L’intervista. Avoli: “Politici competenti per gestire i fondi del Piano di ripresa”

Il procuratore della Corte dei Conti: è mancata una politica adeguata sulla riconversione ambientale, basta con la logica delle discariche

CASERTA (Renato Casella e Mariateresa Perrotta) – Sostenibilità e gestione dei fondi pubblici: sono gli argomenti di cui abbiamo discusso con Alberto Avoli, già procuratore generale presso la Corte dei Conti e fra i relatori al convegno nazionale svoltosi domenica mattina al Belvedere di San Leucio e organizzato dalla fondazione Sorella Natura e in particolare dal vicepresidente nazionale Massimo Golino (nella foto a sinistra con il sindaco di Caserta Carlo Marino).

I dati Enea ci dicono che nel secondo trimestre del 2020 la domanda di energia è cresciuta del 24% e la produzione di gas serra del 25%. Di conseguenza la transizione energetica del nostro Paese è crollata del 39% rispetto all’anno scorso, trovandosi al minimo della sua serie storica. Cosa non va nel sistema?

Ci sono ragioni storiche. Sicuramente in Italia c’è un problema di riconversione ambientale perché non è stata fatta una politica adeguata in questo settore. Siamo primi nel riciclaggio degli imballaggi, ma ultimi nella gestione dei rifiuti. In Europa il rifiuto è una ricchezza. Bisogna costruire impianti fatti bene e gestiti bene, non si può pensare di proseguire nel nostro paese con l’ottica delle discariche. Sulla gestione dei rifiuti possiamo fare poco senza una cittadinanza attiva, utile per sollecitare l’amministrazione e tenere comportamenti corretti. Qui siamo in ritardo.

Per una buona gestione amministrativa quanto conta l’esperienza? In generale, quale deve essere la caratteristica del valido amministratore?

La competenza deve essere fondamentale, ma anche l’esperienza nella gestione dei fondi è importante. Bisogna essere onesti ma anche competenti. Molto spesso fra gli amministratori c’è la “paura di firma”: uno stato d’animo che non dovrebbe esistere, dal momento che basta essere competenti ed onesti. Certo il dirigente è sempre legato al momento politico, ma non deve lasciarsi trascinare. Quando si fanno le cose nella legalità non bisogna preoccuparsi. Il quadro normativo, però, è troppo complesso. Ci sono troppe leggi che finiscono per contraddirsi e non indicano chiaramente l’obiettivo. Quando le leggi sono scritte bene, i politici non hanno alcun timore di firmare gli atti, non correndo alcun rischio di commettere un abuso d’ufficio. Questo è un aspetto sul quale bisogna intervenire.

Quali sono i settori dove ci sarebbe bisogno di maggiore controllo?

Lavori pubblici e sanità. Nelle opere pubbliche è facile dar luogo al piccolo favoritismo. Nell’ambiente sanitario, invece, parliamo di appalti importanti dove vengono movimentate risorse incredibili e numerosi sono anche gli sprechi. Ad ogni modo bisogna sempre scindere e non cadere nel qualunquismo. Esistono anche amministratori validi e quelli vanno valorizzati.

Nella memoria sul Piano nazionale di ripresa e resilienza presentata a giugno dalla Corte dei Conti alle Commissioni Riunite della Camera dei Deputati si pone l’accento sulla necessità di comunicare fra amministrazione centrale ed enti locali. Finora però l’impressione è che ognuno faccia per sé. Vede segnali positivi in senso contrario?

La Corte ha detto che il rapporto fra Stato ed enti locali è necessario. I tempi sono stati necessariamente urgenti per definire il piano a livello centrale: se questo compito fosse stato lasciato alle realtà locali non saremmo arrivati da nessuna parte, gli input sarebbero stati tanti che avremmo avuto bisogno di quattro Pnrr. Nella realizzazione pratica del Piano sarà importante il rapporto con gli enti locali, una volta stabilite le regole bisogna vedere come sarà attuato. Al Sud interessano soprattutto le infrastrutture, settore nel quale il Meridione ha camminato negli anni scorsi con un passo più lento. Quanto all’ambiente, non è una finalità di per sé, ma la base: tutti i progetti dovrebbero essere ecocompatibili. Bisogna creare un interesse diffuso per tematiche ambientali e fare in modo che tutti i programmi siano ispirati alla sostenibilità.

In Campania la Procura regionale presso la Corte dei conti ha avviato accertamenti sull’intesa fra la Regione e l’associazione delle cliniche private Aiop, per prestazioni per l’emergenza Covid in realtà non rese. Secondo l’ipotesi della Procura, la Regione avrebbe dato un’interpretazione strumentale alle norme del Governo che consentono il ricorso ai privati. Non sarà che queste norme danno troppo spazio di manovra alle Regioni?

Le norme Covid sono nate in una situazione di emergenza e necessariamente hanno lasciato buchi enormi. Mi rendo conto che i colleghi stanno indagando e fanno bene, ma devo dire che è difficile arrivare a una reale condanna: la situazione era di emergenza. Fare un’indagine è facile, perché lo si fa ex post: si chiedono tutte le carte firmate in un determinato periodo. Amministrare è più complicato: va fatto quando non si sa come vanno a finire le cose. Il Covid è stato uno choc per le amministrazioni, perché nessuna era pronta. A meno che non si tratti di episodi eclatanti, è difficile dire che i fondi Covid della prima emergenza siano finiti male.

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