Leucemia mieloide, svelato il meccanismo delle cellule tumorali

La scoperta, che apre la strada a terapie mirate contro le recidive, è descritta su Nature Medicine e Nature Communications e arriva grazie ad un gruppo di ricercatori italiani

©GIULIO NAPOLITANO/LAPRESSE

MILANO – Importante scoperta contro la leucemia mieloide che apre la strada a terapie mirate contro le recidive delle cellule tumorali. E’ descritta su Nature Medicine e Nature Communications e arriva grazie ad un gruppo di ricercatori italiani.

I meccanismi delle cellule tumorali

I meccanismi con cui le cellule tumorali della leucemia mieloide acuta sfuggono al controllo del sistema immunitario dopo il trapianto di midollo sono stati scoperti da un gruppo di ricercatori dell’Irccs Ospedale San Raffaele di Milano che ha studiato il processo analizzando le cellule tumorali e i ‘linfociti T’ che cercano di sconfiggerle, prima e dopo la terapia.

Le soluzioni alla leucemia

Negli studi, realizzati grazie ad Airc, i ricercatori dimostrano che ci sono due nuove soluzioni trovate dalle cellule del tumore per salvarsi: da un lato riducono l’espressione delle molecole HLA sulla superficie, silenziando i loro geni e nascondendosi così al ‘pattugliamento’ dei linfociti; dall’altro aumentano la presenza di alcuni recettori immunosoppressori che segnalano ai linfociti di frenare la loro attività fino a inattivare la risposta immunitaria.

L’intervista

“Comprendere, caso per caso, quale meccanismo dà origine alla recidiva permetterà di classificare meglio i pazienti e dare loro un trattamento specifico – spiega Luca Vago, l’autore principale della scoperta insieme a Chiara Bonini e Fabio CiceriL’obiettivo è un approccio personalizzato alle recidive, che permetterà di migliorare gli esiti non grazie a nuovi opzioni terapeutiche, ma trovando un nuovo razionale per le terapie già disponibili”.

Già nel 2009, gli stessi ricercatori avevano scoperto che a volte a salvare le cellule leucemiche è una mutazione genetica nel Dna, che cambia alcune molecole presenti sulla loro superficie e le rende più simili (e quindi invisibili) alle cellule del sistema immunitario trapiantato.

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