CASTELVOLTURNO – Si chiude con due ricorsi accolti, quattro inammissibili e tre rigettati il primo scontro giudiziario tra la Procura di S. Maria Capua Vetere e gli imprenditori balneari. Ad innescare la contesa è stata l’indagine della guardia di finanza di Mondragone che, lo scorso 14 aprile, aveva sequestrato 9 lidi ritenendoli sostanzialmente abusivi.
Secondo le fiamme gialle, dal gennaio 2012 ad oggi, avrebbero indebitamente sfruttato ingenti porzioni di spiagge del Litorale (circa 75mila metri quadrati) per i propri scopi imprenditoriali in assenza di un valido titolo concessorio, omettendone in molti casi anche il versamento del relativo canone.
Contro il sequestro disposto dal gip Sergio Enea, i titolari dei lidi avevano presentato ricorso al Riesame. A valutare le istanze è stato il collegio presieduto dal giudice Francesco Rugarli della terza sezione penale. Cosa ha deciso? Ha ratificato i sigilli per le strutture Fontana Bleu (nella foto) di Pasquale Diana, Lido Scilla di Tommaso Grasso, Lido Felice di Michele Mottola, Lido delle Rose gestito da Rosa Vargas (i loro ricorsi sono stati dichiarati inammissibili), Lido i Gemelli di Roberto Lettiero e i lidi Il Capanno e Scalzone di Carmelina Adele Maria Moio.
Accolta, invece, la richiesta di annullare il sequestro presentata da Maria Carmina D’Angelo e Margherita Gallo, rispettivamente titolari di ‘Spiagge d’Angelo’ e ‘Lido Gallo’, entrambe assistite dall’avvocato Ferdinando Letizia.
L’inchiesta della finanza, sostiene la Procura, ha fatto emergere che le licenze date dal Comune sono risultate in alcuni casi scadute e mai rinnovate o prorogate. In altri erano state persino revocate dallo stesso Municipio. I titolari dei lidi avevano provato a giustificare le loro condotte ritenendo che le concessioni erano state prorogate in modo automatico, ma era stata direttamente l’amministrazione castellana a chiarire che tali procedure non possono avvenire “senza un atto espresso da parte dell’Ente concedente”. Circostanza che trova riscontro, ha ricordato il procuratore Maria Antonietta Troncone, anche nei provvedimenti presi dai giudici nazionali e comunitari. Le proroghe automatiche, questa la tesi dell’accusa, non consentirebbero “di verificare la sussistenza delle condizioni di legge e la permanenza dei requisiti che hanno determinato il rilascio della concessioni”.
L’aspetto che il tribunale dovrà chiarire nei prossimi mesi affrontando il merito della vicenda è il contrasto tra la direttiva europea Bolkestein e la legge di bilancio italiana 2019. La prima, a cui fa riferimento la Procura, è tesa a fermare le proroghe, ritenendo necessario rivedere le concessioni predisponendo delle aste pubbliche. La seconda invece, a cui si appigliano gli imprenditori, ha prorogato le concessioni demaniali fino al 2033.
Il legale Letizia che ha ottenuto il dissequestro nel ricorso ha sostenuto che per non applicare la proroga ‘ope legis’ è necessario che la precedente concessione sia dichiarata decaduta. E con la legge di bilancio 2019 la proroga, invece, è implicita. La direttiva Bolkestain, che dovrebbe annullarla, per essere operativa in nel Belpaese ha bisogno di una norma che la recepisca e che al momento non c’è.