CASAL DI PRINCIPE – Sarebbe stato Antonio Scialdone nel 2011 a segnalargli la gara a Castel Morrone. E sempre il vitulatino, tre anni dopo, gli avrebbe pure proposto di fare entrare Nicola Ferraro (ex consigliere regionale) nella Dhi. Alberto Di Nardi, dopo il suo arresto nella tangentopoli maddalonese (ora è libero), ha iniziato a collaborare con la magistratura: dal 2016 sta parlando con i pm della procura di Santa Maria C.V. e della Dda di Napoli. A loro, da uomo d’affari attivo nell’igiene urbana, ha raccontato episodi di corruzione e le ingerenze della mafia nel mondo rifiuti.
Il processo
Di Nardi lo scorso 2 ottobre ha testimoniato nel processo a carico di Sergio e Adolfo Orsi. Padre e figlio, assistiti dall’avvocato Carlo De Stavola, sono a giudizio con Enzo Papa, rappresentato dal legale Francesco Parente, con l’accusa di intestazione fittizia di beni aggravata dalla finalità mafiosa. A portare i tre davanti al tribunale di Santa Maria C.V. è stata l’inchiesta sulla Sia, la società che, secondo l’Antimafia, formalmente era intestata a Papa, ispettore di polizia in pensione, ma ‘di fatto’ godeva della partecipazione degli Orsi e in seconda battuta anche di Benito Natale, da giugno del 2016 collaboratore di giustizia.
Dhi e Sia
E della Sia, Di Nardi, il 25 settembre del 2017, ha parlato con il pm Alessandro D’Alessio. Nella prima parte del verbale (oggetto del dibattimento di due settimane fa), l’imprenditore ha confermato i rapporti lavorativi tra la sua Dhi e l’azienda di Enzo Papa in occasione del bando pubblicato da Castel Morrone per noleggiare alcuni mezzi. E considerato che si trattava di veicoli che all’epoca non possedeva, su suggerimento di Antonio Scialdone (non coinvolto nel processo e dal 2018 consigliere comunale di Vitualzio), con il quale era legato da un contratto di consulenza, decise di rivolgersi all’ex poliziotto grazzanisano, escludendo, però, di essersi relazionato con Natale.
Il ripensamento di Alberto Di Nardi
Ma quando durante l’interrogatorio il magistrato gli ha mostrato una lettera, con la sua firma e il timbro della Dhi inviata al ‘Signor Benito’, e delle dichiarazioni rese ai carabinieri di Capua che attestano i propri contatti con l’attuale pentito dei Mazzoni, Di Nardi ha corretto il tiro. Al sostituto procuratore D’Alessio ha riferito che a segnargli la procedura di Castel Morrone fu proprio Scialdone. “Mi disse che i mezzi necessari li aveva la Sia, che praticava dei buoni prezzi. Che i mezzi che noleggiava erano stati usati dal Consorzio unico di bacino quando lui era direttore generale”. Ed in ballo, ha informato l’imprenditore, c’era anche Natale.
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Il ruolo di Benito Natale
“Fu Enzo Papa, caldeggiato e sponsorizzato da Scialdone, che mi disse che per qualunque esigenza doveva fare capo a Benito della Sia, che presentò al mio capo-officina ed anche a me per dirmi che era lui, Benito, al quale dovevamo far riferimento per qualsiasi evenienza relativa al noleggio dopo che avevamo già concordato con il Papa i prezzi e le modalità del noleggio”. E Natale, nel corso della sua collaborazione, raccontando alla Dda il business ‘Sia’, aveva informato l’Antimafia che il suo ruolo ‘occulto’ nella società era proprio quello di occuparsi della manutenzione dei veicoli. “Ho effettivamente visto Natale – ha aggiunto Di Nardi – nel piazzale della Dhi e ritengo che abbia anche lui provveduto a ricevere gli assegni per il pagamento del noleggio che lasciavo alla mia segretaria dicendole che sarebbe passato Benito della Sia. Ovviamente gli assegni erano intestati alla Sia, ma li ritirava Benito. Ricordo che io avrei preferito pagare il noleggio con dei bonifici, ma fu il Papa a dirmi che per loro questioni interne preferivano il pagamento con assegni”. L’imprenditore ha aggiunto anche di aver fatto autonomamente delle verifiche sulla società, per accertare se il Natale avesse avuto o meno una mansione nell’azienda. “Attraverso la visura appresi che Benito non aveva ruolo formale nella Sia. Lo feci presente al Papa che mi disse di non preoccuparmi”. Di Nardi ha spiegato che fin a quel momento non sapeva dei legami tra il Natale e la criminalità organizzata.
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L’estorsione di Fusco e del grazzanisano
Ne venne a conoscenza nel luglio del 2012, quando subì l’estorsione che è costata una condanna ‘definitiva’ per un suo compaesano e Natale: “Una mattina, nel cortile della Dhi, a Pastorano, mi si avvicinò Maurizio Fusco (di Vitulazio, ndr.) che io conoscevo fin da bambino. Disse che veniva per conto dei Casalesi, specificò che veniva per conto degli Schiavone e dei Papa di Sparanise”. A lui, Di Nardi avrebbe dovuto versare “dai tre ai quattromila euro al mese”. L’imprenditore prese tempo. Poi decise di andare con il padre dai carabinieri a Capua. E mentre erano in caserma arrivò una chiamata al genitore. “Un dipendente gli telefonò dicendogli di andare in officina in quanto era presente Fusco che voleva parlargli con urgenza. Mio padre si portò in officina seguito da due carabinieri. Notò che con Fusco c’era Natale. Mio padre mi riferì, e lo disse ovviamente anche ai carabinieri, che con il Fusco vi era quel Benito che veniva per conto della Sia”.Il rapporto tra la Dhi e la società di Papa, ha affermato Di Nardi, durò “due o tre mesi, anche per la scarsa qualità dei mezzi”. “Mi pare che venne a prenderli Natale. Uno fu ritirato dopo oltre un anno”.
La proposta di Scialdone
La proposta che avrebbe fatto Scialdone all’imprenditore sull’eventuale ingresso nella Dhi di ‘Fucone’, al secolo Nicola Ferraro arriverebbe nel 2014. Il casalese, storico imprenditore attivo nel settore rifiuti, ha una condanna definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa. Con lui, l’ex direttore del Cub avrebbe avuto rapporti sin dai tempi della Eco Campania, società ‘in guerra’ con la Eco4 degli Orsi. “Gli contestai che mi parlasse di Ferraro, dopo avermi detto di aver rotto con lui i rapporti – ha riferito Di Nardi -, ma Sciadlone mi rispose che li aveva riallacciati perché si stava sollevando dai problemi giudiziari”. Di questo episodio il businessman ha parlato anche con il pm Maurizio Giordano.
Il dibattimento innescato dal pentimento di Natale
Sono state le dichiarazioni rese da Benito Natale ad innescare l’indagine sulla Sia. Il pentito mazzonaro, condannato per associazione mafiosa e turbativa d’asta, nell’estate del 2016 alla Dda ha riferito della sua presunta partecipazione al business rifiuti con l’azienda intestata ad Enzo Papa.
L’inchiesta nell’agosto del 2017 sfociò nell’esecuzione di cinque misure cautelari ai domiciliari, successivamente revocate. Da circa un anno quell’operazione ha dato il via al dibattimento dinanzi al collegio presieduto dal giudice Giovanni Caparco. Sono a processo Sergio Orsi e il figlio Adolfo di Casal di Principe, Enzo Papa di Grazzanise e Antonio Mone di Piedimonte Matese. Tutti rispondono di intestazione fittizia aggravata dalla finalità mafiosa. Per la Dda, Sergio, fratello di Michele Orsi, assassinato dal clan nel 2008, avrebbe provveduto a cedere proprio alla Sia Srl, “a lui sostanzialmente riconducibile”, il ramo di azienda della Flora Ambiente Srl al fine di evitare “interventi di oblazione patrimoniali che potevano derivare dal coinvolgimento dell’Orsi in un altro procedimento penale (l’indagine Eco4, nda.)”. Orsi avrebbe schermato la titolarità del suo complesso aziendale “trasferendolo ad un soggetto”, la Sia Srl, intestata a Papa, “apparentemente distinto dalla sua famiglia”.
I quattro avrebbero coinvolto nell’azienda anche Benito Natale, difeso dall’avvocato Giuseppe Tessitore, non facendolo però “risultare formalmente socio”. Il pentito è già stato condannato in relazione a tale accusa con rito abbreviato dal tribunale di Napoli. Il dibattimento coinvolge anche Francesco Salzano (già condannato a 30 anni per concorso nel triplice omicidio Minutolo-Buonanno-Papa ordinato da Nicola Schiavone), rappresentato dall’avvocato Paolo Raimondo, e Ugo Di Puorto, difeso dal legale Giuseppe Stellato. I due, in concorso con Orsi e Natale, rispondono di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso: avrebbero costretto un imprenditore mazzonaro ed un altro sanciprianese a rinunciare ad una cifra, precedentemente pattuita, come “corrispettivo per il deposito dei veicoli della Flora Ambiente Srl”.
Lo scorso due ottobre è stato interrogato Di Nardi. A novembre prenderà il via l’esame degli imputati.