Il porto di Castel Volturno fa gola al clan dei Casalesi. Le mani dei Bidognetti sui terreni

A mettere in allerta gli investigatori la conversazione del 2021 intercettata in carcere tra D’Angelo e il figlio del boss

CASTEL VOLTURNO – E’ un po’ come il ponte sullo stretto di Messina: se ne parla tanto, chi lo vuole ne tesse continuamente le lodi, c’è pure già il progetto pronto e il denaro necessario a realizzarlo un momento sembra esserci e un attimo dopo pare sparire. Intanto passano gli anni e l’opera resta viva solo su carta. E il porto castellanno rischia di avere la stessa sorte. Tante chiacchiere e pochi fatti. Ma il clan dei Casalesi è lungimirante. Spera che, prima o poi, si concretizzi e quindi si muove in anticipo. Anzi, si muove a prescindere, perché, tenendo fede alle logiche delinquenziali che lo animano, l’importante è farsi trovare pronti. E così la cosca Bidognetti, in collaborazione con alcuni imprenditori del posto, stando a quanto emerso da una recente indagine condotta dal Nucleo investigativo dei carabinieri di Aversa, ha iniziato a comprare immobili. Un investimento che si prospetta estremamente remunerativo: se il porto entrerà effettivamente in funzione, quelle proprietà acquisteranno un enorme valore.
Vincenzo D’Angelo, marito di Teresa Bidognetti, figlia del capoclan Cicciotto ‘e mezzanotte, ha parlato con il cognato Gianluca proprio di uno di questi appezzamenti. Ha affrontato l’argomento nel corso di una visita che andò a fargli, nel novembre 2021, nel carcere di Terni (dove Gianluca era – ed è ancora – recluso). Lui e tale ‘Francuccio’, raccontò al fratello della moglie, su input di uomini d’affari che già hanno altre attività a Castelvolturno e che, a suo dire, “si erano comprati tutta la Domiziana”, si stavano occupando della realizzazione di un capannone. Lo spazio dove stava sorgendo la struttura, in base agli accertamenti svolti dai militari, risulta intestato ad una società con sede legale nella provincia di Napoli. La chiacchierata tra D’Angelo e Gianluca Bidognetti è stata intercettata. E quella conversazione è finita tra gli atti dell’inchiesta che lo scorso novembre ha fatto scattare 37 misure cautelari. Un’indagine complessa, tesa a disarticolare proprio il gruppo Bidognetti e quello Schiavone, il primo, sostiene l’Antimafia, gestito dal carcere da Gianluca Bidognetti attraverso D’Angelo, e il secondo guidato da Giovanni Della Corte.
D’Angelo, a circa dieci giorni di distanza dal blitz che lo aveva portato in cella con l’accusa di associazione mafiosa, ha iniziato a collaborare con la giustizia. Ed ora, in veste di pentito, potrà fornire informazioni importanti non solo sulla struttura del clan di cui ha fatto parte, ma pure sui business che la cosca avrebbe attivato sul Litorale in vista della realizzazione del porto.

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