La Decrescita (in)felice: rischio rivolte e rapine di massa

Mai avrei creduto di ospitare sulle colonne di questo giornale titoli come “prete dice messa, denunciato”, oppure “beccati a prendere un caffè con gli amici, nei guai”. L’ovvio che diventa ribellione. Uscire di casa è un reato. Il lavoro negato anche a chi ce l’ha. I migliori romanzi distopici o apocalittici hanno improvvisamente perso tutta la loro fascinazione fantastica. L’irreale è diventato quotidiano. E la vera domanda è quanto durerà ancora. Perché il rischio è che se dura troppo, qualcuno inizierà a ‘svalvolare’. E non sarà solo per ‘mancanza di aria’: ci sono ampie fasce della popolazione che da quando è scattata la quarantena hanno smesso di percepire qualsiasi tipo di reddito (in nero o in grigio che fosse). Persone che iniziano a non avere più i soldi per fare la spesa e che a Palermo e a Bari hanno già iniziato a farsi sentire. In Campania non siamo messi meglio, tanto che a Benevento una signora ha postato sui social un ultimatum: “Entro il 4 aprile – avverte con toni da camorrista doc – trovate una soluzione oppure ho già pronte 5mila persone che con me si presenteranno davanti al supermercato con le mazze di ferro. Entreremo e ci prenderemo tutto”.

Chi minaccia di fare una rapina di massa non è un bell’esempio per i propri figli (sì, proprio quelli per i quali vuole ingaggiare questa battaglia): crede che essere disposti a tutto per portare il piatto a tavola sia una prova di coraggio, di determinazione. Fatto sta che se ragiona così una signora di Benevento e se è vero, come dice, che insieme a lei sono pronte a diventare criminali almeno altre 5mila persone (magari tra di loro qualcuno lo era già, criminale), allora vuol dire che lo Stato dovrà trovare una soluzione anche per questo ulteriore problema di ordine pubblico. E deve fare in fretta. E dovrà anche in qualche modo spiegare alle forze di polizia come rapportarsi con questi gruppi di facinorosi: tra di loro si infiltreranno sicuramente criminali di professione, ma militari e agenti si troveranno di fronte anche a mamme e papà che vogliono ‘delinquere a fin di bene’, per ‘portare un piatto a tavola’.

Uno ‘stato di necessità’ che viene declinato nel peggior modo possibile e che va fermato con la giusta dose di comprensione. Dai “preti denunciati perché dicono messa” ci troveremo, spero davvero di no, a scrivere su queste colonne di “genitori giustizieri” che vanno a fare la spesa con mazze, catene e caschi da motociclista. L’ultimatum del 4 aprile è vicino. Non è questo ma il prossimo sabato. Una settimana di tempo per disinnescare la bomba di questi disperati che diventano criminali selvaggi. Magari il video di quella donna di Benevento è già sulla scrivania di qualche pm sannita e la legge saprà intervenire in tempo. Magari la politica saprà trovare una strada alternativa per combattere il coronavirus che non sia solo quella di chiuderci in casa ad aspettare che passi. Il sindaco di Avellino, per esempio, ha deciso di acquistare migliaia di tamponi per scovare la presenza dei positivi prima ancora che si presentino al pronto soccorso. Perché il virus è subdolo e quanto deciso fino ad oggi evidentemente non basta. Misure di contenimento. Distanziamento sociale. Prescrizioni. Decreti. Mascherine.

L’emergenza sanitaria per ora ha solo spalancato le porte alla ‘decrescita felice’: una strana creatura propagandata in Italia qualche anno fa dal filosofo francese Serge Latouche. Una creatura che però ha fatto irruzione in Occidente nella sua versione ‘infelice’, obbligatoria, prendendosi beffa degli adepti del consumismo sfrenato, del libero mercato, della ‘finanza padrona’ e dell’economia globale. Una creatura che ci sta costringendo a vivere con il minimo indispensabile. Pane, latte, lievito, farina. Una livella arrivata prima ancora della morte, ma che non ha fatto i conti con chi non si può comprare nemmeno il latte.

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