CASAL DI PRINCIPE – Confini liquidi, aperta alle collaborazioni con altre organizzazioni criminali e disposta ad imbarcarsi in affari da cui prima preferiva tenersi a debita distanza: è la nuova mafia del clan dei Casalesi. Un identikit che la Procura di Napoli è riuscita a tracciare in questi anni grazie ad intercettazioni, servizi di osservazione, pedinamenti e alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. Tra i pentiti che hanno fornito ai magistrati informazioni sui nuovi impulsi della cosca c’è Antonio Lanza, già capozona bidognettiano di Lusciano e Parete. L’ex affiliato, parlando al pubblico ministero Maurizio Giordano del ruolo che Vincenzo Di Caterino, alias ‘o piattaro, avrebbe avuto nel clan, ha fatto emergere legami tra la malavita dell’Agro aversano e quella romana: “Di Caterino è un affiliato degli Schiavone e si occupava di droga e armi per loro. Prima della mia ultima scarcerazione – ha raccontato Lanza – faceva estorsioni insieme a Vincenzo Cirillo, fratello di Francesco detto ‘coscia fina’ (condannato a 30 anni per l’omicidio di Domenico Noviello, ndr)”. Lanza ha dichiarato che, tra il 2021 e il 2022, Di Caterino si avvicinò anche a gruppi mafiosi extra-regionali: “Seppi che svolgeva delle attività connesse alla droga e alle armi anche per gli Spada, attivi sulle zone di Frosinone e Roma.” Legami che non furono condivisi, però, da Lanza, al punto che, stando al suo racconto, decise di allontanarlo da Lusciano dopo averne parlato con Gianluca Bidognetti (il suo capo).
Il racconto di Lanza, se dovesse essere accertato dagli inquirenti, dimostrerebbe come la mafia dei Casalesi, soprattutto quella rappresentata dalle nuove leve, sia disposta ora a relazionarsi con altre strutture con cui fino a qualche anno fa difficilmente avrebbe collaborato. Cosa significa? Che la mafia, anche quella dei livelli intermedi, si è globalizzata (quella che naviga nelle alte sfere, invece, è internazionale già da decenni).
Lanza, alias ‘o piotta, 47enne, ha iniziato a collaborare con la giustizia lo scorso febbraio, tre mesi dopo il suo ritorno in cella. A novembre, infatti, è stato tra i 37 indagati raggiunti dall’ordinanza di custodia cautelare innescata dall’indagine tesa a smantellare le cosche Bidognetti (di cui ha fatto parte) e Schiavone, che si erano riorganizzate coinvolgendo storici affiliati scarcerati e nuovi sodali. L’inchiesta che ha tirato in ballo Lanza ha travolto anche Di Caterino, accusato dalla Dda di Napoli di aver fatto parte del gruppo Schiavone, retto ora da Giovanni Della Corte. ‘O piattaro si sarebbe occupato prevalentemente di estorsioni, avrebbe fatto da guardaspalle proprio a Della Corte e si sarebbe messo pure a sua disposizione per allestire una piantagione di marijuana.
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