Camorra, Teresa Bidognetti lascia Casal di Principe: il marito D’Angelo si è pentito

La decisione a 12 giorni dal blitz che lo aveva portato in cella

Vincenzo D'Angelo e la moglie Teresa Bidognetti

CASAL DI PRINCIPE – Il messaggero di Gianluca Bidognetti: è il ruolo che Vincenzo D’Angelo, 35enne, alias Biscottino avrebbe avuto nella cosca fondata dal suocero, l’ergastolano Cicciotto ‘e mezzanotte. Ed è un ruolo che gli è costato il carcere: lo scorso 22 novembre è stato ammanettato dai carabinieri di Caserta, su ordine del giudice Isabella Iaselli, con l’accusa di associazione mafiosa. Ma l’appartenenza al clan per D’Angelo, a breve, potrebbe rappresentare il passato, una parentesi chiusa e superata. Per quale ragione? Perché ha deciso di collaborare con la giustizia: dalla scorsa settimana sta parlando con i magistrati della Dda di Napoli. Agli inquirenti sta rivelando tutte le informazioni che in questi anni di ‘militanza’ ha acquisito sui Casalesi. Se la Procura dovesse ritenere il suo contributo genuino, valido, importante per le indagini, D’Angelo avrà lo status di collaboratore di giustizia. Ma per ottenerlo dovrà portare a termine un percorso complicato, che metterà chilometri e chilometri tra lui e il territorio dove è cresciuto, che travolgerà, inevitabilmente, le vite dei suoi cari. La moglie, Teresa, figlia di Cicciotto (anche lei coinvolta nell’indagine – per ricettazione – che ha portato in cella il coniuge) ha deciso di seguirlo in questo percorso: con i figli, infatti, ha già lasciato l’Agro aversano per aderire al programma di protezione che viene offerto ai familiari di chi inizia a collaborare con la giustizia.

A Casale la notizia del nuovo ‘pentimento’ era iniziata a circolare con insistenza già venerdì mattina, dopo che gli agenti del Servizio centrale di protezione avevano bussato alle porte dei parenti di D’Angelo per comunicare cosa stava accadendo e per proporre loro l’opportunità di cambiare vita, mettendosi alle spalle la provincia di Caserta e troncare ogni possibile contatto con esponenti della mafia locale. Sono fasi delicatissime. E’ l’inizio di un cammino impervio. E se scriviamo solo oggi la notizia è perché è stato necessario verificare non solo che il genero di Cicciotto ‘e mezzanotte avesse iniziato realmente a dialogare con i magistrati, ma abbiamo dovuto accertare anche che i suoi congiunti fossero già stati messi in sicurezza.

Per il clan dei Casalesi, se il pentimento di D’Angelo dovesse rivelarsi solido, sarà un colpo durissimo. Contribuirà nel progetto di demolizione della mafia dell’Agro aversano che sta portando avanti la Dda di Napoli grazie ai sacrifici di carabinieri, polizia e guardia di finanza. Proprio la cosca che in questi anni si era mostrata militarmente più attiva, che, nonostante arresti e sequestri, era riuscita a conservare una densa operatività criminale, arrivando ad incidere pure sul territorio di Napoli Nord, adesso ha tra le sue fila un affiliato di vertice che ha infranto il vincolo di omertà, che si è dichiarato pronto a fornire agli inquirenti tutte le condotte illecite che ha commesso in prima persona, che ha visto fare e che gli sono state raccontate. Ha informazioni potenzialmente importantissime che potranno dare il via a nuove attività investigative e mettere così fine all’egemonia criminale della famiglia Bidognetti.

Si sgretola la famiglia mafiosa di Cicciotto

Il capoclan Francesco Bidognetti sempre più solo: ha sulle spalle omicidi ed estorsioni. La cosca che ha fondato e diretto è riuscita a distendere, per anni, i suoi tentacoli su numerosi appalti pubblici e sul business dei rifiuti. Il boss è in carcere dal 1993 ed è condannato a trascorrere dietro le sbarre il resto della sua vita. Nonostante la consapevolezza di non poter essere mai più un uomo libero, non ha mai voluto collaborare con la giustizia. Nei numerosi processi che ha affrontato non ha mai mostrato rimorso per il dolore che ha causato. Ma buona parte della sua famiglia non è più pronta a seguirlo in questo silenzio. La prima a scegliere di troncare i rapporti con lui e con il clan è stata la compagna Anna Carrino. Nel 2007 la donna lasciò Casal di Principe e successivamente, finita in manette, iniziò a parlare con i magistrati. Alcuni mesi dopo seguì le sue orme Domenico Bidognetti, alias Bruttaccione: scelta che costò la vita al suo papà, Umberto. L’anziano fu ucciso dall’ala stragista diretta da Giuseppe Setola mentre si trovava nella sua azienda agricola a Cancello Arnone. Nel 2019 ha iniziato a collaborare con la giustizia Raffaele Bidognetti, figlio di Cicciotto ‘e mezzanotte e di Teresa Tamburrino (morta nel 1986). Ed ora è arrivata la decisione di D’Angelo, il genero del boss, di svincolarsi dal cosca e tentare di abbracciare una nuova vita. Scelta che, almeno per ora, ha voluto condividere pure la moglie, Teresa Bidognetti. Sono in carcere i fratelli Aniello, ergastolano, e Gianluca Bidognetti (quest’ultimo, salvo nuove condanne, dovrebbe lasciare la prigione fra circa due anni): i due, al momento, sembrano essere intenzionati a seguire la condotta del genitore. Ma la famiglia mafiosa, granitica, su cui il boss credeva di poter contare, ormai non c’è più, è scomparsa. A colpi di pentimenti e arresti si è sgretolata.

Messaggero del cognato e cassiere delle estorsioni

A svelare il ruolo che Vincenzo D’Angelo, alias Biscottino, avrebbe avuto nel clan dei Casalesi, è stata l’indagine che lo scorso 22 novembre ha fatto scattare 39 misure cautelari. Un’operazione imponente, condotta dai carabinieri di Caserta, che è riuscita a disarticolare non solo il gruppo Bidognetti, gestito, secondo la Dda, da Gianluca, figlio di Cicciotto ‘e mezzanotte, ma anche quello Schiavone, affidato a Giovanni Della Corte.

D’Angelo, per gli inquirenti, nella gang mafiosa ha avuto una funzione fondamentale: sarebbe stato lui a fare da tramite tra il figlio del boss, recluso a Terni, e gli affiliati che si muovevano liberamente nell’Agro aversano. E ci sarebbe riuscito grazie ad un telefonino che illegalmente era stato fatto entrare in prigione. Altra mansione svolta da Biscottino, ritengono i magistrati, era quella di recarsi ai colloqui con il suocero per informarlo sulle situazioni inerenti gli equilibri economici della famiglia. Nelle mani di D’Angelo finivano pure i proventi delle attività estorsive. Al marito di Teresa Bidognetti pure il compito di assegnare, in nome del clan, i territori dove far svolgere i servizi funerari ad imprese di cui i Bidognetti sarebbero stati soci occulti.

Prima ancora del blitz dello scorso novembre, la figura di D’Angelo era emersa già in un’altra indagine, sempre coordinata dalla Dda di Napoli, tesa a colpire altre due cosche: una liternese, diretta da Vincenzo Ucciero, e un’altra sanciprianese, guidata da Oreste Reccia. Ed è proprio con quest’ultimo che, stando a quanto hanno accertato dagli investigatori, tra il 2019 e il 2020 si era interfacciato per organizzare le assegnazioni dei territori casertani su cui far realizzare i servizi funerari da ditte collegate alla cosca.

Della Corte al vertice del clan Schiavone

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