S. MARIA C.V. – Li chiamano ‘regali’: una via di mezzo tra ciò che fino a qualche tempo fa era una chiara estorsione e un gesto di riconoscimento criminale, frutto della paura e della cultura, ancora profondamente diffusa, che tende a legittimare il potere mafioso. E a ricevere tutt’ora questi ‘regali’, nonostante la mafia dell’Agro aversano venga ripetutamente colpita e indebolita dalle indagini della Dda, ci sono personaggi legati al clan dei Casalesi che hanno scelto, dopo aver trascorso diversi anni in prigione, di trasferirsi, riacquista la libertà, nel sammaritano. A loro arriverebbero arriverebbero soldi in occasioni di lavori che vengono realizzati sul territorio. Spesso non si scomodano neppure di attivarsi per capire chi ha il cantiere per fargli arrivare la voce che aspettano un ‘pensiero’: il denaro arriva loro in automatico. Uno scenario che dimostra come tuttora ci siano pericolosi segnali di riverenza nei confronti di soggetti che hanno danneggiato e mortificato la provincia di Caserta.
Recentemente a confermare agli inquirenti come il clan dei Casalesi avesse stabilmente disteso i suoi tentacoli sull’hinterland sammaritano è stato Ferdinando Del Gaudio, esponente dei Bellaggiò e ora collaboratore di giustizia.
Il pentito ha raccontato che una parte dei proventi delle estorsioni che ‘chiudeva’ a S. Maria Capua Vetere veniva da lui consegnata direttamente a Giovanni Della Corte, alias Cucchione, ritenuto, almeno fino al 2022, tra i leader del gruppo Schiavone, in particolare della compagine che ha il suo quartier generale nel rione Riina. Queste dichiarazioni di Del Gaudio sono tra gli atti dell’inchiesta che ha puntato a colpire la cosca Bidognetti, guidata da Gianluca ‘Nanà’ Bidognetti, al momento in carcere al 41 bis a Spoleto, e il gruppo Schiavone. Della Corte è già stato condannato in primo grado e a breve prenderà avvio il processo in Appello.
Il pentito: “Canciello a casa del ras Della Corte”
Mala casertana, i tentacoli degli Zagaria su Santa Maria Capua Vetere
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