L’intervista. Sangiuliano: “Amministrare è rischioso, perciò le persone di qualità oggi fuggono dalla politica”

Il direttore del Tg2 e le prossime elezioni: “Mi hanno candidato ovunque ma resto fedele alla mia passione, il giornalismo”

Gennaro Sangiuliano, ex ministro della Cultura

NAPOLI – Ore 10 di un lunedì mattina di piena estate. Rumore di sottofondo tipico di una stazione ferroviaria, lo sento armeggiare con un bagaglio, liturgia tipica di chi viaggia e prende mezzi pubblici come fossero caffè. Ma non c’è mai un ‘aspetta’, un ‘chiamami dopo’, neanche il tipico, strategico, “non sento bene’. Gennaro Sangiuliano, direttore del Tg2, non si sottrae a nessuna domanda e la nostra chiacchierata, nata col pretesto di parlare del suo ultimo libro – Reagan. Il presidente che cambiò la politica americana – è un viaggio che ci porta rapidamente dall’Italia agli Stati Uniti e ritorno, fino alla Campania.

Direttore, comincio con una banalità. Perché scrivere un libro su Ronald Reagan, perché proprio ora?

“Ronnie” fu eletto circa 40 anni fa, si insediò alla Casa Bianca il 20 gennaio del 1981. Io a quell’epoca avevo da poco finito il liceo classico a Napoli e mi apprestavo a frequentare Giurisprudenza alla Federico II: tutti i miei coetanei inneggiavano a figure come Fidel Castro o Che Guevara, mentre io fui colpito da Ronald Regan e dal fatto che in Italia fu accolto malissimo. Solo Indro Montanelli scrisse un editoriale, che tengo conservato, ormai ingiallito, in una cartellina: “Reagan mi piace tanto e vi spiego perché”. Questo libro è dunque anche un debito verso la mia giovinezza ora che non sono più giovane, e quindi un debito rispetto a quello che quest’uomo ha fatto. Oggi tutta la politica mondiale celebra Reagan come un grande presidente tant’è che finanche Biden di recente si è ispirato a lui per alcuni discorsi.

Pensi che in questo momento storico esista un personaggio politico che possa ricordare o ispirarsi a Reagan, 40 anni dopo?

Magari per lo spirito liberale e la fiducia del mercato il nostro Draghi potrebbe vagamente ricordare un personaggio come lui. Però devo dire che al momento personaggi così non ne abbiamo anche perché il mondo è cambiato. In passato le leadership erano più solide e durature, adesso è tutto più fuggevole e di rapidissimo consumo.

Il giudizio sulla figura di Draghi e sul suo governo, allora, è positivo…

Assolutamente sì, Draghi è una figura di assoluto prestigio internazionale che fa bene all’Italia. Ci ha fatto fare un recupero di immagine in Europa e nel mondo ed è un personaggio che tranquillizza i mercati. Da quando c’è lui lo spread si è mantenuto basso e le grandi agenzie di rating non hanno tormentato l’Italia. Inoltre il suo governo ha già prodotto risultati: si è fatto approvare il Recovery Fund, che non era affatto una cosa scontata. Adesso si appresta a portare a termine la riforma della giustizia: è vero che si può sempre fare tutto meglio ma comunque è una buona riforma. Se ne era parlato tanto ma non si era mai concretizzata, adesso c’è e, soprattutto, viene smantellato il costrutto Bonafede.

Nelle tue analisi c’è sempre grande spazio per la questione economica, tema non di immediata comprensione per la gente comune ma che invece si vive direttamente sulla pelle.

L’economia è tutto perché dall’economia dipende il benessere sociale. Dall’economia dipendono la buona sanità, la buona scuola, il rispetto dell’ambiente e sostanzialmente la qualità della vita. Più benessere c’è più aumenta il tasso di qualità della vita.

Quella qualità della vita che nel Mezzogiorno stentiamo ancora a raggiungere?

Il divario con il Nord è addirittura peggiorato. Negli anni Sessanta la provincia di Caserta era definita ‘la Milano del Sud’ perché era un territorio molto vivace economicamente e sede di attività industriali importanti. Il che aveva portato un minimo di benessere e un miglioramento complessivo della qualità della vita delle persone. Adesso invece questo tessuto industriale è stato completamente smantellato e non si è creato nient’altro. Non è che abbiamo dismesso il tessuto industriale e creato un’economia di servizi, un’economia green o un’economia alternativa, c’è il nulla assoluto.

Sarebbe il caso che i prossimi sindaci, visto che a breve ci saranno le elezioni Amministrative, se ne facessero carico. Tu come la vedi la situazione in Campania?

Non entro in questioni specifiche politiche, ma posso dire che oggi manca il tema della tutela dei sindaci. Le persone di qualità fuggono dalla politica e dalla possibilità di fare gli amministratori perché farlo è pericoloso. Appena vieni eletto sindaco hai la certezza che quasi automaticamente ti arriverà un avviso di garanzia, ti rovinerai la vita, la Corte dei Conti ti chiederà i soldi e ti trascinerai per anni diversi processi. Questo anche se sei una persona onestissima perché c’è un tale ginepraio di norme che come fai sbagli. E poi, dirò una cosa molto impopolare ma della quale sono convintissimo: i sindaci sono pagati molto male. Il sindaco di una grande metropoli guadagna meno di un consigliere regionale, poco più di 4mila euro, ma con un carico di responsabilità e di lavoro incredibile perché devi stare sul pezzo dalle 7 del mattino fino a mezzanotte. Non devi mollare un secondo, la tua libertà personale si limita. Abbiamo un’idea molto demagogica per cui se si rompe una fogna e il sindaco è andato legittimamente con la famiglia a farsi un viaggio diciamo “Il sindaco è a Parigi e si è rotta la fogna”, come se fosse colpa del sindaco che si è preso del tempo per se stesso. Tutto questo allontana le persone di qualità dalla politica. E succede che al Sud la politica la fanno persone senza arte né parte.

Anche tu sei spesso stato tirato per la giacca…

Non ho problemi a dire che più volte sono stato sollecitato per la regione Lazio e per la regione Campania. Con i miei amici scherzando dico: ho fatto il presidente della Campania, del Lazio, il sindaco di Roma e quello di Napoli. Mi manca fare il sindaco di Caserta, ma io sono un giornalista e sono innamorato del mio mestiere e spero di morire facendo questo.

Parliamo allora di giornalismo. Il momento è quello che è, lo sappiamo tutti, il mondo dell’informazione lotta con i social e le tutele sono sempre meno…

Lo Stato ha il dovere etico di sostenere l’informazione, soprattutto la carta stampata e i giornali, perché la crescita civile di un Paese, la maturità collettiva, dipendono imprescindibilmente da una buona stampa e per avere una buona stampa bisogna pagare decentemente i giornalisti. Nella mia formazione leggere abitualmente un giornale, fin da quando avevo 15 anni, è stato di fondamentale importanza. Prima era quello che comprava la mia famiglia, poi all’università ho cominciato a sceglierli io, anche due o tre. Questo mi ha dato una fortissima capacità conoscitiva culturale. E’ fondamentale per tutti quanti. Quello che dico ai miei studenti (è docente di Storia dell’Economia alla LUISS Guido Carli, ndr) è: comprate ogni mattina un giornale e leggetelo bene perché questo vi darà un bagaglio culturale che ritroverete in futuro qualsiasi lavoro farete nella vita.

Da qualche giorno sei diventato cittadino onoraria di Parete, contento?

Molto contento, sì. Io sono nato a Napoli, mio padre e mio nonno anche, ma il mio trisavolo era di Parete, faceva il poliziotto, allora si chiamavano guardie regie. Sangiuliano è un cognome di quella zona del casertano e a me fa molto piacere mantenere vivo il legame con le mie origini. So che stanno organizzando una piccola cerimonia, compatibile con le prescrizioni anticovid, ovviamente, e sarò lieto di esserci.

Tornerai in Campania anche per la presentazione del tuo libro?

Il 30 agosto sarò alla Camera di Commercio di Napoli, a ottobre sarò ospite a Caserta. Stiamo organizzando proprio in questi giorni.

Nel frattempo ti ritroviamo al Tg1?

Sto bene dove sto.

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