CASAL DI PRINCIPE – L’affare rifiuti stavolta non c’entra: per gli Orsi rappresenta il passato. E’ il settore che nei primi anni Duemila ha dato loro fama, potere, soldi, guai e tanto dolore. E archiviata quella parentesi, pagati i debiti con la giustizia, da diversi mesi avevano scelto di dedicarsi ad altro. Ma, secondo gli inquirenti, lo hanno fatto con modalità non proprio ortodosse. La Procura distrettuale antimafia di Napoli sostiene che in nome del clan dei Casalesi, nella primavera del 2021, sono riusciti a mettere le mani sugli appalti del Cira (Centro italiano di ricerche aerospaziali), importante società consortile per azioni a maggioranza pubblica con sede a Capua. Come? Manipolando le gare grazie alla compiacenza di funzionari della struttura, di prestanome e imprenditori che partecipavano alle procedure solo per fare numero (e dare una parvenza di legalità agli iter di assegnazione).
Gli indagati
E questo meccanismo, che sarebbe intriso di corruzione e forza mafiosa, è stato il tema dell’indagine che ha fatto scattare ieri mattina 11 misure cautelari. Su ordine del gip Isabella Iaselli del Tribunale di Napoli, l’imprenditore Sergio Orsi, 64enne, e Oreste Fabio Luongo, 43enne, entrambi di Casal di Principe, sono finiti in cella. Sergio, già condannato per mafia (in relazione all’inchiesta sul consorzio rifiuti Ce4), è il fratello di Michele, assassinato nel 2008 dall’ala stragista del clan dei Casalesi.
Ai domiciliari, invece, sono finiti Antonio Fago, 76enne di Pozzuoli, Carlo Russo, 52enne di Napoli, e Vincenzo Filomena, 59enne di Ariano Irpino (ex presidente provinciale di Alleanza di Centro). Obbligo di dimora per Adolfo Orsi, 39enne, figlio di Sergio, Francesco Pirozzi, 52enne, e Amedeo Grassia, 58enne, entrambi di Trentola Ducenta. Disposta l’interdizione dall’esercizio dell’attività di impresa, invece, per Fiore Di Palma, 51enne di Somma Vesuviana, Felice Ciervo, 30enne di Casale, e Salvatore Orsi, 37enne, nipote di Sergio (figlio del fratello Giovanni). Indagato a piede libero per turbativa d’asta anche il 64enne Francesco Ciervo, papà di Felice e zio di Bernardo, ritenuto esponente del clan dei Casalesi
I quattro appalti
A condurre l’inchiesta sono stati i carabinieri del Nucleo investigativo di Aversa, coordinati dai pm Maurizio Giordano e Graziella Arlomede.
Quattro le gare d’appalto che, secondo la Dda, sono state turbate su input di Sergio e Adolfo Orsi. Riguardano i lavori di messa in sicurezza per il riutilizzo dello ‘spazio deposito di cantiere Lisa’, gli interventi di realizzazione di un deposito temporaneo per lo stoccaggio di rifiuti, i servizi di manutenzione ordinaria da 600mila euro e di cura del verde.
La relazione con funzionari e imprenditori amici
Gli Orsi sarebbero riusciti ad accaparrarseli grazie al rapporto che avevano stretto con Russo e Filomena, rispettivamente Rup delle procedura di scelta del contraente (e anche direttore amministrativo del Cira) e progettista dell’ufficio Tecnico.
I casalesi, ha ricostruito l’accusa, si accordavano con i due dipendenti di volta in volta sulle modalità da adottare per truccare l’iter di assegnazione dei lavori. Fago, pensionato, ex lavoratore presso la Finteco (estranea all’inchiesta) avrebbe fatto da intermediario tra gli Orsi e il duo Russo-Filomena. I cinque rispondono di turbativa d’asta (l’aggravante mafiosa è contestata solo alla coppia di Casal di Principe). Stesso reato che secondo la Procura di Napoli hanno commesso pure Francesco Ciervo e Luongo. Quest’ultimo in relazione ad uno degli appalti avrebbe fornito il nome dell’impresa Co.Bi. srl “chiamata ad essere invitata alla gara solo per dare parvenza di pluralità di invita durante l’incanto”. Il lavoro dei carabinieri, però, ha fatto emergere pure la presunta intraneità di Luongo al clan dei Casalesi, spingendo i pm a contestargli la pesante accusa di associazione mafiosa. Rispondono di rivelazione dei segreti d’ufficio, in concorso con Sergio Orsi, Pirozzi, geometra dell’ufficio Tecnico del Cira, e Grassia, impiegato presso l’Asl di Caserta con la qualifica di infermiere presso il Centro di salute mentale di S. Cipriano d’Aversa (è stato pure assessore durante l’amministrazione guidata dal sindaco Michele Griffo).
I prestanome
Sono nei guai per trasferimento fraudolento di beni con l’aggravante mafiosa Felice Ciervo e Salvatore Orsi: si sarebbero intestati fittiziamente le quote dell’Italiana Multiservizi per eludere disposizioni in materia di misure di prevenzione che potevano scattare a carico di Sergio Orsi, ritenuto dagli inquirenti il reale proprietario della società (e già condannato con sentenza irrevocabile per mafia). In una gara gli imprenditori di Casal di Principe si sarebbero serviti della ditta di Di Palma, la Cogefid per ottenere l’appalto. L’imprenditore di Somma Vesuviana, secondo gli investigatori, aveva partecipato solo formalmente alla gara, dato che il profitto del lavoro sarebbe poi finito interamente nelle tasche degli Orsi. Sergio è sotto inchiesta anche per corruzione in concorso con Russo, Filomena e Fago.
Il Cira è da considerare parte lesa nella vicenda giudiziaria.
Nelle prossime ore prenderanno il via gli interrogatori di garanzia per gli undici indagati raggiunti dal provvedimento cautelare. Se decideranno di rispondere, potranno confrontarsi con le domande del gip Iaselli che ha disposto i provvedimenti restrittivi. Nel collegio difensivo gli avvocati Carlo De Stavola, Mario Griffo e Maurizio Noviello.