L’Africa tagliata fuori dalla globalizzazione

I media locali nascondono i pericoli a cui va in contro chi parte per raggiungere l’Europa

Migranti caduti nel Mar Mediterraneo
Migranti caduti nel Mar Mediterraneo

Di recente ho avuto una lunga conversazione telefonica con un mio vecchio amico, che si trova in Ghana, sull’attualità del Paese e non solo. Come facciamo spesso, abbiamo toccato tanti argomenti, dal clima politico alla mia vita in Europa, dall’inflazione allo sport. Mi sono reso conto che vivere in Italia o in Ghana, nell’era della globalizzazione, sembra generare le stesse preoccupazioni. Ma lui, come molte persone che vivono nel continente africano, pensa che, per quanto dura sia la crisi globale, noi che viviamo nel Nord del mondo non avvertiamo le loro stesse difficoltà. “Il Ghana non è più vivibile, se avessi la possibilità me ne andrei, attraverserei il deserto del Niger fino alla Tunisia o alla Libia e arriverei in Europa lungo il Mediterraneo”, si lamentava. Non ero sicuro se fosse serio, ma in tutta onestà, e con la disconnessione, la confusione, le contraddizioni e la negligenza che regnano sovrane tra la classe dirigente e i cittadini, capivo il suo punto di vista. Non sta delirando, è fin troppo realistico.

Le bugie della politica non cambiano fra Italia e Ghana


“I nostri politici sono tutti bugiardi. Ti promettono il paradiso per essere eletti, ma una volta al potere fanno tutt’altro. I prezzi dei prodotti alimentari sono eccessivi; gli affitti sono fuori controllo. L’inflazione sta uccidendo la stragrande maggioranza dei ghanesi. Invece di affrontare i problemi, il governo sta dando la colpa delle attuali difficoltà alla guerra in Ucraina e in Russia. Mi chiedo cosa c’entri la guerra con l’aumento dei prezzi dei generi alimentari qui in Ghana. I Paesi che sono direttamente coinvolti nel conflitto non soffrono di carenza di cibo, ma noi sì? Non capisco. Mi sembra una cosa insensata”, diceva. “Non riesco più a sopportare le loro bugie e di sicuro non ho il potere di cambiare le cose, alla fine la risposta sarà andarsene”. Lo ascoltavo attentamente. Rifletto di continuo cercando di dare un senso a tutto questo. Ogni giorno mi chiedo come possa essere possibile che un continente così ricco sia popolato dalle persone più povere del mondo. “Le persone che conosco e che frequento qui in Italia dicono le stesse cose sui politici, si lamentano come te dell’alto costo della vita, dei prezzi dei beni e dei servizi, del cibo e degli affitti, e così via. La maggior parte della gente qui si affida al governo per trovare una soluzione, altri stanno addirittura pensando di emigrare in un altro Paese”, l’ho rassicurato per fargli capire che non è solo.

Un viaggio verso l’Europa significherebbe salvezza?


“Anche qui le cose sono difficili”. Mi ha risposto dicendo che è certo che ovunque in Europa sarà molto meno difficile e che nessuno deve dirgli il contrario. “Mi basta raccogliere un po’ di soldi e mettermi in viaggio”. Lo ha detto con tanta disinvoltura, come se stesse facendo una passeggiata al supermercato. Allora ho alzato le mani.
Prima di riattaccare, ho chiesto al mio amico se fosse consapevole dei pericoli che comporta il viaggio che stava pensando di intraprendere e di tutte le conseguenti tragedie nel deserto e nel Mar Mediterraneo. E del dibattito politico che riguarda le questioni migratorie nelle capitali europee? Che ogni anno, tra la primavera e l’estate, si aprono le stagioni dei naufragi sulle coste tunisine, libiche, maltesi, greche, spagnole e italiane? Nessuna delle mie domande gli era nota. Anzi, è apparso scioccato dalle mie parole e altrettanto sorpreso dal dibattito politico sulla migrazione in Europa. Gli ho detto che anche coloro che riescono a raggiungere la riva sono fortunati perché accompagnati da imbarcazioni gestite da ONG o salvati dalla guardia costiera.
Il tema della migrazione è la principale preoccupazione dei governi europei e dei partiti di opposizione, e i media vengono utilizzati per influenzare l’opinione pubblica. I canali televisivi 24 ore su 24 trasmettono notizie di arrivi di barconi pieni di migranti con facce esauste. I media la definiscono un’emergenza di portata globale e fanno pressione sui politici affinché trovino il modo di impedire che l’Europa bianca venga invasa dall’Africa nera. Ci sono due scuole di pensiero: chi sostiene un intervento radicale per fermare l’invasione (filosofia del “teneteli fuori”) e chi sostiene l’apertura delle frontiere (filosofia del “lasciateli entrare tutti”). Estremismo da entrambe le parti, insomma.
I migranti africani diventano uno strumento per la loro campagna di propaganda, loro malgrado. Più informazioni facevo emergere e più mi rendevo conto dell’ignoranza totale del mio amico e della maggior parte delle persone nel continente, che vengono distratte da questioni di tale importanza deliberatamente. Non molto tempo fa il presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, e Mark Rutte, primo ministro olandese, hanno fatto visita ufficiale in Tunisia.

Insieme a Kais Saied, il presidente del Paese hanno firmato un memorandum di intesa offrendo al governo tunisino un aiuto finanziario con l’obiettivo di impedire ad altri cittadini africani di utilizzare la Tunisia come porta d’ingresso in Europa. In tutta onestà, la Tunisia sta affrontando profondi disordini sociali causati da una prolungata crisi economica, ed è stata sfidata dall’afflusso di altri cittadini africani che vi stazionano per raggiungere l’Europa.
Anche in questo caso il mio amico non aveva idea di cosa stesse accadendo nel continente. Mentre l’Italia e l’Ue nel loro complesso e gli enti di informazione mettono in atto politiche e le riferiscono al pubblico, in Ghana e nella maggior parte dell’Africa c’è silenzio su tali questioni.
Due temi di grande attualità sui media locali in Ghana sono: la ricchezza stravagante della lega calcistica saudita nell’acquistare alcuni dei migliori giocatori europei dai campionati di calcio europei e la guerra in Ucraina (cioè una guerra alle porte d’Europa), due eventi che vengono riportati dai notiziari locali e in tutto il continente. E questo è ciò che chiamiamo vera distrazione e priorità sbagliata. La globalizzazione del calcio, la guerra in Europa e i social media. Trascurando questioni di importanza vitale come aiutare i propri cittadini a non partire, il buon governo e il buon senso. La crudeltà del deserto del Sahara, il trattamento disumano in Libia e Tunisia, i pericoli del mar Mediterraneo sono omessi a favore dell’illusione della globalizzazione e dell’aspirazione alla destinazione finale del sogno europeo.
La prima legge della natura è l’autoconservazione. Che ci piaccia o no, il mondo là fuori è spietato. Ecco che la Tunisia, membro dell’Unione Africana (UA), firma accordi con i leader dell’Unione Europea su come impedire ai cittadini dell’UA di partire per l’Europa in cambio di ingenti somme di denaro dall’UE che alla Tunisia serve per affrontare la crisi. Vale la pena notare che l’UE ha scelto di coinvolgere il governo tunisino, ma non l’UA. Quindi, o l’UE non considera l’UA come partner dello stesso livello o semplicemente si tratta di una dimostrazione di arroganza. Sia la Tunisia sia l’UE stanno praticando l’autoconservazione secondo il proprio diritto e la dottrina di globalizzazione selettiva. Le persone vulnerabili, come i migranti africani, saranno sempre usate come pedine. Per assicurarsi il denaro, la Tunisia deve fare il lavoro sporco che gli europei non vogliono fare in prima persona, cioè tenere gli africani lontani dalle coste europee.
Ieri toccava alla Libia e i suoi mercati di schiavi, i campi di concentramento e i maltrattamenti degli africani. Oggi è la volta della Tunisia e della sua ostilità nei confronti dei migranti neri, dimenticando la sua popolazione multirazziale. I leader dell’Unione Africana tendono a trascurare il proprio popolo, ma pretendono che gli altri facciano la cosa giusta. Le tragedie e le morti nel deserto del Sahara, nel Mar Mediterraneo, sulle coste dell’Italia, di Malta, della Libia sono diventate così frequenti che non scuotono più la coscienza degli europei; forse dovrebbe scuotere prima gli africani?

Il colonialismo travestito da globalizzazione

Migranti che sbarcano a Lampedusa (AP Photo/Valeria Ferraro) Associated Press/LaPresse Only Italy and Spain

Nessun popolo pretende il rispetto affidandosi solo al buon cuore degli altri popoli. Gli esseri umani per natura sono discriminatori nei confronti dei più deboli, che si tratti di status sociali, di etnia o di religione. È necessario avere sempre una certa influenza per far sì che gli altri riconoscano la tua importanza. Le potenze mondiali come l’Europa e gli Stati Uniti usano l’influenza acquisita nel corso dei secoli grazie a un losco potere militare ed economico.
L’Africa con tutta la ricchezza che possiede, con una popolazione di un miliardo e mezzo di persone (di cui più della metà ha meno di 25 anni), l’oro, i diamanti, il cacao, l’uranio, pozzi di petrolio, il sole, la natura, ha scelto di fare il contrario. L’UE ha una politica aggressiva volta a proteggere gli interessi dei suoi cittadini, indipendentemente dal fatto che al governo ci sia la destra, la sinistra o il centro.
L’UA al contrario ha preferito essere in una posizione di debolezza, obbedendo alla volontà dei Paesi del nord del mondo. La maggior parte delle classi dirigenti dei Paesi del continente africano sembrano dei burattini dei loro colonizzatori. La globalizzazione selettiva dell’inganno. Contentare il padrone per andare d’accordo. Ormai tutti conosciamo il lato oscuro degli accordi internazionali. Solo un piccolo gruppo decide cosa bisogna fare o non fare a livello mondiale, scelte fatte a beneficio di pochi, a spese di molti.
I media africani, a loro volta, sono usati per fare eco alla propaganda occidentale attraverso agenzie di stampa internazionali che dominano le fonti di informazioni nel continente come la Cnn (USA), la Bbc (UK), Dw (Germania), Al-Jazeera (Medio Oriente), France New 24 (Francia) per affermare il dominio e la superiorità del nord del mondo, una sorta di indottrinamento per un obiettivo ben definito: la celebrazione del mito dell’Occidente in modo che la cultura e i costumi europei siano gli unici accettabili. È il motivo per cui nelle strade di Accra, Lagos, Abidjan or Lomé, città con temperature tropicali, c’è gente vestita con pellicce e sciarpe al collo per assomigliare ai norvegesi o agli islandesi, perché hanno visto i tedeschi e gli americani vestirsi in quel modo. I cittadini comuni del nord del mondo, a loro volta, non sono immuni alla propaganda. C’è una dottrina parallela dagli stessi media che non fa altro che denudare gli africani della loro dignità con le immagini crudeli dei barconi pieni di persone di colore, disperate in attesa dei salvatori (i bianchi), della povertà estrema, di guerre e carestie. Clandestini, lavoratori sfruttati, spacciatori hanno un unico colore: il nero. Tutto ciò è il frutto della globalizzazione selettiva. I leader del continente africano fanno a gara a chi è più obbediente all’America, alla Francia e al Regno Unito, invece di pensare di elaborare un piano per proteggere il proprio popolo. Se l’Occidente è colpevole di inganno, l’Africa è colpevole di aver permesso tutto ciò.

Quando tutto fallisce, la colpa è del razzismo

Gli attivisti della giustizia sociale nella società occidentale e nel Sud del mondo affermano che c’è razzismo dietro il cinismo europeo, che l’Europa metterà sempre l’interesse dei suoi cittadini prima di quello di chiunque altro, pertanto i leader africani non possono essere incolpati. Sempre gli attivisti della giustizia sociale credono fermamente che solo la denuncia contro il razzismo, con una iniziativa politica attiva nel palazzo e in piazza, possa portare un cambiamento. Siamo così sicuri che non sia l’ennesimo inganno orchestrato dai padroni della globalizzazione per far sì che gli africani si soffermino sulla propria debolezza e abbiano scuse? Agli africani è stato insegnato per troppo tempo che sono oppressi, il che è anche vero considerando la storia. È ora di insegnare loro come non essere oppressi.
Il razzismo è una distrazione, oserei dire. E non lo combatti con slogan a effetto, con parole come ‘uguaglianza’, ‘inclusione’ e ‘giustizia sociale’, perché sono tutte illusioni prive di sostanza, se le vittime non acquisiscono forza sullo scacchiere mondiale. Preferisco avere un narcisista dichiarato che mi dica qual è il suo posto piuttosto che un alleato presuntuoso che mi dice di sapere cosa sia meglio per me e non mi lascia combattere le mie battaglie come ritengo opportuno. Penso che sopravvivremo solo quando le persone saranno disposte a gestire la globalizzazione in modo equo, indipendentemente dalla posizione geografica, e quando cominceranno a esigere il rispetto di uno standard di diritti per tutti. Sognando il giorno in cui il continente africano avrà la sua lobby, le sue Ong che invadano ogni angolo d’Europa, la sua Nato con armamenti sofisticati, pronta a difendere i suoi interessi, la propria immagine, i suoi giornali di propaganda con i suoi inviati in tutte le capitali europee e non, la sua Bce, il suo Salvini, la sua Meloni, il suo Trump, il suo Macron, la sua Von Der Layen, con il suo slogan “Prima i ghanesi!”… beh, è solo a quel punto che ci sarà la vera globalizzazione.

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