L’intervista. Ruffino: “Riforma della giustizia, sbagliato introdurre 40 nuove fattispecie di reato”

NAPOLI – Dalla regolamentazione dei minimarket al sostegno alle comunità locali per una rigenerazione urbana efficace, la deputata di Azione Daniela Ruffino, vicepresidente della Commissione d’inchiesta sulle periferie, racconta a ‘Cronache’ il suo impegno per garantire maggiore sicurezza e inclusione, soprattutto nelle periferie. Una visione che tocca aspetti fondamentali per il miglioramento della vita sociale e civile.

Onorevole Ruffino, potrebbe spiegarci gli obiettivi principali del suo disegno di legge sulla rigenerazione urbana e in che modo intende supportare le comunità locali?

Ho presentato una proposta di legge specifica sulla regolamentazione dei minimarket, negozi che, spesso, non rispettano gli orari di chiusura provocando assembramenti e vendendo alcolici soprattutto ai minori. Vogliamo dare maggiore potere ai sindaci in modo che possano concentrare al meglio le aperture e migliorare i controlli. Un fenomeno ancor più serio nelle periferie delle nostre città, dove il disagio giovanile è maggiore. Da tempo, inoltre, ritengo necessario intervenire sull’emergenza casa, sia con il sostegno agli affitti per le persone più vulnerabili, sia dal punto di vista dell’edilizia popolare.

Con l’istituzione della giornata nazionale delle periferie il 24 giugno in memoria della piccola Fortuna Loffredo, che messaggio vuole trasmettere lo Stato?

Ritengo innanzitutto doveroso mantenere vivo il ricordo della piccola Fortuna, vittima di un brutale omicidio e di una storia raccapricciante. La giornata vuole essere una risposta contro il degrado e le sofferenze che vivono migliaia di cittadini in contesti difficili, dandogli allo stesso tempo la possibilità di riscatto sociale. Un obiettivo raggiungibile solo attraverso un’azione concreta di riqualificazione urbana, sociale ed economica con un impegno comune e condiviso tra le istituzioni.

Un suo parere sulla riforma della giustizia attualmente in discussione: quali cambiamenti considera essenziali per migliorare l’efficienza e la giustizia sociale nel nostro sistema?

La nomina di Carlo Nordio ha suscitato molte e legittime attese. Per la sua biografia, per la grande cultura giuridica e l’equilibrio che in molti gli riconoscono e che altri, sbagliando, gli negano. Un risultato che reputo importante è stato l’abolizione del reato di abuso d’ufficio. Vera spada di Damocle che pendeva sulla testa di migliaia di amministratori locali e non solo, al punto che molti sindaci si sono rifiutati per anni di firmare anche il più semplice atto amministrativo. Apprezzato questo, però, su tutto il resto è calato il buio. A cominciare dalla separazione delle carriere, considerata la pietra d’angolo per costruire una giustizia più efficiente e giusta. Se poi mi chiede una nota negativa su Nordio, dico che un ministro con credenziali liberali ha sbagliato ad accettare che il governo introducesse circa 40 nuove fattispecie di reato. Si vuole alleggerire la popolazione carceraria e si inventano reati sempre nuovi? C’è qualcosa di stonato in tutto questo.

Crede che l’introduzione di pene alternative per alcuni reati possa aiutare a ridurre il sovraffollamento delle carceri e a favorire una giustizia più riabilitativa?

Le carceri in Italia vivono una situazione di emergenza e ne ho avuto prova visitando, a inizio settembre, un istituto della mia regione, il Piemonte. Le pene alternative possono sicuramente ridurre il sovraffollamento ma l’investimento non più rinviabile è anche quello educativo, per un reale ed efficiente reinserimento nella società di chi sta scontando la pena. La riabilitazione si ottiene, infatti, con un percorso educativo e non con misure esclusivamente punitive.

Qual è la sua posizione sul tema del limite al numero di mandati per i governatori delle regioni? Crede che possa migliorare la qualità della politica locale?

E’ una riflessione che va aperta perché concludere alcune importanti progettualità richiede, a volte, un periodo più lungo di due mandati. Sono stata un’amministratrice e conosco bene le difficoltà dei sindaci nel portare a termine progetti lunghi e impegnativi che necessitano, il più delle volte, tempi ampi per essere seguiti nell’intero iter.

La cronaca recente riporta un aumento degli episodi di violenza tra i minori. Quali interventi crede siano necessari per arginare questo fenomeno e tutelare meglio i giovani?

Gli interventi sono molteplici e riguardano innanzitutto l’educazione: la scuola è il primo luogo in cui i nostri ragazzi vengono educati ma la situazione dell’istruzione nel nostro Paese è in difficoltà, con tagli alla scuola e soprattutto discontinuità per gli insegnanti che hanno un ruolo vitale con i nostri ragazzi. Vanno poi ripensate le forme di aggregazione sociale, rafforzando per esempio le misure di inclusione culturali e sportive. Infine, è innegabile che la moltiplicazione dell’uso dei social network da parte dei minori possa, talvolta, favorire atteggiamenti emulativi errati: su questo aspetto, c’è una nostra proposta di legge per limitare l’uso dei social agli Under15.

Ritiene che ci sia un ruolo delle istituzioni scolastiche nel prevenire fenomeni di violenza minorile? Quali azioni potrebbero essere intraprese in quest’ambito?

Come già affermato, il ruolo della scuola è fondamentale: bisogna rafforzare l’informazione su un tema così delicato, promuovendo incontri specifici famiglie, personale specializzato, psicologi, forze dell’ordine ma anche esponenti del mondo culturale e mediatico che ben conoscono le origini di questi fenomeni.

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