbe vantato ‘o russ sarebbe ammontato a 15mila euro a fronte di un iniziale capitale consegnato pari a 70mila euro.

Queste conversazioni sono agli atti dell’inchiesta che nel novembre del 2022 ha spinto l’ufficio gip del Tribunale di Napoli a riarrestare Schiavone ‘o russ: adesso rischia una condanna a 8 anni di reclusione con una nuova accusa di mafia. Nel suo processo la mamma, Amedeo Scalzone (figlio dell’imprenditore Alfonso Mario, deceduto) e Sebastiano Ferraro non sono coinvolti e per quanto a nostra conoscenza non sono indagati e da considerare innocenti fino a un’eventuale sentenza di condanna irrevocabile.

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